Sei vetture esclusive. Per celebrare altrettanti eroi della storia Bugatti. La Casa francese non smette di stupire, proponendo un’ulteriore interpretazione del tema Grand Sport Vitesse. Quest’ultima la variante roadster, o forse sarebbe meglio dire “targa”, data la presenza di un hard top amovibile, di Veyron 16.4 Super Sport.
Dopo le one-off dedicate a Jean-Pierre Wimille, due volte trionfatore a Le Mans, e Jean Bugatti, primo dei figli di Ettore Bugatti e giovanissimo dirigente dell’azienda francese dal 1936 al 1939, anni nei quali venne definito lo “stile Bugatti”, è giunto il momento dell’italiano Meo Costantini. Bartolomeo “Meo” Costantini, nato nel 1889, fu un pilota di successo e per 8 anni diresse il racing team Bugatti. La Grand Sport Vitesse a lui intitolata è un omaggio alla storica Type 35, nata nel 1924 come biposto da corsa scoperta. Vettura che divenne la più famosa race car della Factory alsaziana, vincendo centinaia di competizioni in 7 anni di carriera.
Veyron è stata la prima vettura di serie a superare i 1.000 cv di potenza. Poi è arrivata la versione Super Sport. Simbolo di potenza bruta, l’impressionante 8.0 16 cilindri a doppia W (ovvero due V8 inclinati fra loro di 90°, o, come altresì si può dire, quattro bancate a 4 cilindri accoppiate con V di 15° e disposte tra loro a 90°) sovralimentato mediante 4 turbocompressori è così passato da 1001 a 1.217 cv e da 127,5 a 153,1 kgm di coppia. Variazioni ottenute principalmente grazie all’adozione di turbine e intercooler dalla portata maggiorata. Grand Sport Vitesse, da cui deriva la versione Meo Costantini, non è altro, come accennato, che la variante targa di Super Sport.
Analogamente a Veyron, accelera da 0 a 100 km/h in 2,6” grazie alla presenza del launch control. Quasi 200 cv in più è nemmeno un decimo in meno? Un risultato apparentemente deludente… se non fosse che il limite non è la meccanica. Bensì la fisica. A meno di sbriciolare i pneumatici. Proprio la tutela delle coperture ha altresì imposto di “limitare” la velocità massima a 409 km/h, laddove Veyron non va oltre i 407 km/h. A patto, ovviamente, di mantenere innestato l’hard top. In caso contrario è vivamente consigliato non oltrepassare i 360 km/h. Pena la probabile “eiezione” del conducente…
L’aerodinamica si adegua (3 step) alla velocità grazie all’elettronica: l’alettone e lo spoiler variano incidenza e altezza in base all’andatura e cambia altresì la luce da terra, che passa da 12,5 cm (standard) a 8 cm all’avantreno e 9,5 cm al retrotreno oltre i 220 km/h, oppure, una volta azionata una chiave specifica per superare i 375 km/h, rispettivamente a 6,5 e 7 cm mentre si chiudono i flap dinanzi alle ruote anteriori per favorire l’effetto suolo. Come se non bastasse, oltre i 200 km/h l’alettone, in caso di frenata, fuoriesce con un’angolazione di 55° fungendo da freno aerodinamico, aiutando i dischi carboceramici anteriori da 400 mm di diametro e posteriori da 380 mm sui quali agiscono pinze rispettivamente a 8 e 6 pistoncini.
Il cambio è a 7 rapporti a doppia frizione DSG, azionabile mediante levette al volante o tramite il più comune selettore, e assicura passaggi di marcia in 150 ms, mentre la trazione integrale permanente si affida alla frizione centrale Haldex a controllo elettronico che ripartisce la coppia tra gli assali e al differenziale autobloccante posteriore. Nonostante l’adozione di carrozzeria e telaio monoscocca in carbonio, nonché di scarichi in titanio dai valori di retropressione particolarmente contenuti, il peso resta abbondantemente superiore a quanto fatto registrare dalla maggior parte delle supercar: 1.888 kg per Veyron che, nel caso di Grand Sport, salgono a 1.990 kg.