POLVERE E SCOPA
Il percorso prevede l’alternarsi di strade bianche e asfalto. Ci sono quattro salite principali piuttosto lunghe, ma con pendenze umane e dislivello inferiore a 1600 m.
La prima la si affronta già dopo pochi km e conferma la filosofia LIV che dà la stessa importanza alla prestazione e al comfort.
La mia bici in taglia XS mi calza a pennello, ma mi obbliga a un fuori sella al limite del consentito per poter spingere efficacemente sui pedali. Non avevo mai pedalato con una trasmissione mono corona. Se da un lato ho apprezzato la semplicità di un unico comando (la leva di sinistra aziona solo il reggisella telescopico, di serie) dall’altro in pianura e in discesa mi sono mancati i rapporti più lunghi. Grazie al telaio in fibra di carbonio il peso della mia Devote è poco sopra i 9,5 kg, onesto per una Gravel. Ho trovato invece un po’ penalizzanti, in quanto a scorrevolezza, le gomme da 45 di sezione. Per itinerari come questo con tanto asfalto e sterrati scorrevoli, una sezione da 40 sarebbe stata più che sufficiente.
“NOI SI LEVA I CARTELLI…”
Lo sguardo abbraccia un orizzonte ampissimo di morbide colline puntellate dagli immancabili cipressi. La coperta di nubi ormai si è spalancata e il cielo blu intenso fa apparire, a tratti, ai nostri occhi il profilo di Siena. La bellezza del paesaggio fa scorrere i chilometri veloci. Per gli altri, perché per noi è un continuo invito a fermarci a fare foto. Tant’è che a metà strada, all’ennesimo stop, ci raggiunge il furgone “scopa”. “Ragazzi, problemi? Conoscete la strada, vero… perché noi si leva i cartelli!”. Con le cartine e le tracce GPS siamo a posto, ma lo smacco di essere più ultimi degli ultimi è insopportabile. Risaliamo in sella e pancia a terra iniziamo a pedalare a perdifiato.
In discesa la Devote è uno spasso: è ben bilanciata, stabile e molto precisa nelle curve e agile nei cambi di direzione. I bistrattati gommoni, in questo caso contribuiscono alla sensazione di padronanza e sicurezza. Il divertimento è garantito.
Il mio sherpa, malgrado la zavorra sulla schiena, è un veterano della bici e smaliziato mi precede, mostrandomi le terga. È un gioco a rincorrerci, ma nel mangia e bevi la sua elettrica ha la meglio.
A un certo punto, da lontano lo vedo rallentare e accostarsi al ciglio della strada. Spero non lo faccia, invece alza la mano. Foratura. Un altro quarto d’ora di ritardo perché gomma e cerchio non si vogliono separare.
La mia Devote è montata di serie tubeless (ottima scelta) per cui sono abbastanza tranquilla, ma su un percorso così lungo e vario chi ha la camera d’aria una foratura deve metterla in preventivo. Ripenso alle tante scene viste nelle due edizioni classiche seguite in passato, con i Ciclisti Eroici accovacciati accanto alla bici a ruote all’aria, palmerini al collo, con le mani nere di polvere e grasso di catena. Per fortuna stiamo pedalando su bici moderne…