RIDE
Non c’è che dire: le strade scelte per la prova della Yamaha Tracer 9 GT+ se la possono giocare con le migliori d’Europa, soprattutto fuori stagione come in questo caso. Cullati dalla temperatura primaverile e incantati dalla sequenza infinita di curve che collegano i paesi della provincia di Nuoro, tra Barbagia e Ogliastra, ci siamo lasciati trasportare dal puro gusto di guida. Ben assecondati da una moto equilibrata, potente quanto basta, agile e relativamente leggera (223 kg di peso in ordine di marcia, borse escluse). Più sport che touring, almeno nell’approccio tutto curve del primo test in Sardegna.
Il ponte di comando è sontuoso: dalla strumentazione TFT a colori da 7″ di diagonale, a colori, ai blocchetti elettrici un po’ ingombranti ma completissimi e facili da usare, fino al manubrio largo e comodo; manca solo la regolazione della distanza tra manopola e leva della frizione e magari un serbatoio dell’olio dei freni meno in vista. La sella è comoda ma sostiene bene, vanta finiture sorprendentemente curate e una forma che conferma la corretta ergonomia, come verificato dopo una giornata di guida senza indolenzimenti e fastidi. Ed è regolabile in altezza (820-835 mm), facilitando la vita a chi ama cucirsi addosso la moto o ha difficoltà a toccare terra.
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Dotazione da maxi
La Yamaha Tracer 9 GT+ è compatta, quasi raccolta intorno al motore CP3 di 890 cc, 119 CV e 93 Nm, incastonato nel telaio con schema Deltabox e realizzazione Die-Cast. Si tratta di una tipologia di fusione che permette ampia libertà di scelta su forma, spessori e rigidezze. Il telaietto reggisella è in acciaio, le borse da 30 litri di capacità ospitano un casco integrale ciascuna, il plexiglas è regolabile manualmente in altezza in pochi secondi e le manopole riscaldabili di serie offrono addirittura 10 livelli di intensità. Il cuore della dotazione, però, è rappresentato da semiconduttori e sensori, attuatori e centraline. La lista è lunga ma in sella ci si dimentica la complessità e basta un attimo per fare il punto, familiarizzare con i comandi – veramente intuitivi il joystick e il pulsante di ritorno sul blocchetto sinistro – e scegliere il Ride Mode preferito tra Street, Sport, Rain e Custom. Meglio partire con l’equilibratissimo Street, che combina la modalità A-2 delle sospensioni semi-attive KADS (Kayaba Actimatic Damping System) e le configurazioni dei controlli adatte a guidare nel massimo relax. Il precarico di forcella e ammortizzatore è regolabile manualmente. E allora via, pronti a sfruttare l’erogazione piena del tre cilindri Yamaha, verificando subito se la nuova distribuzione della coppia ha migliorato le cose rispetto al passato.
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Dinamica di guida da sportiva
Gli pneumatici di primo equipaggiamento Bridgestone BT32 Battlax sono progettati per garantire lunghe percorrenze. Complice l’asfalto memorabile delle strade sarde e la possibilità di “smanettare” in un contesto ideale e rarissimo, mi sono sembrati più che sufficienti per raggiungere inclinazioni tali da consumare il cavalletto, tra il clangore del metallo e qualche coreografica scintilla. Se c’è una modifica da fare subito è aumentare la luce a terra! Scherzi a parte, la Yamaha Tracer 9 GT+ concede tanta confidenza fin dai primi chilometri, grazie alla ciclistica equilibrata e al lavoro eccellente delle sospensioni semi-attive Kayaba. In particolare in ingresso di curva il sostegno della forcella è impeccabile, sia in modalità A-2 (Ride Mode Street o Custom), sia nella più sportiva A-1, e questo permette approcci alla svolta assai brillanti, con ridottissimi trasferimenti di carico, forti di un comportamento neutro che rende tutto facile. Se chi guida desidera spingersi oltre, la Yamaha Tracer 9 GT+ segue senza problemi, raggiungendo velocità e inclinazioni oggettivamente gratificanti, che ne esaltano la sportività. Non è rapidissima nei cambi di direzione – un po’ di guida fisica aiuta a migliorare le cose – ma del resto è una sport touring e pretendere di più sarebbe eccessivo. L’erogazione del motore è corposa fin dai bassi regimi ma si irruvidisce intorno ai 6000 giri/min, con qualche vibrazione a corredo, prima di raggiungere il picco di coppia 1000 giri più in alto e ritrovare regolarità e ritmo fino al limitatore.
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Il cruise control adattivo? Funziona bene.
Yamaha ha opportunamente dedicato una parte del test alla verifica del funzionamento del cruise control adattivo (ACC), che sfrutta il radar posto nella zona anteriore e il sistema di frenata integrale (Unified Braking System), che offre anche alcune funzionalità collegate al radar. Partiamo dal cruise control adattivo: gli ingegneri Yamaha hanno illustrato in conferenza stampa le differenze di programmazione e sviluppo necessarie a rendere compatibile il radar con gli ingombri di una moto, che è ovviamente più stretta dell’auto e deve essere in grado di riconoscere sia le due sia le quattro ruote. Cosa che effettivamente succede, come ho verificato di persona “giocando” con la regolazione della distanza – da 1 a 2 secondi su quattro livelli tramite il pulsante posto sul dorso del blocchetto sinistro – e con la velocità di marcia, che può essere modificata in più o in meno di 1 o di 10 km/h per volta. Disponibile da 30 a 160 km/h, è attivo con la spia verde accesa sul pannello TFT, in stand by con la spia grigia. Interagisce con le sospensioni semi-attive, in modo da mantenere l’assetto nelle variazioni di velocità; sfrutta sia il freno motore sia i tre dischi del sistema di frenata unificata e grazie ai sensori dell’IMU impedisce variazioni di velocità in curva. E funziona molto bene, proprio come un buon cruise control automobilistico. Inoltre, anche quando non è impostato per mantenere la velocità, rileva un eventuale ostacolo e lo segnala con un inequivocabile messaggio di allerta a tutto schermo sul cruscotto. Tutto ciò senza mai inficiare le prerogative del pilota, che resta l’unico soggetto abilitato ad azionare i freni. La gestione elettronica permette un’ampia personalizzazione: ad esempio disinserendo il controllo di stabilità (SC), tutto il pacchetto viene disattivato, in particolare i controlli di impennata, di slittamento, di trazione.
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Cambio elettronico non impeccabile
Il cambio elettronico è definito da Yamaha di “terza generazione”: la prima permetteva di salire di rapporto, la seconda di salire e scalare, la terza di scalare accelerando e di innestare il rapporto superiore decelerando. Massima libertà, dunque, e ancora meno pensieri. Il funzionamento, però, non si è rivelato impeccabile, con qualche cambiata ruvida che ha sporcato la guida decisamente fluida della Yamaha Tracer 9 GT+. La frenata, non entusiasmante per potenza percepita, è più che adeguata alle prestazioni della moto, e tra l’altro è previsto un aiuto quando, in presenza di un ostacolo, il pilota intervenga sui freni: in questo caso l’elettronica potenzia l’azione, ottenendo una decelerazione più rapida. La protezione dall’aria, con il prexiglas completamente rialzato, è più che discreta su testa e spalle.
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Una sfida da far tremare i polsi
Riuscirà a proporsi come alternativa alle sport touring più accessoriate e di cilindrata superiore? Forte del prezzo competitivo (16.499 euro), la Yamaha Tracer 9 GT+ arriverà a giugno 2023 nelle concessionarie italiane, forse un po’ tardi considerato che la finestra di mercato dura sempre meno. Dalla sua ha molte qualità: la dotazione elettronica è davvero completa (e soprattutto funziona), dal cruise control adattivo alle sospensioni; le finiture e la qualità costruttiva fanno invidia a modelli molto più costosi; la dinamica di guida – fatta salva la necessità di una verifica su strade meno sensazionali di quelle sarde – è piacevolissima, grazie soprattutto all’efficacia delle sospensioni semi-attive, che garantiscono grande equilibrio nella guida sportiva come in quella più turistica e rilassata. Il pacchetto, insomma, appare decisamente ricco. Tra pochi mesi potremo verificare se la Yamaha Tracer 9 GT+, una moto ben pensata e altrettanto ben costruita, avrà centrato l’obiettivo.