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Fireblade e Diablo, 25 anni di guida da sogno

Pirelli e Honda un binomio che prosegue da 25 anni. Se le Fireblade hanno segnato varie epoche del segmento Superbike lo stesso ha fatto la Pirelli con la famiglia Diablo che dalla strada è arrivata fino alla Superbike. E noi abbiamo ripercorso questi ultimi 25 anni di sportive d'eccellenza in un servizio molto speciale.

QUANTO TEMPO È PASSATO?

Il tempo vola. Ti giri un attimo e sono passati 25 anni. Tanti quanti dividono la prima Honda CBR900RR Fireblade dall’ultima 1000, presentata lo scorso autunno. Un quarto di secolo in cui le sportive, attraversando momenti di crisi, sono rimaste le moto dei sogni di tutti gli appassionati: rappresentano, soprattutto per il pubblico italiano, il massimo dell’aspirazione.Ho spesso chiesto ai responsabili dei lanci stampa come mai non hanno mai pensato di farci provare la moto precedente mentre stavamo provando il nuovo Model Year. Sarebbe stato utile per i tester avere un riferimento “fresco” per capire i passi avanti fatti con il nuovo modello. Sempre che ce ne fossero. Una cosa che non siamo mai riusciti a fare, ma stavolta sfruttando il venticinquesimo compleanno della Fireblade, abbiamo fatto qualcosa di più, ripercorrendo non solo la storia di una delle sportive più vendute di sempre, ma anche quella degli pneumatici a lei dedicati. Grazie al contributo di Pirelli abbiamo, infatti, gommato le CBR di questo particolare test con pneumatici dell’epoca. Non d’epoca, intendiamoci, le gomme calzate dalle moto del test sono di recente produzione essendo ancora nel catalogo Pirelli, ma filosofia costruttiva, profili e mescole sono quelle dei tempi.IN PISTA CON LE FIREBLADEUna prova speciale per capire come l’evoluzione degli pneumatici sia andata di pari passo con quella delle moto che andavano a equipaggiare. Un percorso “parallelo”, quindi, che ci ha portato fino ai giorni nostri. Le moto scelte per questo “ripasso” rappresentano alcuni dei pilastri della storia della Fireblade: la prima 900RR del 1992; la CBR 954 del 2002, figlia del primo salto generazionale; la 1000 del 2004, la prima CBR a montare il motore con cilindrata piena, e l’ultima arrivata del 2017, quella che ha portato al debutto l’elettronica evoluta di controllo e gestione.Un percorso lungo 25 anni, che ci ha mostrato non solo le variazioni di impostazione di guida (pur mantenendo identiche alcune peculiarità), l’evoluzione tecnica – dalla forcella tradizionale, a quella rovesciata, dalle pinze assiali alle radiali, dai carburatori al ride by wire – ma che di pari passo ha mostrato l’evoluzione degli pneumatici, passati dai Pirelli Diablo, ai Rosso II, ai Rosso Corsa per finire ai Rosso III montati sull’ultima CBR. Evoluzioni che in questo caso hanno toccato profili, mescole, intagli (ampiezza e distribuzione) e che hanno seguito i progressi delle ciclistiche e dei motori. E’ stato quasi un sogno poterle avere tutte assieme nelle medesime condizioni per cercare di capire veramente “come eravamo” e come siamo diventati, e per scoprire che alcune caratteristiche salienti dei progetti CBR e Diablo sono rimaste nel DNA di tutti i prodotti.

HONDA CBR900RR FireBlade – 919 cc – 124 cv – 185 kg

Salire sulla prima CBR è come fare un tuffo nel passato: in sella ritrovo elementi che avevo completamente rimosso, come il comando dell’aria e il rubinetto della benzina. L’unica regolazione concessa al motore è quella del minimo. Ritrovo i cromosomi originari, che hanno dato origine alla nobile stirpe che guidiamo ancora oggi. La sua età la dimostra nel codino oggi improponibile – ma sotto la sella del passeggero c’è un bauletto da 5 litri, impensabile allora offrire una moto senza un minimo di spazio sotto sella – ma davanti... Non me ne vogliano le altre ma ancora oggi è la più bella di tutte. La guida di questa moto è incredibilmente moderna, soprattutto per quel che riguarda la ciclistica. Certo, la posizione oggi sarebbe degna di una moto stradale, sei seduto in basso con i manubri alti, il serbatoio molto largo. La sella è da Sport Touring paragonata a quelle risicate dei giorni nostri e sei piuttosto allungato con pedane avanzate (un marchio di fabbrica per le CBR di ogni epoca).La approcci con sufficienza, invece ti sorprende perché è ancora molto leggera, incredibilmente precisa e ha una capacità di tenere la linea incredibile, anche quando prendi in mano il gas. La ciclistica appare oggettivamente sovradimensionata rispetto al motore, che è pastoso, “piatto”, poco rabbioso se messo a confronto con le erogazioni furiose a cui siamo abituati. La CBR900RR trova nei Pirelli Diablo dei compagni ancora oggi affidabili e tra i pochi che possano sposarla visto che il gommone 130/70-16 anteriore con cui Honda cercò agilità e che rese la CBR900RR unica trova ben poche alternative sul mercato. Il grip è adeguato alle prestazioni della moto; il profilo molto piatto dei Diablo la rende veloce nella prima parte della piega e più fisica nella seconda ma quello che non manca è la “presenza” di sterzo, tipica di tutti i prodotti Pirelli e che facilita la vita al pilota in ogni situazione di guida.Il peso della carta di identità della CBR900RR si sente nella flemma con cui il quattro cilindri prende i giri, nella spaziatura dei rapporti e nella manovrabilità del cambio (frizione da usare sia in salita e soprattutto in scalata, una cosa a cui non siamo più abituati), più che nell’erogazione, che resta piatta e ricca di coppia ai medi regimi. Anche i freni sono tutt’altro che male, anzi. La pompa fa un po’ muro ma potenza ce n’è e la moto resta bene in linea anche in staccata. A me questa moto è piaciuta davvero un sacco: a dispetto dei 25 anni sul passaporto ha una guida da cui qualcuno avrebbe da imparare ancora oggi. La leggenda narra che Tadao Baba stupì tutti i manager Honda presentando la CBR900RR con la carena tutta bucata: esordì dichiarando “avete di fronte la supersportiva del futuro”. Considerando come si guida ancora oggi questa moto, aveva proprio ragione.

HONDA CBR900RR 2002 (954) – 155 cv – 168 kg

Tasto Fast Forward e ci spostiamo in avanti 10 anni. Erano i tempi del telaio “pivotless”, il motore della CBR900RR era diventato portante per limare ancora peso e il telaio mancava delle classiche bretelle che abbracciano motore e forcellone. L’evoluzione ciclistica parla di forcella a steli rovesciati e di un peso veramente ridotto all’osso, la filosofia di Tadao Baba è portata all’estremo e questa è sicuramente la CBR che offre il mix più radicale di sempre.Mi ricordo ancora alla presentazione avvenuta all’Estoril i tester impressionati (qualcuno assaggiò anche l’asfalto) dalla sua estrema agilità, caratteristica che rasentava il nervosismo. La 954 era una moto da prendere con le pinze per l’avantreno ipersvelto e per il motore (a iniezione) decisamente cattivo. Caratteristiche che ritroviamo ancora oggi su questo esemplare gommato per l’occasione Diablo Rosso II: il salto epocale in questo caso è la struttura bimescola del posteriore. che consente una buona resa chilometrica ma un grip più elevato in piega che non è messo in difficoltà dalla potenza del motore. Incavi più compatti, più gomma a terra, il rapporto pieni-vuoti aumenta, i profili si evolvono in una direzione più radicale, assecondando la sveltissima ciclistica di questa CBR900RR.Però c’è più appoggio alla massima piega e l’anteriore, pur restando ancora un po’ leggerino, trova conforto nel Rosso II che come tutti i Pirelli riesce a trasferire molto bene al pilota quello che accade nell’interfaccia gomma-asfalto. C’è più motore, parecchio di più, la CBR900RR è una di quelle con l’erogazione più appuntita della storia, è rabbiosa ancora oggi: il quattro cilindri scala il contagiri più velocemente, divora la zona rossa più volentieri, anche se il regime massimo resta più o meno invariato rispetto a quello della prima Blade, il cambio è più morbido con rapporti meno spaziati e la posizione di guida è una di quelle che mi piace di più. L’avantreno “sensibile” resta una sua caratteristica che si fa sentire soprattutto quando ti tuffi nella buca di Alcarras, ma quanto a velocità di azione la 954 resta seconda solo alla CBR attuale. Emozionante. Ancora oggi.

HONDA CBR1000RR 2004 998 cc – 172 cv – 179 kg

La lezione della nervosetta 954 è servita a Honda per cambiare strada con la prima 1000. Erano gli anni dello scarico alto, sottosella. Il motore arriva alla cilindrata piena; con i concorrenti sempre più aggressivi e l’apertura del mondiale SBK alla cilindrata 1000 servono anche i cavalli. E Honda li trova, la CBR1000RR è la prima che inizia a “spingere” davvero sulla ruota posteriore. Insieme ai cavalli arriva anche il peso, che aumenta rispetto alle versioni precedenti.Scendere dalla 900 e salire sulla 1.000 significa cambiare proprio epoca: la sella è più alta, i manubri più “sotto”, le pedane molto alte e avanzate. Il manubrio “agitato” della 954 è qui un lontano ricordo, perché la CBR1000RR, complice anche l’ammortizzatore di sterzo elettronico rotativo HESD introdotto da Honda proprio su questa moto, regala la sensazione di avere i manubri praticamente saldati. La solidità di avantreno è impressionante, con la 1000 che beneficia del contributo delle Diablo Rosso Corsa, che con i suoi profili più “appuntiti” rispetto ai Rosso II migliorano il comportamento dinamico. Pochi intagli, tanta gomma a terra: questo genere di pneumatici è praticamente una “invenzione” di Pirelli, che con la serie Corsa ha ideato un prodotto che non c’era, la via di mezzo tra lo sportivo stradale e il racing street.La scelta giusta per chi usa la moto alternandosi tra pista e strada e cerca ottime prestazioni in entrambe le situazioni. Le Rosso Corsa riescono a rendere la guida della 1.000 veramente moderna ed efficace: non cambiano le caratteristiche dinamiche della moto, che resta piuttosto “corposa” da guidare e non così veloce da far volteggiare all’interno delle varianti, ma quello che piace è la velocità di discesa in piega, la sensazione di appoggio che si ricava sia dall’anteriore sia dal posteriore, che riesce a reggere molto bene lo stress ricavato dalle frustate di coppia di un motore da 172 cv.

HONDA CBR1000RR SP 2017 999 cc 192 cv – 195 kg in ordine di marcia

Il salto è di quelli epocali, e se vogliamo manca anche un gradino, quello della nona generazione del 2008, in cui la CBR tornava un po’ alle origini perdendo ancora peso. In questo caso però, si va ben oltre il semplice cambio generazionale. Dopo essersi “addormentata” per qualche anno, Honda è tornata all’aggressività di un tempo, proponendo ancora una volta la moto più leggera della categoria, un record ottenuto limando in ogni particolare: persino le viti che fissano il tappo del serbatoio sono più piccole del normale.È anche la CBR più evoluta di sempre, portando in dote tutto il corredo dell’elettronica di controllo (Ride By Wire multimappa, controllo di trazione, gestione freno motore, quickshifter) e sospensioni semi attive. Una moto al passo con i tempi, che merita scarpe al passo con i tempi. Per lei Pirelli ha scelto i Diablo Rosso III, nobili discendenti della stirpe Diablo, che portano all’estremo il concetto di pneumatico sportivo stradale. Il rapporto vuoti-pieni e gli intagli stanno a metà strada tra quelli del Rosso II e quelli del Rosso Corsa, ma dove il Rosso III compie il passo avanti più deciso è nelle mescole, nei profili e nelle carcasse.Sorprendente l’evoluzione della CBR in termini di prestazioni, reattività, erogazione. Con le altre il motore canta, con la nuova CBR urla, allunga rabbioso. Grazie all’elettronica ti concede di aprire il gas con la stessa arroganza con cui lo aprivi con la CBR900RR, che però aveva quasi 70 cavalli in meno. Devo dire che riprovare la CBR1000RR su una pista diversa da Portimao mi ha dato fatto anche capire meglio alcune cose. Ad esempio che su una pista più normale l’anti wheelie funziona molto meglio di quanto non facesse a Portimao e anche l’ABS pare essere meno invasivo. Le conferme per la CBR arrivano dalla compattezza estrema della moto e dalla sua leggerezza, che la rende rapida in modo impressionante nei cambi di direzione, oltre che nel fatto di essere molto intuitiva. Il DNA della prima CBR di Tadao Baba è ben presente nell’ultima nata. Ma questa non è una sorpresa.La sorpresa arriva dalle Pirelli Diablo Rosso III. Le avevo già provate ad Aragon ma solo su strada perché al momento della prova in pista si era messo a piovere di brutto (vedi on board). Già nella guida su strada avevo notato profili decisamente più svelti rispetto a quelli che siamo abituati a trovare sulle Pirelli stradali.La direzione presa da Pirelli è chiara, il Diablo Rosso III ha un comportamento dinamico tale da impensierire il Diablo Rosso Corsa, e l’anteriore in particolare è velocissimo ma estremamente stabile e offre un grip in frenata/ingresso curva che di stradale hanno ben poco. Stesso discorso per il posteriore, ben disposto a sopportare le frustate di coppia che arrivano dal quattro cilindri Honda. Il loro predecessore teorico sarebbe il Diablo Rosso II, ma per comportamento i Diablo Rosso III avvicinano molto il Rosso Corsa, dimostrando che se le moto hanno progredito moltissimo, gli pneumatici hanno percorso la stessa identica strada, arrivando anno dopo anno a offrire un pacchetto completo che ha portato all’innalzamento delle performance.Tutto questo, alla fine, non ha stravolto l’anima delle CBR o delle gomme che le equipaggiano. La filosofia costruttiva è come un patrimonio genetico che ogni prodotto eredita dal precedente. Ma ogni parte del “pacchetto” migliora e questo si traduce in secondi al giro guadagnati e in facilità nel raggiungere certe prestazioni e mantenerle.

 

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