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Seat Motorsport: adelante Leon!

Ci sono molti modi di realizzare auto da corsa. Tra i tanti Seat ha scelto quello forse più difficile, ma anche quello capace di regalare maggiori soddisfazioni. Le Seat che corrono in pista sono, infatti, vicinissime alle auto che tutti possiamo comprare. Stessi motori, anche se debitamente pompati, stesso cambio DSG a doppia frizione, stesso spirito delle auto di serie. La tecnologia che ci porta a fare la spesa, diventa protagonista in pista durante gare combattute fino all’ultima staccata. Sportività ai massimi livelli, sottolineata dalla sigla CUPRA acronimo di Cup Racer che per Seat significa il meglio della tecnologia, senza rinunce. Una sigla che nella gamma Seat, campeggia su Leon, l’auto di serie che rappresenta il punto di partenza da cui sono poi derivate le vetture da pista.Il legame è più stretto di quel che si possa immaginare. Un legame che abbiamo toccato con mano in una giornata sul circuito di Franciacorta in cui abbiamo provato in successione non solo vari step di sportività targata Seat, ma anche un pezzo di storia.Un motociclista come me vede le auto come “scatolette” molto poco divertenti a meno di non avere sotto al sedere bombardoni da 500 cavalli, gli unici in grado di avvicinare le emozioni motociclistiche.CAMBIARE IDEASolo gli stolti non cambiano idea. Ecco, infatti, io l’idea l’ho cambiata dopo essere sceso dalla Leon Cup Racer TCR, l’auto che rappresenta al momento la massima espressione della sportività secondo Seat. Un’auto che come dicevo è strettamente legata alla CUPRA che possiamo guidare tutti i giorni (che tra l’altro dispone già di 300 cv) ma che si può comunque considerare una vera e propria auto da corsa. Gli step della prova a cui sono stato sottoposto sono interessanti si parte con la Leon CUPRA ST (si proprio la station wagon utilizzata quest’anno per il trofeo), che ha subito pochissimi interventi tecnici, poi si procede con la Leon CUP con la chicca dell’auto che corre il TCR che rinuncia al cambio DSG per montare un vero sequenziale, e si finisce con un tuffo nel passato con la Leon MK1 preparata da trofeo che fa ben capire i (tanti) passi avanti fatti in questi anni.Sono carico. A parte le necessarie modifiche per correre quasi tutti i componenti quelli dell’auto di serie. Di solito il problema principale con auto e moto da corsa è… partire. Hanno frizioni ostiche e rapporti lunghi per cui spesso è più facile spegnerle che muoversi. Con Leon ST non accade niente di tutto questo perché il cambio è il DSG di serie, non c’è nemmeno la frizione, per cui basta accelerare e ci si muove come al semaforo in città.SALTO PRESTAZIONALEPoi però capisco che il salto prestazionale è importante: più cavalli e meno peso significano più cattiveria, le accelerazioni aiutate dal cambio DSG si fanno più perentorie l’agilità raddoppia il rollio sparisce e…. si va forte! L’assetto non è estremo, la ST è lunga e si “muove” un po’ ma la sorpresa è scoprire come l’auto in cui normalmente caricheresti il passeggino di tuo figlio può essere così performante in pista. Aiutato dal differenziale autobloccante (di serie) il muso chiude bene la linea a patto di scaldare bene le slick. Trovo un’auto divertentissima che ti aiuta molto perché puoi usare il cambio solo in scalata (in salita puoi lasciar fare al DSG che inserisce la marcia sempre al regime corretto) e che mostra doti pistaiole sorprendenti. Bella, e anche non così costosa per chi la vuole utilizzare per correre. Come i bambini che iniziano a divertirsi, non vorrei più scendere. Ma lo faccio, perché dopo mi aspetta un giocattolo ancora più bello.La CUP Racer mi proietta nell’olimpo dei piloti veri. Qui si fa davvero sul serio: 330 cavalli, differenziale autobloccante regolabile così come il ripartitore di frenata che rendono la Leon una vera purosangue. Impressionante se si pensa che la parentela con la CUPRA di serie è strettissima a partire dal cambio, lo stesso che utilizziamo sull’auto stradale. Con la Cup Racer è un’altra storia, è rabbiosa, veloce, efficacissima ma anche più tecnica da guidare. Un “giocattolo” che fa sentire veri piloti e che ti invita a portare il limite un po’ più avanti, a frenare sempre qualche metro più in la pestando con il piede sinistro (altrimenti disimpegnato visto che anche in questo caso la frizione non c’è) con tutta la forza che hai sul pedale (perché il servofreno qui non c’è, come sulle vere racer).LEON TCRGiro dopo giro prendo il ritmo, e capisco che con la Leon il limite è incredibilmente alto. Il mix tra aerodinamica (che su questa auto inizia ad avere parecchia importanza) e bilanciamento dei pesi è incredibilmente azzeccato, sono gasato. Quando scendo ho in corpo un misto di eccitazione e adrenalina. Che si innalzano ancora quando salgo sulla vettura di Baldan con il cambio sequenziale. Qui la frizione c’è, ma la usi solo per partire, la guida è ancor più “analogica” non c’è più chi fa le cose per te ma decidi tu quando cambiare, quando scalare e se sbagli… triti le bielle.Il potenziale mi pare ancora più alto non fosse altro perché l’auto del TCR sembra avere un assetto ancora più “raffinato” e il tempo sul giro scende di un secondo, in parte perché mi sto abituando, in parte perché il potenziale mi pare più elevato.MK1 UN TUFFO NEL PASSATOMa se parliamo di guida analogica la MK1 proietta in un’altra era. Qui c’è anche la leva del cambio, devi lavorare di frizione ad ogni cambiata, triboli di più ma… il divertimento arriva alle stelle, il motore ha meno cavalli ma la Leon MK1 è corta, nervosa, con un posteriore che appena esageri parte senza preavviso, caratteristica che dopo un paio di giri riesce quasi a diventare un punto di forza da sfruttare per inserire più rapidamente la vettura in curva nello stretto. Scendo madido di sudore, e con gli occhi rossi. Ma ho una certezza, qualsiasi sia l’anno di nascita, con la Leon in pista ci si diverte un casino. 

 

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