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Prova Ducati Monster 1200 S

Come è fatta e come va la Monster 1200 S, la più potente di sempre? Ventidue anni dopo la prima indimenticabile M900, ritrova la cattiveria di allora ma guadagna uno spettro di utilizzo mai così ampio. Costa 15.990 euro

Ho un piccolo aneddoto da raccontare riguardo al mio primo incontro con la Ducati Monster. Nel 1992 un Cordara giovane e animato da tanta voglia di fare approccia il mondo del giornalismo specializzato. Prima moto in prova della mia vita: una M 900 Monster. La prendo, la provo… e mi sdraio a 20 km/h davanti a 50 ragazzi parcheggiati fuori dall’oratorio del mio paese. Avevo aperto un millimetro di troppo sulla malefica sabbietta. Risultato: risate di scherno da parte di tutti, leva frizione rotta e immancabile ammaccatura sul serbatoio causata dal manubrio (chi ha avuto la prima Monster sa di cosa parlo). Meglio di così, non potevo iniziare… Poi, per fortuna, un po’ sono migliorato.Credo che molti motociclisti abbiano avuto a che fare, prima o poi, con una Ducati Monster. Credo che molti abbiano un aneddoto da raccontare che la riguarda. La sport-naked “inventata” da Miguel Galluzzi in un momento in cui le moto erano tutte ipercarenate ha segnato un punto di svolta nella concezione di una “nuda”. La Monster M 900 era “ignorante”, brutale nella risposta al gas, rigida, con valvole enormi (43 mm all’aspirazione) e i carburatori che affogavano di benzina il motore da 904 cc. Aveva solo 74 cv, ma quando aprivi il gas sembravano 140.Che fine ha fatto lo spirito rabbioso di quella prima Monster? Anno dopo anno si è un po’ appannato: le Monster arrabbiate non sono mai mancate (S4, S4R, S4RS, ad esempio), ma per tutti la vera Monster è sempre stata quella, unica, con il motore due valvole raffreddato ad aria. Un motore dalle mille vite e dalle mille evoluzioni, che però deve fare i conti con i lacci imposti dalle norme antinquinamento che, come spiegato nel nostro servizio “mi manca l’aria”, stanno lentamente recitando il de profundis per questo tipo di soluzione tecnica. Del resto, se ha mollato BMW (con il Boxer) e l’ha fatto perfino Harley (con le Touring dotate di teste raffreddate a liquido) è lecito aspettarsi che, prima o poi, anche il pompone Ducati vada in pensione. Non ancora, comunque, visto che lavora benissimo sulle Monster 696 e 796, a cui non sono richieste particolari performance. Resta un fatto che se si cercano prestazioni, guidabilità, basse emissioni e consumi il raffredamento a liquido sia una scelta ormai inevitabile.Eccola qui la nuova Monster 1200 S – mi scusino in Ducati se la chiamo al femminile, ma LA moto per me è sempre femmina -, ennesimo capitolo di un libro che ormai conta quasi 280.000 pagine (tante le all’incirca Monster vendute fino a oggi) e che, nelle intenzioni dei progettisti, vuole riappropriarsi dello spirito originario che ha fatto del “mostro” un’icona a due ruote. Non è la prima volta che la Monster monta un motore raffreddato a liquido, e nemmeno che monta un motore Testastretta, tuttavia la nuova Monster 1200 S ha dalla sua parecchi primati. È la più “elettronica” di sempre (Ride by Wire con tre riding mode, DTC su 8 livelli, ABS multimappa) e la più potente di sempre, con 145 cv a 8.750 giri e una coppia di 124,5 Nm a 7.250 giri. Di lei si è già parlato molto, per cui vado subito al sodo, dicendovi come va e invertendo l’ordine dei nostri Live e Ride. Più sotto troverete la descrizione tecnica.RIDEÈ sicuramente una Monster più matura e moderna quella che mi si para davanti, parcheggiata con cura davanti all’hotel presso cui siamo alloggiati per questo press test. Una moto che mi fa capire come Ducati abbia fatto tesoro delle esperienze con Diavel e Multistrada per riversarle anche su questo modello che, è vero, ha sì ritrovato il carattere della prima Monster (e dopo vi spiegherò anche il perché), ma è sicuramente molto più usabile nella vita di tutti i giorni. Partiamo dall’esame da fermo: la sella è ampia e ben imbottita (come mai su una Monster), bassa (siamo a 810 mm, ma possiamo arrivare 785 o addirittura salire a 830 e scendere a 745 con le selle offerte in optional), il manubrio più alto e arretrato è finalmente in una posizione adeguata, che non spezza i polsi, anche se per me che non sono un gigante la posizione di guida resta ancora un pelo lunga. Particolari che fanno la differenza: gli specchietti “specchiano”, nel senso che offrono una buona visuale, la frizione è morbida, l’angolo di sterzo (30° per lato) è più che adeguato per non costringere a mille manovre durante un’inversione di marcia (su una normale strada a due corsie ci si riesce al primo colpo) o per l’utilizzo in città.Di fatto una volta in sella ci si sente un po’ “incastrati” nella moto, non si riesce ad arretrare molto con il sedere sulla sella (che si rialza subito) e con i piedi sulle pedane, perché le staffe del passeggero intralciano un po’, caratteristica questa ormai classica per le Ducati con doppio scarico laterale sovrapposto.Insomma, quando “entri” nella Monster lì sei e lì resti. C’è anche parecchio della Diavel nella nuova Monster: le somiglianze non si limitano al giro tubi dei collettori di scarico, o al faro “schiacciato” tra i foderi della forcella, ma si evidenziano anche nel carattere del motore, che deriva da quello dell’ultima Multistrada (quello con la doppia accensione) ma è più aggressivo nella risposta al gas grazie a una compressione superiore, a corpi farfallati maggiorati e a mappature differenti.Aggressivo al punto che, quando si guida andando a spasso, è consigliabile utilizzare il riding mode Urban (100 cv), che si rivela in assoluto quello più gestibile non solo come erogazione ma anche come gestione delle primissime aperture del gas (dove tra i competitor c’è chi fa un po’ meglio). Il Riding Mode Touring è già parecchio più aggressivo e quello Sport aumenta ulteriormente la cattiveria, non solo nella risposta al gas (che è praticamente “in diretta”), ma anche nel prendere i giri: consigliabile, quindi, quando la strada è scorrevole e quando si può godere appieno della spinta del bicilindrico Ducati.Non occorre far troppa strada per capire il carattere del motore. Sotto i 3.000 giri la Monster 1200 S scalcia un po’: pur se addolcito il Testastretta 11° resta un puledro di razza che ama galoppare e lo fa capire. Infatti appena la strada gli concede di distendersi si entra nell’area del godimento: da poco prima dei 4.000 fino poco oltre gli 8.000 giri il motore Ducati dà il meglio di sé, spingendo deciso (molto deciso) e cambiando anche passo attorno ai 6.000 giri, con l’erogazione che si incattivisce ulteriormente.È qui, a questi regimi, che si percepisce come il lavoro dei tecnici Ducati sia andato nella direzione di offrire alla Monster 1200 un’anima molto vicina a quella della Monster 2 valvole. Avevano in casa già pronto il motore Multistrada: sarebbe stato facile montarlo così com’era anche sulla nuova naked. Invece a Borgo Panigale hanno voluto dare alla Monster un carattere da Monster, quel “tutto subito” e quei medi regimi che i ducatisti conoscono bene. Lo hanno fatto a scapito di un po’ di allungo: perché, pur se capace di arrivare fino ai 10.500 giri del limitatore, il Testastretta 11° della Monster stempera la sua cattiveria poco dopo gli 8.000, consigliando di cambiare rapporto. Un carattere che si evidenzia nella guida, dove a volte al rider è richiesto di cambiare (il cambio è molto preciso, ma non un burro) qualche volta in più di quello che ci si aspetterebbe da un bicilindrico di grande cubatura, per rimanere nel range di erogazione migliore.Detto questo, paragonare la 1200 alla precedente 1100 Evo è impossibile, perché appartengono praticamente a due ere differenti. Un paio di curve sono sufficienti per accorgersene: la Monster 1200 S è leggera (209 kg in ordine di marcia), con una nuova posizione di guida e una nuova distribuzione dei pesi più arretrata; è sveltissima nei cambi di direzione; l’avantreno è leggero, agile, mai guidata una Ducati così reattiva e con una velocità di esecuzione altrettanto rapida. Appoggiata sugli ottimi Pirelli Diablo Rosso II (che non hanno profili estremi come ho potuto constatare nel nostro blind test..) la Monster entra in curva con il pensiero, è scorrevole, salvo poi richiedere che il rider gestisca la percorrenza con corpo e freno posteriore (che vorrei più incisivo nella sua azione e con una corsa più corta, al contrario dell’anteriore che ha una potenza impressionante). Pratica utile, questa, anche per controllare quel poco di sottosterzo che compare nella seconda parte della piega, un sottosterzo figlio dell’interasse generoso, che si può nascondere al meglio ma non far scomparire. In compenso, pur con un assetto tendenzialmente rigido, le sospensioni scorrevoli rendono sopportabili anche quei tratti di strada che con le precedenti Monster avresti odiato. Il comfort ora non è in discussione.Resta il fatto che la nuova Monster è la Ducati stradale che più mi è piaciuto guidare tra quelle provate fino a oggi. Vi chiedete se è ancora una vera Monster? La risposta è sì, lo è e all’ennesima potenza. Ha recuperato quel carattere che negli anni si era andato perdendo, ha prestazioni decisamente superiori, ma oggi si concede anche a un utilizzo più normale, che non sia quello “tutto o niente” tipico di certe Ducati del passato. Le mappature consentono di modificarne il carattere (anche se un po’ più di dolcezza ai bassi non mi dispiacerebbe), l’elettronica è di alto livello (ABS e DTC sono ormai allo stato dell’arte). Il bacino dei potenziali “Monsteristi” è davvero molto ampio, il che giustifica le alte aspettative che Ducati ha su questo modello.LIVE, DENTRO LA NUOVA MONSTER 1200 SCICLISTICA, IL TELAIO CHE NON C’È (MA È MOLTO PIÙ RIGIDO)Del tutto inedita, la ciclistica della Monster 1200 vede l’interasse aumentare di 60 mm fino a 1.511 mm, e il manubrio più alto di 40 mm oltre che più vicino al pilota della stessa misura. Il telaio si ispira allo schema che ha esordito sulla 1199 Panigale, con il motore portante: la sezione anteriore in traliccio di tubi d’acciaio è vincolata al propulsore, che nella zona posteriore ospita il fulcro del monobraccio con il monoammortizzatore che si fissa anch’esso direttamente sul motore. Ducati dichiara per questa struttura un aumento della rigidezza del 99% (!) rispetto al telaio precedente.SOSPENSIONILa versione standard monta forcella Kayaba regolabile e ammortizzatore Sachs con regolazione del precarico molla e dell’idraulica in estensione; la S, com’è consuetudine Ducati, vanta componentistica Ohlins: forcella con steli di 48 mm di diametro e trattamento superficiale TiN, che aumenta la scorrevolezza e dona la caratteristica colorazione dorata, e ammortizzatore della stessa marca con serbatoio “piggy back” integrato.FRENI COME LA PANIGALEL’impianto frenante monta l’ABS Bosch 9MP di serie con tre modalità di intervento: sulla 1200 si avvale di pinze anteriori Brembo M4-32 monoblocco a quattro pistoncini con dischi di 320 mm di diametro; sulla 1200 S, invece, le pinze sono le M50 monoblocco con dischi da 330 mm; identico il disco posteriore da 245 mm. Il peso a secco è contenuto in 182 kg, che diventano 209 in ordine di marcia.TRE SELLE PER QUATTRO ALTEZZEPer la prima volta una Ducati adotta una sella regolabile in altezza che sfrutta un sistema di regolazione definito da Ducati di “rivoluzionaria semplicità”: permette di ridurre la quota standard da 810 mm a 785, mentre per raggiungere i 745 mm dal suolo è necessario montare la sella ribassata, proposta come accessorio originale. Lo stesso dicasi per toccare quota 830 mm.MOTORE, UN TESTASTRETTA TUTTO PER LEIIl motore è la più recente evoluzione del Testastretta 11°: doppia accensione (DS), iniezione di carburante nella zona posteriore della valvola di aspirazione per migliorare la nebulizzazione, sistema di aria secondaria per ridurre l’emissione di idrocarburi incombusti. Rispetto a quello della Multistrada aumenta il diametro dei corpi farfallati (ora da 53 mm equivalenti) e cresce la compressione di un punto (ora 12.5:1). Le prestazioni dichiarate differiscono tra le due versioni: al medesimo regime di 8.750 giri/min la standard eroga 135 cv, la S dieci in più; la coppia, invece, varia di 0,7 kgm, con la S che tocca 124,5 kgm a 7.250 giri/min. Imprescindibile la gestione elettronica, particolarmente evoluta, che include il DTC (Ducati Traction Control) e i Ducati Riding Modes: questi ultimi permettono di scegliere tra la mappa Sport da 135 cv (145 cv sulla 1200 S), ABS livello 1 e intervento ridotto del DTC; la mappa Touring, sempre a piena potenza ma con ABS livello 2 e DTC più invasivo; mappa Urban con 100 cv di potenza massima, erogazione addolcita, ABS livello 3 e massimo intervento del controllo di trazione.IL CRUSCOTTO SI FA IN TREInteressante l’estensione del concetto alla base dei Riding Modes anche alla visualizzazione dei dati sul cruscotto, che si avvale di un pannello TFT: le configurazioni Core, Full e Track sono associate alle modalità Urban, Touring e Sport. Si passa, quindi, da una visualizzazione “urbana” che evidenzia la velocità istantanea, il livello dell’ABS e del DTC, a una “pistaiola” che assegna spazio e rilevanza alle informazioni più utili nella guida sportiva. manca, curiosamente l’indicatore della marcia inserita.

 

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