fbpx

Oggi Verstappen, ieri Mansell, Prost… I più grandi campioni di F1 visti da Adrian Newey

Il geniale progettista inglese, fresco campione del mondo F1 con la Red Bull, ci racconta abitudini e gusti dei piloti più forti di sempre

Nigel Mansell – Campione del Mondo 1992 (Williams)

Nigel era una certezza: saliva in macchina e sapevi che avrebbe dato il massimo. Sempre e comunque. Come progettista avevi la tranquillità di sapere che il tempo ottenuto da Nigel era, se non il 100% del potenziale dell’auto, poco meno. Poco importa che si trattasse della qualifica o di un test privato, oppure di un duello in gara, Mansell non si tirava mai indietro. Non solo: a livello umano è sempre stato schietto, trasparente. Con lui ho lavorato alla grande.

Alain Prost – Campione del Mondo 1993 (Williams) – 1985, 1986, 1989 (McLaren)

Se penso ad Alain mi ricordo quanto fossi preoccupato dopo i test invernali in preparazione della stagione 1993, all’Estoril. Dopo che per tutto il 1992 avevamo dominato, in quell’occasione ci ritrovammo a metà schieramento. Semplicemente, Hill stava ancora imparando a capire la macchina e Prost non si preoccupava, se non quando strettamente necessario, del tempo per la pole position; in generale, non gli interessava più di tanto capire quale fosse la prestazione sul giro singolo. Anche nei weekend di gara il suo approccio era così. Metteva a punto la monoposto per il Gran Premio, girando sempre con il serbatoio pieno e le gomme usurate, tirando solo per un settore di pista alla volta. Solo quando era il suo turno per il time attack metteva tutto insieme, con gomme nuove e serbatoio vuoto, e il tempo saltava fuori. Devo ammettere che ci ho messo un po’ ad abituarmi.

prost williamsDamon Hill – Campione del Mondo 1996 (Williams)

Damon è una sorta di enigma. Penso che nel 1996 avessimo sì la macchina migliore, ma Damon l’ha guidata con una gran fiducia e non solo riuscì a tirarne fuori tutto il potenziale ma diede anche indicazioni precise e preziose per lo sviluppo. In tanti mi hanno chiesto: e se avesse avuto un compagno come Schumacher o Senna, chi avrebbe vinto? La risposta io non ce l’ho.

Sebastian Vettel – Campione del Mondo 2010, 2011, 2012 , 2013 (Red Bull)

Sebastian ama inserire presto l’auto e non tollera il sovrasterzo nella prima parte di curva: il retrotreno dev’essere super stabile. Un pilota dallo stile di guida particolare, fortissimo tecnicamente: imbattibile nelle curve lente e medie, sul veloce veniva spesso battuto dal suo compagno di squadra di allora, Mark Webber.

vettel red bull

Max Verstappen – Campione del Mondo 2021 (Red Bull)

Nonostante la giovane età, Max è molto maturo. Questo però non deve sorprendere: la nuova generazione di piloti inizia a correre in kart prestissimo, già a 4/5 anni. Se il piccolo dimostra talento, spesso interrompe gli studi e inizia a girare come minimo l’Europa e non ha vita sociale al di fuori della pista di kart. Lungo il percorso di crescita e attraverso le varie categorie si abitua a lavorare con ingegneri e meccanici. Se e quando arriva in Formula 1, anche se è appena ventenne, è già molto maturo come pilota e come persona. Beh, di questa generazione di piloti Max è il personaggio di spicco. Non gli daresti mai l’età che ha, per il modo in cui guida, per come si comporta al di fuori dell’auto, nel paddock e nel box della Formula 1. È senza dubbio uno dei leader del team.

Kimi Raikkonen – Campione del Mondo 2007 (Ferrari)

Ecco, il suo caso è molto diverso da quello di Max. Quando arrivò in McLaren (nel 2002, ndr) era decisamente più immaturo, molto lontano dal poter essere il leader di un team. Solo nel 2005 (in quella che da molti è considerata la migliore stagione di Raikkonen, secondo dietro ad Alonso, a causa di grandi problemi di affidabilità dell’auto), da numero uno della squadra, dimostrò un approccio diverso al lavoro di pilota.

Mika Hakkinen – Campione del Mondo 1998 e 1999 (McLaren)

Con Mika, più che con gli altri, mi sono reso conto di quanto importante fosse tradurre il linguaggio del pilota in qualcosa di utile per la messa a punto della monoposto. Hakkinen aveva un modo di comunicare tutto suo e usava pochissime parole. Ancor prima, di lui va detto che era un grandissimo talento naturale. Aveva una capacità fuori dal comune di adattarsi alla macchina per tirarne fuori il meglio, spesso anche in modo inconscio. Il che, come potete immaginare, poteva tramutarsi in un problema. Solo conoscendolo ho capito come interpretare le sue parole e farne tesoro.

hakkinen e senna

Articoli correlati
Prova MG3 Hybrid+ - Ok, il prezzo è giusto (e non solo quello)
I motori alla Milano Design Week 2024
Parco auto italiano sempre più vecchio: ma anziché comprare si sceglie sempre più il noleggio