Si corre oggi, domenica 12 agosto, la novantaseiesima edizione della Pikes Peak International Hill Climb, una gara straordinaria e unica nel suo genere; 156 curve, distribuite in 20 km e spicci che portano lassù, oltre i 4.000 metri. Forse non così famosa e celebrata nel Vecchio Continente, ma capace, a livello globale, di suscitare un fascino che, in campo motociclistico, solo il Tourist Trophy è stato in grado di eguagliare.
Ci sono le auto e ci sono le moto che, caso quanto mai raro, si danno battaglia sullo stesso terreno; c’è l’emozione delle salite e dei tornanti il più delle volte senza la benché minima protezione (chi sbaglia… scende! Nel senso letterale del termine), c’è un panorama mozzafiato e poi c’era, il tempo verbale non è un errore, quel tratto finale di sterrato, capace di fungere da spartiacque tra chi fa della guida pulita e delle traiettorie pennellate il suo cavallo di battaglia e chi, invece, proprio nel momento più difficile, quello in cui il pieno controllo diventa una necessità assoluta, riesce a fare la differenza.
C’era una volta, e non c’è più, perché l’edizione 2012 è stata la prima totalmente asfaltata: un’eresia, per gli integralisti, una necessità per mantenere la Pikes Peak International Hill Climb al passo con i tempi. Anche la gara che da 96 anni è sempre rimasta fedele a sé stessa si deve allineare a norme sempre più stringenti in fatto di sicurezza. Avrebbero potuto pensarci prima, quando quella strada serviva ai militari per raggiungere una stazione meteorologica; lo hanno fatto ora, quando su quelle 156 curve a darsi battaglia iniziano ad arrivare anche le Case, in forma(quasi) ufficiale. Miglioreranno i tempi, diminuirà lo spettacolo, di sicuro quello che ci regalavano telecamere e fotografi appostati nel tratto più “sporco”. Non vogliamo essere “talebani” ma questo dovete concedercelo.
C’è poi un’altra rivoluzione che caratterizza la “Pikes 2012”, e riguarda i partecipanti. Più lungimirante, in questo caso, rispetto a tante altre competizioni, la gara in salita più famosa del mondo apre le porte all’elettrico. Lo fa in forma ufficiale, non con una semplice maquette come è avvenuto in altre occasioni. Lo fa con 4 vetture: due Mitsubishi iMiev (una di serie, l’altra in versione prototipo da ben 326 cavalli), una Toyota EV P0002 (prototipo realizzato su base Radical) accreditata di 350 kW e una BMW M3 trasformata in una “zero emissioni” da 700 cavalli dall’azienda americana EV West. Di sicuro un segno dei tempi che cambiano, certo non di rinuncia allo spettacolo: lo dimostra il pilota nipponico Tajima, campione in carica (e detentore del record) che ha scelto per il 2012 di abbandonare la classe regina della Pikes Peak per dedicarsi alla rincorsa di un nuovo primato: quello a bordo di un’auto elettrica.
Tra i tanti cambiamenti, poi, si dice che la International Hill Climb possa modificare la sua formula: non più gara “one shot”, ma competizione spalmata su due o più giorni. Un’occasione per riuscire a dare maggiore copertura mediatica, un modo per rendere la competizione “International” non solo di nome. Sarà lo spettacolo a guadagnarci? Non è dato saperlo: l’unica considerazione riguarda i tentativi di adeguamento e modernizzazione. La sensazione iniziale fa storcere il naso – non vedere più sterrato e pensare di gareggiare nel silenzio è difficile da digerire -, ma sono pur sempre segnali di vita. Da parte di una competizione che dura da 96 anni è già qualcosa; sicuramente saremmo stati felici di vedere le stesse discutibili decisioni adottate per salvare un vecchietto come il Nurburgring…
L'ultima salita con lo sterrato e il record di Tajima, che non sarà più battuto.
http://youtu.be/MlmciM6lOCs
Visto dalla moto.
http://www.youtube.com/watch?v=awlzE5zZcY4