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Le BMW del futuro? Ecco dove nascono

BMW ci ha regalato l’opportunità di trascorrere una giornata all’interno del centro prove francese di Miramas, affollato di prototipi a due e quattro ruote. Dove si sperimenta di tutto, dalle luci con tecnologia laser alle applicazioni della fibra di carbonio. Quando all’improvviso spunta una moto che parte, curva e si ferma da sola…

Nel paese delle meraviglie. E non è un sognoIl desiderio di scoprire in anticipo i programmi di un costruttore di moto è tale che quando si ha la possibilità di entrare in uno di quei centri inaccessibili e nascosti agli occhi indiscreti viene a mancare quella razionalità che consente di distinguere un prototipo rivoluzionario da uno sul quale stanno semplicemente sperimentando nuove candele. Almeno fino a quando in un piazzale non si scorge una moto che, accompagnata dal collaudatore che la tiene per il manubrio, si stacca e inizia a percorrere una serie di curve e di “tondi” fino a quando, dopo avere evitato il fotografo che era posizionato sulla traiettoria, torna a fianco del suo istruttore e si parcheggia su una particolare stampella. Manco fosse un cagnolino perfettamente addestrato. Full immersion in un mondo di prototipiÈ esattamente quanto è successo nel centro di Miramas, il proving ground nella Francia meridionale con un passato da circuito di Formula 1 (erano gli anni Venti) e un presente da centro di sperimentazione esclusivo del gruppo BMW. Tutti i nuovi progetti a due e quattro ruote partono dalla Baviera e passano da qui, seguendo tutto l’iter che può portarli alla deliberazione finale, oppure a un triste accantonamento. E qui i tedeschi hanno deciso di invitare una ventina di giornalisti di tutto il mondo e regalare loro una giornata da collaudatori, liberi di muoversi in tutte le aree, ma naturalmente con il divieto di scattare immagini o girare video, anche solo amatoriali.Un’altra dimensioneSuperare la barriera che separa il centro dalla strada permette di entrare in una nuova dimensione, e la prima cosa che non passa inosservata sono le auto con la caratteristica camuffatura in stile op-art che inganna l’occhio e le rende irriconoscibili. Ma non c’è tempo per concentrarsi su berline e sportive di nuova generazione, il programma prevede altro, a cominciare da un contatto con le piste di prova in sella alle R 1200 GS. Prima quattro giri sull’ovale di alta velocità, poi tre sulla pista racing, uno sul lungo percorso enduro e infine due passaggi sulla “secondary road”, una serie di curve e rettilinei che ripropone gli asfalti e le irregolarità delle strade di tutta Europa. Talmente ben realizzata che si riconoscono immediatamente i tratti italiani, con buche e rappezzi ricostruiti a opera d’arte.Qui si sperimentano anche burnout e impennateTerminato il programma ludico, si è passati all’officina. Per vedere come sono attrezzate le moto da sottoporre alle prove più severe, che non possono più essere affidate alla sola sensibilità dei collaudatori. Ogni modello è equipaggiato con 107 sensori che rilevano 8 giga di dati ogni giorno, qui ma anche sulle strade di Mongolia, Brasile, Stati Uniti, India e Sudafrica. Nulla è lasciato al caso, per esempio ogni anno sono effettuati almeno 150 test di “missuse”, vale a dire di uso improprio del veicolo. Dai burnout alle impennate, fino a pesanti sovraccarichi, per valutare la capacità di resistenza delle varie parti.Quindi è la volta dei vari reparti, a cominciare da quello specializzato nella ricerca sull’impiego della fibra di carbonio. Per mettere a punto tecniche specifiche per i telai o per le ruote, con i cerchi che sono sottoposti a vere e proprie torture: gradini di 10 cm di altezza affrontati a 30 km/h, oppure di 5 cm affrontati a 120 all’ora, o ancora i test di laboratorio che riproducono gli effetti di un wheeling poco aggraziato, con una caduta secca sull’anteriore. Oppure per trovare soluzioni economicamente più vantaggiose per realizzare componenti strutturali, come un forcellone, unendo le qualità della fribra di carbonio con quelle della plastica, in proporzioni variabili in funzione delle prestazioni.Ecco il telaio realizzato con la stampante 3DSulla stessa linea dell’ottimizzazione dei costi procede lo sviluppo dell’impiego delle stampanti 3D, che ormai non hanno più limiti di dimensioni dei pezzi da realizzare e tantomeno dei materiali da impiegare. Le applicazioni sono le più varie: dai prototipi di piccole parti in materiale plastico, alla riproduzione di pezzi di modelli classici in vari metalli, ai componenti in alluminio, alle personalizzazione estetiche (soprattutto per gli interni delle Rolls-Royce) in argento o in oro. Però i tecnici mostrano anche con orgoglio un leggerissimo e particolare telaio sportivo per il motore a quattro cilindri ottenuto in soli cinque giorni di sovrapposizione, micron dopo micron, di polvere di alluminio. Le aree tematiche di questo grande luna park sembrano non finire mai, c’è il reparto specializzato in luci a led, che qui stanno sviluppando insieme alle tecnologie laser per offrire fasci luminosi sempre più uniformi ed efficaci, non solo in rettilineo, ma anche in piega. Naturalmente non si può trascurare l’elettrico e la conferma arriva vedendo un oggetto che a prima vista sembra una K100 degli anni Ottanta, ma pochi istanti dopo entra in monoruota in pista e ricompare qualche secondo più tardi sfrecciando a oltre 200 km/h accompagnata soltanto da un sibilo e dal rumore di rotolamento dei battistrada.Eppur si muove. Senza nessuno in sellaTutto però sembra passare in secondo piano quando gli ingegneri sono pronti per giocare la briscola che hanno preparato. Si parla tanto di guida autonoma e un’auto che si muove da sola ormai non sorprende più di tanto, ma nessuno è ancora pronto per vedere dal vivo una moto in azione senza pilota. Perché c’è la fisica che rema contro, e perché in fondo non avrebbe molto senso: un’auto che si sposta in autonomia può offrire protezione e spazi per riposare o per lavorare durante un viaggio, ma su due ruote è tutta un’altra cosa. Eppure si muove, è lì da vedere. Una forzatura per dimostrare che il primo passo è fatto, vincere l’equilibrio instabile per sviluppare tecnologie future per la sicurezza. BMW non è la sola a lavorare su queste tecnologie (altri esempi arrivano da Honda e Yamaha), l’obiettivo, sia chiaro, non è quello di toglierci il controllo del mezzo che tanto amiamo, è quello di ridurre il rischio di incidenti con la capacità di avvertire in anticipo la presenza di un ostacolo e attivare tutte le procedure per evitarlo, ma anche analizzare tutte le informazioni possibili sulle condizioni della strada in modo da suggerire l’andatura più adeguata, senza escludere l’opportunità di mantenere un ritmo sostenuto, adeguato al momento. La strada da fare è ancora molta, una GS che ripete un percorso impostato sul GPS è solo l’inizio. In ogni caso prima della guida autonoma ci sono altre tecnologie in più avanzato stato di evoluzione sul tema della sicurezza in moto. Sono quelle del consorzio CMC al quale BMW ha aderito con altri costruttori mondiali, che lavora per una maggiore integrazione della moto nel mondo della mobilità.Integrare la moto in un mondo di autoBisogna infatti ricordare che nei protocolli dei sistemi di frenata di emergenza per evitare collisioni e investimenti di pedoni, non è garantito il riconoscimento dei veicoli a due ruote. Allo stato attuale, sono già pronte le soluzioni che segnalano all’auto l’arrivo di una moto a un incrocio, oppure la sua presenza davanti a un veicolo pesante che impedisce di vederlo, e la loro applicazione sarà disponibile già con il passaggio dal 4G al 5G per la trasmissione dei dati. Al termine di una giornata a Miramas quel che resta è la sensazione di avere sognato tutto. Per avere la certezza che non sia solo il frutto dell’immaginazione non resta che attendere l’arrivo nelle concessionarie di uno di quei progetti.

 

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