Vi ricordate quando è nata la Yamaha Tracer? Derivata strettamente dalla MT-09, nella sua prima generazione era estremamente sportiva e, in un certo senso, maleducata. Poi, con il passare degli anni, a Iwata hanno pensato di renderla sempre più matura, confortevole e votata al turismo. In sostanza, più coerente con il suo ruolo di crossover.
Fino ad arrivare alla Yamaha Tracer 9 2025 protagonista di questa prova, che mi ha fatto riflettere sin dalla sua presentazione. Non è che con tutto questo aggiungere, si è finito per perdere per strada quella sportività e quel pizzico di follia della MT-09, che una volta si percepivano chiaramente anche nella sua derivazione turistica?
In quest’ottica ho scelto la versione standard della crossover di Iwata, quella con sospensioni meccaniche, senza il radar e con l’allestimento più leggero in un certo senso anche nel prezzo, visto che partiamo da 12.199 euro, per ricercare quell’attitudine sportiva e divertente che l’ha sempre caratterizzata. Ora, però, prima di parlarvi delle sensazioni alla guida, inquadriamo velocemente le principali novità della Yamaha Tracer 9 2025 che sono ancora una volta nell’ottica della dotazione e del comfort, compresa la possibilità di averla con il cambio robotizzato Y-AMT che però non è presente su questa versione. Un peccato, da un certo punto di vista, perché nell’uso sportivo quel cambio mi è già molto piaciuto sulla sorella scarenata MT-09. Una cosa buona magari per i più “puristi”, ma non c’è neanche in questo caso il cambio elettronico. Un bel viaggio nel tempo, in un certo senso.

Yamaha Tracer 9 2025: le novità
Tra le altre novità che però vanno segnalate, oltre al nuovo impianto fari che qui è cornering, ma senza gli abbaglianti automatici vista l’assenza della telecamera al centro del muso della Tracer 9, c’è una nuova sella, o meglio, un nuovo telaietto posteriore, più lungo di 50 mm per ampliare lo spazio per pilota e per passeggero che porta con sé nuove selle. Il motore invece è rimasto invariato e arriva, ovviamente, dalla MT-09: 890 centimetri cubi, 119 CV e 93 Nm. Rimane il CP3 che ormai conosciamo da tempo, il tre cilindri di Iwata che tanto gusto sa regalare tra le curve. Tra le novità troviamo anche la strumentazione TFT a colori da 7 pollici, ora in un unico pezzo non più sdoppiata a cannocchiale come era sulla precedente generazione, e i nuovi blocchetti elettrici con cruise control di serie.
Dopodiché, la ricetta di base rimane confermata quella che conosciamo: il telaio arriva dalla MT-09, dunque un doppio trave in alluminio, forcellone più lungo della MT, sempre nell’ottica della stabilità della capacità di carico dello spazio a bordo, cerchi che sono realizzati con la tecnica spin forged di Yamaha e dunque puntano alla leggerezza.


Ma non dilunghiamoci troppo sulle specifiche tecniche e entriamo nel vivo delle sensazioni di guida che ho sperimentato con l’intento di utilizzarla più, in un certo senso, come una MT-09 che come una Tracer 9.

Yamaha Tracer 9 2025: la prova
Nel raccontarvi delle mie sensazioni in sella alla Tracer 9 ripercorrerei esattamente l’ordine degli eventi, che sono stati quelli di una classica giornata a caccia di pieghe di un normale motociclista, con partenza da una Milano freschina e immediatamente il trasferimento in autostrada per arrivare al teatro della nostra prova: il Penice.
Ergonomia
Dunque, iniziamo da quelle che sono le sensazioni un poco più turistiche e, in particolare, dall’ergonomia che io ho trovato azzeccatissima su questa Tracer, con una posizione estremamente naturale, il busto molto eretto e una posizione di guida dominante sulla strada. Le pedane non sono così basse come uno potrebbe aspettare da una turistica, sono abbastanza in alto e arretrate da suggerire una certa dinamicità di guida.
La zona della calzata è abbastanza abbondante ma molto liscia e regolare, dunque facile da abbracciare con le cosce. L’unico elemento che non mi ha fatto impazzire in questo senso riguarda la sella, la cui forma mi convince perché è piatta e accoglie bene le terga, ma è anche un po’ più dura di come l’avrei voluta su una Tracer 9.
Blocchetti e Cruise Control
In autostrada, una cosa su cui mi vorrei concentrare che spesso passa inosservata, è il funzionamento del cruise control che, sulle Yamaha di ultima generazione, è davvero a punto, nel senso che nel regolare la velocità le accelerazioni e decelerazioni della moto sono estremamente fluide e controllate, senza strattoni o sussulti. E, in più, c’è la funzione del limitatore di velocità accanto al cruise control e dunque si può scegliere in quale modalità utilizzarlo: con la moto che mantiene la velocità, o semplicemente con una velocità massima che potete darvi magari per evitare di prendere multe tra le curve.
Molto bene poi i blocchetti a manubrio che sono un poco ingombranti, è vero, ma che mi piacciono molto per il feeling sotto le dita. Sono consistenti, si capisce sempre esattamente quale tasto state toccando, con in più questa particolarità delle frecce ridisegnate da Yamaha – hanno un po’ reinventato la ruota – che ho sentito criticare da qualche collega, ma che a me piacciono molto. Sono intuitive e in qualunque modo abbiate posizionato la mano riuscite sempre a attivarle o disattivarle senza problemi.

Poche vibrazioni
Chiudiamo con le sensazioni autostradali con un cenno alle vibrazioni, pressoché assenti fino a velocità codice a cui la Tracer in sesta viaggia intorno ai 5.000 giri. Sì, si avverte una finissima vibrazione, se state prestando attenzione, che filtra su pedane e manubrio, ma niente che possa impensierirvi per tratte anche da centinaia di chilometri. Salgono un po’ queste vibrazioni quando ci si avvicina ai 6.000 giri, e a quel punto si è a almeno a 140 km/h, che è un po’ al punto dove il CP3 da sempre si irruvidisce un poco.
Protezione aerodinamica
Riscontro invece molto positivo, per quanto mi riguarda, per la protezione aerodinamica. Io sono alto 174 cm e con il parabrezza – tra l’altro regolabile con una sola mano – nella posizione più alta, ho busto e caso praticamente completamente coperti. Restano scoperti ed esposti all’aria giusto i piedi, perché le gambe sono ben protette dalla carenatura laterale e la zona delle braccia nella parte più esterna. Direi quindi ottimo lavoro da questo punto di vista, anche oltre quanto si potrebbe desumere semplicemente guardando il frontale della Tracer. Ultima nota: il piccolo scavo nella parte alta del cupolino è quello che consente anche a me, che non sono particolarmente alto, di vedere bene e chiaramente davanti, pure con il plexiglass regolato nella posizione più alta.
Il motore

Ok, ora basta con le cose noiose, con l’autostrada, con il comfort e la protezione aerodinamica: arriviamo al punto, passiamo alle curve a come si comporta la Tracer 9 2025 quando le si dà il gas. E, a proposito di gas, iniziamo parlando del motore.
Motore che, sì, non cambia rispetto a quello della MT-09, ma si merita un bel nutrito capitolo perché il CP3 di Iwata resta uno spettacolo anche installato in una crossover sportiva, nonostante si porti dietro un chiaro aggravio di peso rispetto alla nuda di media cilindrata. In un certo senso, impressiona ancora più positivamente perché pure quando lo utilizzate per andare a passeggio fa un lavoro sopraffino.
Sin dai 1.500 giri riesce a essere fluido, riesce a ripartire e a riprendere anche con una marcia di troppo, anzi due, a volte tre, persino in sesta a 40 all’ora non si lamenta più di tanto della vostra imperizia nell’uso del cambio. Poi è un crescendo di coinvolgimento sonoro passando per quella zona cui accennavo prima di leggera ruvidità ai 6.000 giri per arrivare a una gran e goduriosa castagna ai medio-alti regimi che non vi abbandona mai fino al limitatore, posto a circa 10.500 giri. Naturalmente, rispetto alla naked qui c’è un poco di velocità in meno data dalla mole, ma il coinvolgimento di guida non ne risente minimamente anche perché, seppur questa non sia una teppista come la naked, pure se volete togliervi qualche sfizio di monoruota, la Tracer continua a saperli fare nonostante la sua veste ben più turistica di una volta.
Maneggevolezza
In tutto questo, passando alla guida, una delle prime cose che si notano affrontando le prime curve è una maneggevolezza generale davvero di ottimo livello. È veramente facile indirizzare dove si vuole la Tracer anche quando si guida con poco impegno, senza usare tanto il peso spostandosi sulla sella. Sicuramente è merito delle ruote leggere e di un pacchetto che, in termini di quote ciclistiche, è sì più rilassato della nuda sportiva da cui prende le mosse – ma non è così estremamente votato al solo e unico turismo – ma è merito anche della posizione di guida che non è solo confortevole ma, essendo così rialzata e avendo la Tracer un manubrio bello largo, permette di gestire agevolmente la moto tra le curve e di avere un gran bel braccio di leva quando queste si fanno un po’ più serrate e quando il baricentro un po’ più alto e l’impostazione da crossover viene a creare qualche compromesso in termini di pura e semplice agilità nel passare da una piega all’altra.
Ma anche qui basta lavorare un pochettino più di fisico e i ritmi che si tengono nel misto con la Tracer sono davvero di tutto rispetto. Questo è consentito anche da un assetto ben equilibrato delle sospensioni che qui sono regolabili – qui faccio un piccolo appunto a Yamaha – manca il pomello per il precarico remoto del monoammortizzatore. È vero, c’è la versione GT con le sospensioni semiattive ma, visto che funziona comunque così bene il pacchetto meccanico, per enfatizzare la vocazione a 360° della Tracer il pomellino per regolare al volo il setup del mono e renderlo adeguato al carico ci sarebbe stato bene.

Un pizzico di follia
Ovviamente, però, quando si inizia a pensare un po’ troppo di essere su una MT-09 SP e non su una Tracer 9, qualche movimento di troppo dalle sospensioni arriva, ma vuol dire che si sta veramente esagerando. Mi riferisco soprattutto a una certa libertà in ritorno delle sospensioni più che a una eccessiva morbidezza in compressione. Insomma, quando si inizia andare veramente col coltello tra i denti se la strada non è perfetta, se si incontra qualche avvallamento può capitare di doversi limitare per evitare che l’assetto si perturbi oltremodo.
Ma, di nuovo, vuol dire che avete un po’ dimenticato con che moto avete a che fare. Questo, secondo me, in realtà è un gran bel segno, perché se vi spinge ad andare a quelle velocità probabilmente quella sportività, quella vena di follia che sono venuto qui a cercare oggi, tutto sommato, è ancora lì nonostante il pacchetto decisamente più votato al turismo.
Freni
Una cosa che, invece, c’è ancora in senso negativo e che ho già criticato altre volte sulla Tracer – e più in generale sulle medie di Yamaha – è un funzionamento non impeccabile dell’impianto frenante anteriore. C’è la potenza necessaria a guidare anche di buon passo ma manca soprattutto un po’ di feeling fino alla leva perché è molto consistente quasi murata e, quando si va tanto a insistere sul freno per avere decelerazioni importanti, si arriva al punto di non avere più un rapporto così diretto tra la forza che si applica sulla leva – molto elevata – e il rallentamento, che invece non cresce di intensità nella stessa maniera.
Questo, lo dico da sempre, è verosimilmente soprattutto una questione di mescola delle pastiglie, un materiale d’attrito un po’ più sportivo, con un byte iniziale migliore e una mescola più votata alla guida sportiva risolverebbe gran parte del problema. Un plauso, di contro, lo farei al freno posteriore con un punto d’attacco ben tarato, sempre comodo da andare a richiamare un’ottima modulabilità e, quando serve, pure una discreta potenza, cosa che io apprezzo tantissimo perché nella guida stradale lo vado a utilizzare, specie quando si va più alla scoperta di strade nuove e dunque ci si trova spesso a correggere.
Elettronica completa
Giunti a questo punto ci resta da affrontare il capitolo elettronica. Capitolo per me molto positivo, d’altro canto qui sotto ci sono gli stessi componenti e grossomodo gli stessi algoritmi della MT-09. Si tratta di algoritmi che non mi hanno mai deluso e che, anzi, mi hanno sempre lasciato l’impressione di un pacchetto più dotato di quanto sarebbe indispensabile su una media naked o crossover. Al di la del fatto che tutto è facilmente regolabile e personalizzabile nelle mappe custom che sono disponibili a qualsiasi modifica dell’utente, in generale il lavoro dei controlli è sempre ben calibrato sia che si tratti di riprendere un po’ le briglie del posteriore sul brecciolino, sia che si tratti di governare le impennate senza intromettersi eccessivamente con tagli troppo netti nel bel mezzo del vostro divertimento con il plus, a proposito di impennate e traction control, della possibilità di spegnere separatamente entrambi o uno solo dei due sistemi da un menù dedicato in modo tale che l’opzione sia valida per tutti i riding mode. Un’ulteriore possibilità di personalizzazione che ancora oggi non è così comune, quantomeno sulle medie cilindrate.
Altro applauso va fatto alla strumentazione TFT da 7 pollici che è molto chiara e leggibile, risponde rapidamente agli input del blocchetto di sinistra e offre tre modalità di visualizzazione che dovrebbero accontentare più o meno tutti i gusti. Una critica la faccio giusto alla dotazione perché, se da un lato Yamaha ha spinto sull’innovazione con la possibilità di avere il cambio robotizzato, dall’altro sulla versione liscia della Yamaha Tracer 9 2025 ci avrei visto bene di serie il cambio elettronico, anche al costo di aumentare il prezzo di listino che qui è a 12.199 euro, perché non solo al giorno d’oggi si tratta di una dotazione quasi indispensabile, mi viene da dire calcando un po’ la mano, ma anche perché, sapendo quanto bene può lavorare il cambio elettronico di ultima generazione di Yamaha. avrebbe semplicemente costituito la proverbiale ciliegina sulla torta di un pacchetto, nel caso della versione standard, che non è sterminato in quanto a dotazione ma che per ogni altro aspetto è completo di tutto quello che serve per divertirsi e viaggiare.

Tutto perfetto? Non proprio, ma quasi
L’ultima piccola critica che mi viene da fare riguarda qualità costruttiva. È vero che la Tracer 9 è complessivamente ben costruita assemblata ed ha un piacevole senso di solidità sia quando la si guarda con i piedi a terra, sia quando si è in sella e si guida, ma ci sono due o tre piccoli dettagli in termini di fascette passacavo e di materiale isolante dietro al manubrio che, con una minima cura in più avrebbero consentito di essere più coerenti col pacchetto e di perfezionare questa impressione di qualità costruttiva. È veramente un dettaglio, qualcosa che si può apprezzare solo andando a pochi centimetri dalla moto, però visto che tutto il resto è così ordinato e pulito mi verrebbe da dire ci sarebbe stato bene anche questo zicchino in più di attenzione.
Al di là delle disquisizioni nel dettaglio delle finezze, complessivamente la Tracer 9 resta una moto che mi dà sempre un gran bel gusto guidare perché offre naturalezza, prestazioni accessibili e anche una discreta velocità pur rimanendo sempre in una buona bolla di comfort. Tutto questo con un prezzo davvero interessante nel mercato moderno, perché 12.199 euro per una moto pronta a soddisfare sostanzialmente ogni vostro prurito non è davvero niente male.