Pensate a una Kawasaki. Posso immaginare cosa vedete se chiudete gli occhi. Spigoli, linee nette e ultra moderne. Sì è questo lo stile Sugomi che caratterizza tutte le moto di Akashi, soprattutto le naked. Ma siccome non si vive di solo Sugomi ecco perché Kawasaki ha creato la gamma RS… RS sta per Retro Sport, la gamma delle “classiche” Kawasaki che ha avuto il suo battesimo con la Z900RS ispirata nelle linee e nei colori niente meno che alla mitica Z1. La sigla è decisamente azzeccata perché spiega molto bene cosa sono e come funzionano le classiche Kawasaki. Moto che sotto un vestito elegante nascondono un temperamento se non sportiveggiante, quantomeno dinamico. Proprio come la Z900RS. Già, la Z900RS ha fatto breccia nel cuore di tanti nostalgici amanti del marchio di Akashi marchio che, giova ricordarlo, insieme a Honda è tra i giapponesi quello che ha davvero un passato a cui ispirarsi. E se la Z1 ha ispirato la Z900RS, la Z650 B1 del 1977 con il suo colore Verde metallizzato si può definire la bisnonna della nuova Z650RS.
Nuovo arrivo in famiglia
Evidentemente Kawasaki ci ha preso gusto e così la sigla RS non è più appannaggio di un solo modello, ma sta diventando una piccola famiglia di moto. La ricetta applicata ad Akashi è di quelle che mi piacciono: vestire di classico una base tecnica moderna, capace di dare soddisfazione nella guida. In questo caso la base è quella della Z650 su cui Kawasaki ha appoggiato con eleganza linee classiche molto fedeli alle moto del passato del marchio. Perché fare una Z650? Beh il motivo è semplice, perché Kawasaki vuole presidiare un segmento, quello delle sport heritage di media cilindrata che si sta facendo sempre più affollato e i cui numeri sono in crescita. Perché alla fine questo tipo di moto piace in modo trasversale. È rassicurante, unisex, poco influenzato dalle mode e, soprattutto, ha conquistato anche un pubblico giovane, quello delle patenti A2 per intenderci che però la Z900RS non la potevano guidare. Bene, è proprio in questo segmento la Z650 può dire la sua, perché è elegantemente retrò, ha linee sinuose e a parer mio azzeccate ma non è una moto malinconica o nostalgica. Piuttosto è un modo molto intelligente di reinterpretare un concetto. La Z650 lo fa con criterio e con un attento studio dei dettagli.
Questo tipo di moto piace in modo trasversale. È rassicurante, unisex, poco influenzato dalle mode e, soprattutto, ha conquistato anche un pubblico giovane
Sotto è una Z
Inutile girarci intorno, sotto alle sue linee curve e orizzontali che rendono la moto visivamente più grande di quello che è, si nasconde tutta la tecnica della Z650. Stesso motore bicilindrico seiemmezzo con fasatura a 180 gradi da 68 cavalli, stesso telaio a traliccio in acciaio. Uguali forcellone, forcella da 41, misure di sterzo e diametro dischi freno che però non hanno più il profilo a margherita, ma sono tondi. L’unico piccolo dato differente stando alle dichiarazioni riguarda l’interasse che si accorcia di 5 mm passando da 1.410 a 1.405 mm. Ovviamente la taratura delle sospensioni è dedicata, e secondo quanto dichiarato da Kawasaki il motore è stato settato per offrire un’erogazione più piena ai bassi e medi regimi.
Con i piedi per terra
La sella però è più alta rispetto alla Z, siamo a 820 mm e la posizione di guida è differente. Proprio come sulla 900 anche Sulla Z650RS si sta più appoggiati che inseriti nella moto, il manubrio è alto e viene incontro a chi guida assicurando una posizione più eretta e rilassata. Volendo è disponibile anche una sella più bassa (-20 mm). Ma con un peso di soli 187 kg in ordine di marcia la vita snella e i piedi che appoggiano sempre bene a terra (anche dal basso del mio metro e 70), la Z650RS promette non darvi troppi problemi di gestione. 12 litri la capacità del serbatoio, e molto azzeccata l’accoppiata di strumenti analogici tondi. E adesso andiamo a provarla.
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