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Prova Yamaha R1 e R1M 2020

Estetica ritoccata, tecnica aggiornata più di quel che si possa pensare. La R1 2020 vuole dare ancora più soddisfazione a chi ha la pista come obbiettivo primario. Non cambia il DNA ma tutto è più raffinato e performante. Ancora 200 cv per il motore, che però ora è omologato Euro5

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Partiamo da un presupposto: se una moto mantiene la stessa potenza pur con una omologazione più restrittiva, significa che, una volta liberata dai vincoli, in pista sarà ancora più prestazionale. Partendo da qui, forse si riesce meglio a dare un valore al lavoro che i tecnici Yamaha hanno fatto sulla R1. Facile, da appassionati quali siamo, attendersi badilate di cavalli e prestazioni da MotoGP a ogni nuovo Model Year. Un po’ meno farlo quando sei dalla parte di chi le moto le progetta e costruisce.

PASSO DOPO PASSO

Ai livelli a cui siamo arrivati oggi non si fanno più balzi in avanti, ma si avanza a piccoli passi. Un dettaglio fa la differenza e per questo motivo si evolve, si “lima”, tutto quello che si può migliorare. Per questo motivo i commenti sui social che hanno subito bollato la Yamaha R1 2020 come “uguale a prima” sono sbagliati. E ingiusti. Durante una lunga conferenza stampa, gli uomini in blu ci hanno raccontato il lavoro di evoluzione ricevuto dalla superbike Yamaha, lavoro che non è solo figlio dell’esigenza omologativa (dal 2020 le moto di nuova omologazione dovranno rientrare nei limiti Euro5), ma anche delle richieste che Yamaha ha raccolto dai team che usano la moto in pista. E se pensiamo che il 75 % di chi compra questa moto in pista ci va, si capisce come sia quella l’area su cui Yamaha ha lavorato di più.

NATA PER LE CORSE

EWC, AMA, WSBK: gli ingegneri hanno raccolto dati, impressioni, commenti e si sono messi a lavorare nell’ottica di migliorare il progetto, andando alla fine a toccare un po’ tutti i punti della moto. Un lavoro sottotraccia, che potrebbe quasi passare inosservato. Eppure la R1 è cambiata anche esteticamente. La carenatura (cupolino completamente rivisto, plexi più alto) è stata ridisegnata seguendo le linee tracciate dalla M1 da MotoGP, per offrire una migliore interfaccia uomo-moto. Cambiano le luci di posizione e cambiano i fari LED, inoltre la carenatura è più efficiente del 5%, migliorando stabilità e penetrazione aerodinamica. Non solo: il condotto del Ram Air è realizzato in alluminio e la parte bassa della carena in titanio, mentre i fianchetti ora passano sopra al telaio per raccordarsi meglio al serbatoio.

MOTORE, TANTI CAMBIAMENTI

Se è chiaro anche solo guardando le foto che non ci sono state rivoluzioni, è altrettanto certo che Yamaha ha evoluto il progetto tecnicamente e lo ha fatto in profondità. Come avevamo anticipato (ed era ovvio aspettarselo) a Iwata sono rimasti fedeli alla filosofia del quattro cilindri in linea a scoppi irregolari (con albero motore Crossplane), evoluto a livello di termodinamica. La testa è praticamente tutta nuova: ha condotti più corti, camere di scoppio riprogettate, cuscinetti di banco più larghi, nuovi corpi farfallati, iniettori riposizionati più vicini alla camera di combustione, diversi alberi a camme e nuovi bilancieri a dito. I passaggi olio (la pompa è più compatta) e acqua sono stati riprogettati per raffreddare meglio la zona attorno ai condotti di scarico. Alla fine i tecnici sono riusciti a ridurre le perdite di potenza del 5%. Ovviamente rivisto anche l’impianto di scarico, che ora adotta ben 4 catalizzatori ma è più leggero del precedente. Non cambia la potenza massima dichiarata, 200 cv (113,3 Nm), ma la differenza è che ora il motore è omologato Euro5.

ELETTRONICA PIÙ RAFFINATA

La gestione elettronica già aggiornata nel 2018 compie un ulteriore passo avanti con l’arrivo di nuovi sistemi di gestione e controllo. L’acceleratore Ride by Wire (che Yamaha chiama YCC-T) non ha più cavi, ma è integrato nella manopola del gas e ora sfrutta un sensore in più (APSG Accelerator Position Sensor Grip), che misura con maggior precisione la posizione della manopola dell’acceleratore. Nuovi anche i settaggi delle varie mappature.

FRENI: NON PIÙ INTEGRALE, MA CORNERING

Tra le novità di elettronica (sempre gestita dalla piattaforma inerziale IMU a 6 assi) arrivano l’ABS cornering e la gestione del freno motore EBM regolabile su tre livelli (il livello 1 è quello della moto precedente, 2 e 3 sono più “liberi”); nuovo anche il Launch Control, che usa strategie più efficienti  e tiene il motore più alto di giri (9.000 invece di 8.000). Scompare in compenso il sistema UBS di frenata integrale che sulla precedente versione non aveva conquistato del tutto.

SOSPENSIONI EVOLUTE

A livello ciclistico arrivano più che altro affinamenti, perché telaio, forcellone, ruote in magnesio e misure vitali non sono stati toccati. L’hardware dei freni è il medesimo, ma ci sono pastiglie dalla mescola più aggressiva, e cambiano i passaggi olio per la forcella Kayaba, che punta a essere più sensibile offrendo un feedback migliorato. È stato modificato anche l’ammortizzatore di sterzo.

R1M, FORCELLA PRESSURIZZATA

Stesse novità meccaniche ed elettroniche appartengono ovviamente anche alla R1 M, che però può vantare evoluzioni ciclistiche più consistenti con l’arrivo di una forcella Öhlins ERS NPX pressurizzata. Carena, cupolino e codone sono ora interamente in carbonio. Confermato il telaietto in magnesio.

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