Harley-Davidson Pan America 1250 Special
Discussa, chiacchierata. Una cosa è certa, il debutto della prima maxi enduro targata Harley-Davidson non è passato inosservato, anzi. Giudizi estetici a parte, la Pan America si presenta con gli attributi necessari – almeno sulla carta – per sfidare le concorrenti più esperte e navigate del segmento e ha anche un asso nella manica che non dispiacerà affatto, soprattutto ai meno alti. La componentistica è di assoluto rilievo, segno che a Milwaukee hanno preso sul serio la sfida e guardando attentamente la Pan America non si può dire il contrario.
Abbiamo parlato di asso nella manica, ma in realtà parliamo di una caratteristica che è una vera e propria primizia: il sistema Adaptive Ride Height che permette alle sospensioni di abbassarsi di 2,54 o 5,08 cm quando la moto si ferma in modo da facilitare l’appoggio dei piedi a terra. Il prezzo di partenza è decisamente concorrenziale: 18.700 euro. La versione da noi in prova ha invece un prezzo di 20.470 euro.
Come va
Mettere a confronto un prodotto completamente nuovo con moto già ampiamente sviluppate e mature non è mai semplice. Se a questo aggiungiamo anche che per gli uomini di Harley-Davidson il progetto Pan America 1250 rappresenta una prima volta nel senso più letterale del termine… Beh non possiamo che riconoscere e apprezzare l’impegno. Soprattutto perché, nonostante tutte le difficoltà della “novellina”, la Pan America è riuscita comunque a spiccare in qualche area. Partiamo dai punti di forza che in questo caso sono rappresentati dalla posizione di guida e dalla sella. Andando in ordine la posizione di guida non è affatto male, anche quando si sta in piedi i comandi sono tutti facilmente raggiungibili. Anche se alcuni dei presenti hanno però evidenziato una distanza sella-manubrio un po’ troppo accentuata.
La sella, come da tradizione americana è un vero e proprio trono, e una volta seduti si ritrova l’abitabilità tipica delle cruiser di Casa. Questo però non è l’unico aspetto che rimanda agli altri modelli di casa Harley-Davidson. Troviamo altri elementi chiave come la bobina di accensione posta in mezzo ai cilindri. Il frontale che richiama (lontanamente) quello della Road Glide e il serbatoio in metallo a sviluppo orizzontale. Il motore non manca di potenza e coppia, ma rispetto ai propulsori delle avversarie mette in mostra un’erogazione un po’ più “sgonfia” ai bassi regimi. Per apprezzare tutti i 150 CV disponibili occorre superare i 4.500 giri. Regime al quale il V2 Revolution Max inizia a tirare fuori gli artigli.
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Chiudiamo il capitolo Pan America con un paio di appunti sulla ciclistica e sul comportamento della moto nel misto. Nel complesso la ciclistica è buona e i componenti utilizzati sono di rilievo. Ricordiamo le sospensioni semiattive marchiate Showa e l’impianto frenante Brembo. Quest’ultimo, a discapito del nome impresso su pompa e pinze, non ci ha pienamente convinto, con l’anteriore che necessità di essere spremuto fino in fondo quando si iniziano a forzare un po’ le staccate. Arrivano le curve e di conseguenza l’ottima stabilità dell’anteriore che tanto si apprezza in autostrada mostra il lato della medaglia che ci piace di meno. Quando si calca un po’ il ritmo il baricentro alto e lo sterzo “pesante” penalizzano la fluidità di guida. Caratteristiche poco percettibili quando si viaggia con un ritmo rilassato e che si possono mitigare (non nascondere) adottando uno stile di guida più fluido.
Così nella nostra comparativa
Punteggio Totale | 2626 |
Punteggio Dotazione | 38 |
Consumo rilevato | 16,93 km/l |