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Test Jimny Shinsei. Orgoglio Suzuki

Cento pezzi per un'edizione speciale e limitata dedicata ai cultori della light jeep che attraversa il tempo fedele a se stessa. Omaggia la capostipite con una vernice realizzata ad hoc e offre una serie di optional estetici e pratici. Arriverà a marzo 2017, al prezzo di 23.000 euro.

Sulla carta potrebbe sembrare un azzardo, ma il mercato le dà ragione. Piace così com’è, piace per quello che è. E non stiamo parlando solo di cercatori di funghi, minatori, cacciatori, rifugisti, guardie forestali, giornalisti del National Geographic, dipendenti dell’Anas eccetera… Ad apprezzarla, sicuramente più per com’è che per ciò che fa, è anche una discreta fetta di automobilisti (fra cui molte donne) che la vivono come perfetta city car.

Suzuki Jimny Shinsei, foto azione in cava

La Jimny è fedele a se stessa da 18 anni, da quel 1998 in cui fece la sua apparizione sulle nostre strade, dopo essere stata presentata al Salone di Tokyo l’anno precedente nella sua versione più recente

In realtà la madre di tutte le Jimny è la Hopestar ON360, una gippina realizzata in soli 15 esemplari dalla Hope Motor Company, con motore due tempi Mitsubishi, che vide la luce nel ’67. La luce però si spense subito, dopo nemmeno un anno la Hope fece una brutta fine e Suzuki acquistò il progetto. Aveva in mente di realizzare una 4×4 sotto i tre metri (la normativa giapponese prevedeva notevoli sgravi fiscali per questa tipologia di auto) e l’occasione avrebbe permesso di azzerare i tempi di progettazione e ingegnerizzazione. Così, nel 1970 arrivò la prima, vera, Jimny. Si chiamava LJ10, dove LJ stava per Light Jeep, con motore bicilindrico 2T da 25 cv, sospensioni a balestra e velocità massima di 75 km/h.

Suzuki Jimny Shinsei e Jimny LJ10 vecchia insieme

Gli altri step evolutivi furono la LJ20 del 1972, equipaggiata con lo stesso motore ma dotato di 28 cv: furono ricavati due posti posteriori e le griglie del radiatore diventarono verticali

La LJ50 del 1975, costruita interamente in lamiera e mossa da un motore tre cilindri da 539 cc con 26 cv, prima Jimny a essere esportata (sbarcò nella vicina Australia); nel 1977 arrivò la LJ80, che guadagnò un cilindro, raggiunse i 41 cv ed entrò in Europa; nel 1981 cambiò la sigla, che divenne SJ410, il motore, ora quattro cilindri da 970 cc e 45 cv, e varcò i confini dell’Italia, grazie a Romano Artioli che mise in piedi una rete per l’importazione diretta dal Giappone.
Eccoci all’84, anno topico. La SJ430 “Samurai” sancisce il successo della Suzukina, con motore da 1.324 cc e 63cv, che farà strage di cuori, senza mai cambiare fino al 1997, quando assunse le forme attuali.

Suzuki Jimny Shinsei, foto statica in cava

Il successo della Jimny è principalmente italiano e il nostro Pese non è nuovo a fenomeni del genere sia del mondo delle quattro sia delle due ruote

Tant’è che l’idea di una serie speciale e limitata dedicata a festeggiare sì i 18 anni ma soprattutto a testimoniare l’orgoglio e la riconoscenza all’antenata è tutta di Suzuki Italia. La Shinsei sfoggia un colore Dark Yellow che richiama fedelmente quello della LJ del 1970 (la verniciatura avviene entro i nostri confini) e offre un allestimento non stravolgente, ma curato e ben riuscito, che comprende tetto panoramico apribile elettricamente, navi touch screen Pioneer da 7″, cerchi in acciaio neri, specchietti e bordo paracoppa bianchi a contrasto, particolari dell’abitacolo che richiamano il colore della carrozzeria. Il prezzo è esclusivo come il sentimento dei tanti appassionati della Jimny, 23.000 euro e le consegne dei 100 esemplari numerati partiranno da marzo 2017.

Suzuki Jimny Shinsei, foto azione in cava

Freno, frizione, pulsante 4WD-L… Ecco, è così che ci piace la Jimny. In seconda, con un filo di gas, si arrampica come un camoscio e, se si usa la prima, diventa addirittura uno stambecco

Noi ci siamo divertiti sulle rampe delle cave di Colonnata, che con tornanti sempre più ravvicinati ci hanno portato così in alto fino a immaginare di scorgere la sagoma della Corsica. Le dimensioni super compatte, la leggerezza, il raggio di sterzata, l’efficacia della trazione e delle ridotte ci hanno fatto tornare bambini (qualcuno anche troppo…) e ci siamo presi tutto il tempo che ci avevano concesso, continuando a salire e scendere, infilarci nell’acqua, scavalcare gradoni e twistare in quello straordinario parco giochi tutto a nostra disposizione. La Jimny non faceva nulla per nascondere che questo è il suo habitat naturale e non ci è voluto molto per capire perché è la macchina che più spesso incontro nei boschi o in montagna, quando vado per sentieri con la mia mountain bike. Si infila dappertutto e non si ferma quasi mai. Stiamo parlando di un milletré benzina da 85 cavalli, attenzione. Non immaginate manciate di coppia o sensazioni che non le competono. D’altro canto, se ostenta sicumera in frangenti come quelli in cui l’abbiamo provata, che dubito rappresentino la quotidianità per il 99% di coloro che se la mettono in garage, state sicuri che non andrà in affanno in nessuna delle situazioni in cui si troverà a trascorrere la sua vita di simpatica e onesta offroad.

Suzuki Jimny Shinsei, foto azione in cava

Molto più facile che vi faccia scervellare se state andando all’Esselunga e avete deciso i portare con voi i due figli: in questo caso, se non siete dei Master of Tetris, può essere che vi tocchi lasciare uno dei marmocchi al reparto giochi per recuperarlo con un secondo viaggio, una volta tornati a casa per scaricare i sacchetti della spesa che siete riusciti a stivare solo abbattendo i sedili posteriori…
Bello il tetto panoramico con comando elettrico, comodo il navi touch da 7″, non male nemmeno il comfort a bordo e la discreta silenziosità di marcia, ma difficile pensare che la Suzukina possa essere l’auto alla quale affidarsi come unico mezzo di trasporto a quattro ruote; certo, se penso che quando ero bambino si partiva per le vacanze estive stipando me, mio fratello e i bagagli sulla Cinquecento, mi rendo conto che tutto si può fare, anche considerare la Jimny come compagna di una vita monogama…

 

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