Il lavoro sulle batterie e il dato mancante
Per fortuna, ingegneri, chimici e tecnici di ogni area e livello stanno lavorando senza sosta sulle batterie. Rispetto alla batteria della e-Golf (appena andata in pensione, non dunque un modello di chissà quanti anni fa), quella della ID.3 taglia l’impronta di carbonio specifica da 110 kg CO2e/kWh a 62 kg CO2e/kWh (figura qui sotto). E il bello è che in futuro anche la produzione del materiale catodico e della grafite potrà generare meno CO2, al pari della lavorazione di altri materiali come i già citati acciaio e alluminio. Ciò su cui i margini di miglioramento sono minimi è invece il motore, visto che è già vicino all’ottimo: anche il migliore dei Diesel, infatti, non arriva alla metà dell’efficienza di un elettrico (va ancora peggio con i benzina), caratterizzato da pochissime dispersioni.
E dopo il fine vita dell’auto?
I risultati del lavoro portato avanti da Volkswagen indicano che la strada dell’elettrificazione intrapresa dal mondo della mobilità può essere quella giusta. “Può” e non “è” perché, come specificato sopra, non si può prescindere da un ampliamento della fetta di energia elettrica prodotta da rinnovabili (con l’obiettivo di arrivare al 100%). E, aspetto che purtroppo la ricerca condotta dalla Casa tedesca non ha evidenziato, non ci si deve dimenticare che anche il trattamento delle auto elettriche – delle batterie in particolare – deve essere rigoroso anche a fine ciclo vita. Lo smaltimento e il riciclo devono essere eseguiti a regola d’arte. Senza se e senza ma.
Resta a questo punto “scoperto” il capitolo dei costi economici: gli investimenti necessari alla transizione sono ingenti e non potranno che riversarsi sui consumatori, sia in forma diretta (quando si compra l’auto e la si ricarica), sia indiretta, ovvero mediante la tassazione. Ma questo è appunto un altro punto di vista; un altro discorso.
Tutto “è” CO2
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