“Vedrai, sarà come entrare in un altro mondo”. Sul transfer che mi porta dalla stazione di Bologna a Maranello, un collega più anziano tenta di raccontarmi le meraviglie di una azienda non meno speciale dei prodotti che produce. Inutile girarci attorno, la Ferrari è la Ferrari, il brand più forte al mondo, un marchio sinonimo stesso di Italia, un'azienda capace di costruire auto che tutto il mondo ci invidia. Un marchio così forte che porta chiunque costruisca qualcosa di eccellente a dire: “Questa è la Ferrari delle…”
Per una volta consentitemi un po’ di retorica e un po’ di orgoglio nazionalista, orgoglio che è cresciuto dopo aver capito cosa c’è dietro a una Ferrari, e cosa si compra quando si ha la fortuna di staccare un assegno per portarsene una nel box. Per rendersene bene conto è necessario “entrare” nella Ferrari, non nell’auto ma nell’azienda, che affonda, profondissime, le sue radici in questo spicchio di Bassa modenese e che in 10 anni si è letteralmente trasformata.
Dieci anni fa Luca Cordero di Montezemolo e il suo staff iniziarono, infatti, una lunga serie di interventi aziendali, che avevano come obiettivo la massima valorizzazione delle persone e della qualità della vita di chi alla Ferrari ci lavora, ma anche dell’ambiente circostante. Dopo 10 anni l’evento “Formula Ferrari” – argutamente organizzato negli stessi giorni in cui la Lamborghini festeggia i propri 50 anni, ha fatto notare qualcuno… – ci ha mostrato cosa sono riusciti a fare. Credetemi, è un mezzo miracolo, soprattutto considerando il fatto che siamo in Italia.
Inevitabile: chi costruisce supercar, giocattoli di lusso per personaggi famosi o almeno abbienti, può non risultare molto simpatico ai più. L’auto sportiva è sicuramente un sogno ma è anche, per eccellenza, simbolo di spreco, e avere tutti gli occhi addosso al minimo passo falso è un attimo. La cosa non è mai successa alla Ferrari, il marchio con più tifosi al mondo, certificati dagli oltre 12 milioni di fan della pagina Facebook e dai 52 milioni di euro che ogni anno la vendita di merchandising riversa nelle casse di Maranello.
Perché Ferrari è lusso, auto da sogno ma è anche storia, sfide, Formula 1, creatività e passione tutta italiana. Ferrari è anche uno stabilimento pazzesco, fortemente radicato su un territorio certo non facile ma che è lo stesso ad aver dato i natali alle prime auto del cavallino. Uno stabilimento capace di fare tutto da solo. In che senso? Nel senso che Ferrari è probabilmente rimasto uno dei pochissimi marchi al mondo ad avere una fonderia interna (dal prossimo agosto sarà addirittura climatizzata…) che realizza i motori, la carrozzeria, gli interni. È una azienda piccola (3.000 dipendenti) ma grande al tempo stesso, che è riuscita a fare del suo limite (costruire tutto in casa) il suo punto di forza, grazie anche alla capacità di sviluppare in parallelo tutti gli elementi che compongono l’auto (le competenze sono interne) e a una grande elasticità in fase di progetto, impossibile da raggiungere quando si hanno molti fornitori esterni. Una scelta che consente anche tempi rapidissimi nel trasferimento di tecnologie, che in soli 4-5 anni migrano dalla Formula 1 alle auto di produzione.
Fa tutto da sola perché si autoproduce anche l’energia necessaria per costruire le sue auto, avendo realizzato la centrale di trigenerazione più grande d’Europa, un colosso da 17 megawatt, che produce energia elettrica (ceduta in rete la sera e il weekend, quando la fabbrica non lavora), acqua calda e acqua fredda per riscaldare e raffreddare ogni ambiente. Due impianti fotovoltaici generano altri 270 kW. Con questo sistema Ferrari ha ridotto le emissioni di CO2 del 40% e le polveri sottili del 60%, rispettando i limiti imposti dal protocollo di Kyoto e doppiando quelli imposti dall’Europa. Non basta? No, perché all’interno dell’azienda la raccolta differenziata tocca picchi svedesi con il 98% di rifiuti riciclati; il verde è ovunque (anche all’interno dei capannoni!) per un totale di 165.000 metri quadrati. Tutto questo ha consentito all'azienda di vincere il premio “Best place to work in Europe”, ottenuto non solo per questi risultati, ma anche perché il tasso di infortuni sul lavoro è vicino allo zero, perché ci sono corsi di formazioni ad hoc capaci di tirare fuori il meglio da ogni dipendente, palestre con personal trainer dedicato aperte a tutti, una sala cinema dove vedere film in anteprima, visite mediche per i lavoratori e i loro figli (che hanno anche campus estivi dedicati), programmi di crescita all’interno dell’azienda che porteranno in tre anni 100 operai a diventare impiegati.
Insomma, la Ferrari è sicuramente un bel posto dove lavorare, ma è un posto dove si respira soprattutto enorme passione in ogni reparto che si attraversa, un orgoglio che non si può costruire apposta per una visita di giornalisti, ma c’è, esiste e si respira a ogni angolo. Visitare la Ferrari significa entrare in luoghi come il reparto classiche, una sorta di “ospedale” dove auto da milioni di euro vengono rimesse a nuovo. Oppure l’atelier dove il cliente sceglie come sarà la sua Ferrari (lo sapevate che le Ferrari sono tutte una diversa dall’altra?). O, ancora più “spinto”, il reparto Tailor Made dove, lo dice il nome, guidati da uno stilista (perché a tutto c’è un limite) si può praticamente personalizzare l’auto all’infinito, a patto di non modificare aerodinamica e meccanica. Ma la Ferrari è anche, e soprattutto auto, le stesse auto che escono dalla fabbrica delle meraviglie, di cui LaFerrari è senza dubbio la punta di diamante. Ibrida da quasi 1.000 cavalli e un milione di euro, ovviamente prodotta in serie limitatissima: 499 esemplari già esauriti. Non c’è solo lei, ovviamente: ogni modello Ferrari (458, F12, FF, California) è a sé stante nella gamma con poco o niente in comune con gli altri. Soprattutto, ogni modello nuovo porta con sé un'evoluzione tecnologica che negli ultimi 5 anni ha consentito ai motoristi di abbassare consumi ed emissioni del 40%, aumentando la potenza media di 100 cavalli.
Questa è la Ferrari a 10 anni dall’inizio di “Formula uomo”, un'azienda che in momenti di crisi può permettersi di dire, per voce dello stesso Montezemolo: “Nel 2013 produrremo volontariamente meno auto dell’anno scorso, per mantenere l’esclusività” (la richiesta è in costante crescita). O che può permettersi, in periodi drammatici per l’occupazione, di assumere 250 nuovi dipendenti. Si potrà obiettare che, visto il prezzo a cui queste auto sono vendute, è facile fare grandi investimenti. Vero, tutto vero. Ma è anche vero che non sarebbe necessario spendere il triplo di uno stabilimento come quello di Pomigliano (grande 6 volte quello Ferrari) in green technology e attenzione al personale per produrre auto, anche se costose. Giustamente, come sempre dovrebbe essere, chi ha di più è giusto che faccia di più, dando l’esempio. Aveva ragione l’anziano collega, la Ferrari è davvero un altro mondo. Peccato che fuori da quei cancelli ci sia l’Italia.