RIDE
Lo confesso, sono arrivato alla prova della Super Scrambler un po’ prevenuto. Non tanto perché non avessi fiducia nel lavoro dei ragazzi di Trivolzio, ma piuttosto perché so quali sono le difficoltà che anche grandi marchi incontrano nello sviluppo di un nuovo modello. E da una moto artigianale ti aspetti, e in fondo sei anche disposto ad accettare, che il funzionamento sia un po’ “grezzo”. Cosa che in questo caso non accade. Calibrazione motore, ciclistica, elettronica. Ah no, qui l’elettronica non c’è. In questo devo dar ragione a Moto Morini, che ha preferito creare una moto analogica “sana” piuttosto che disperdere risorse e tempo nello sviluppo infinito di piattaforme elettroniche che, al momento, non avrebbe avuto modo di evolvere al livello desiderato.
SANA MECCANICA
La Super Scrambler, in fondo, dimostra con i fatti quello che vado dicendo da sempre. Sicuramente l’elettronica al giorno d’oggi è importante, sicuramente non ne potremo fare a meno. Ma prima ancora dell’elettronica viene la meccanica. Se la moto nasce bene di motore e telaio, l’elettronica aggiunge. Se la base non è buona l’elettronica al massimo “maschera” ma non toglie i difetti. Bene, la Moto Morini Super Scrambler è una moto sana. Ben piazzata su sospensioni che lavorano efficacemente e copiano il giusto – mi sarebbe piaciuta una forcella un pelo più scorrevole sulle micro asperità, ma basta regolarla – sciorina un feeling di guida insospettabile, anche con le tassellate Pirelli Scorpion Rally STR, gomme che ho imparato a conoscere bene e che riescono a sorprendere su asfalto per quanto tengono (si piega fino a toccare lo scarico…) nonostante il tassello.
RELAX, SI GUIDA
La Super Scrambler offre una posizione riposante in sella, il manubrio è alto, il busto eretto, il raccordo sella-serbatoio potrebbe essere più omogeneo e non si può non notare il calore che investe la gamba dalla parte collettori; il peso dello scarico a destra secondo me si fa un po’ sentire. Ma nel complesso la moto è comoda e ben calibrata.
LA ZAMPATA
Si lascia guidare senza troppo stress e senza pensare che a quel cavo che tiri con il gas rapido sono attaccate, senza intermediari, due farfallone da 54 mm. A ricordartelo ci pensa il V2 Corsacorta, che anche se addolcito non ha perso il carattere. Sicuramente meno burrascoso e irruente di come me lo ricordavo sulla Corsaro, decisamente silenzioso di meccanica, ha comunque un bel caratterino soprattutto nella primissima apertura del gas. I primi gradi di apertura sono quelli in cui il V2 dà la “zampata”: non posso considerarlo un vero on off, piuttosto è il motore che ha parecchia spinta da subito.
A CHI ASSOMIGLIA?
Il V2 conquista per la regolarità di funzionamento, riesce a scendere ben sotto i 3.000 giri e continua a girare fluido senza strappare. Un comportamento che lo avvicina più all’eccellente motore LC8 KTM che al Testastretta Ducati, per intenderci, motore che di girare basso non ne ha mai voluto sapere.
BELLO AI MEDI
Poi c’è una bella salita di regime, corposa e vivace, senza vibrazioni degne di nota e con la spinta che si stempera un po’ agli alti regimi. Quello che dà ai medi già basta e la fluidità di risposta che si ha “gas in mano” è degna di nota. La frizione non ti ammazza il braccio e funziona bene, il cambio è preciso – il quickshifter lo vorrei, ok la moto analogica ma un bel cambio elettronico per me è ormai irrinunciabile – e anche i freni sono a punto per potenza e modulabilità, anche se l’ABS è un po’ più invasivo di quanto siamo ormai abituati a trovare anche su moto tranquille (qui entra un po’ presto).
IL BELLO DELL’ANALOGICO
Analogica? Sì, ma fatta molto bene. Se siete tra quelli che hanno interesse a portarsene una nel box prima che l’Euro5 (la moto attuale è omologata Euro 4) imponga di cedere all’elettronica mi sa che dovrete fare in fretta.