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Turbo: a volte ritornano

Oggi sono figli del downsizing: meno centimetri cubi, meno cilindri, meno emissioni. Ieri rappresentavano potenza. Con un controllo direttamente collegato al piede destro del guidatore

Le sportive

Di qui a qualche anno, il turbo sarebbe diventato un ottimo ammazza-IVA: la via era stata segnata da Maserati, che – con la Biturbo – offriva un due litri in grado di rivaleggiare con i tremila della concorrenza. Anche in casa Ferrari si cedeva a questa lusinga tutta italiana: la 208, evidentemente sottomotorizzata con i suoi 155 CV, ne guadagnava d’incanto 99. Le Volvo 240 abbandonavano con il turbo l’anima carrarmatesca diventando insospettabili scattiste.

Tra le sportive, oltre alla già citata Ferrari – il cui turbo trovava l’apoteosi nella 288 GTO e nella F40, l’ultima sovralimentata nella storia della Casa – impossibile dimenticare Porsche, antesignana già dal 1975, con i 260 brutali cavalli della 911 Turbo 3.0. L’emanazione sportiva di casa Renault, Alpine, scontava per contro un peccato originale sotto forma di propulsore derivato dal PRV che equipaggiava le ammiraglie di casa Peugeot, Renault e Volvo. I pur rispettabili 265 CV della A610 da tre litri erano poca cosa in confronto a quelli della concorrenza. Anche perché si parla già del 1992 inoltrato.

Turbo, la via del futuro

I primi successi

Mettere il turbo…al turbo

L’altro lato della…turbina

Il turbo diventa “gentile”

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