«Voi mi guardate. Stupiti. Mentre percorro strade comuni, districandomi tra svincoli e incroci. Restate a bocca aperta come allocchi credendo d’assistere a qualcosa di eccezionale. Ebbene, non avete ancora visto nulla. Oggi assecondo i vostri desideri come una belva ammaestrata che sollazza il pubblico, ma domani è un altro giorno. Ibrida o non ibrida, domani saranno cordoli e chicane a conoscere la mia furia. Godetevi lo spettacolo finché potete, perché così lenta, a meno di un rallenty, a Le Mans non mi vedrete mai più…». Ipse dixit. A parlare è R18 e-tron quattro 2014, la rinnovata arma Audi deputata alla conquista – l’ennesima – della gara endurance più famosa al mondo.
Una première così non si era mai vista. E soprattutto, un tragitto “casa-ufficio” così non si era mai visto! 15 km lungo strade urbane ed extraurbane, passando dal centro della cittadina di Le Mans all’omonima pista francese, scalzando tombini grazie all’effetto suolo, accarezzando timpani con la delicatezza dei montanti del miglior Evander Holyfield, digerendo sconnessioni dell’asfalto con la flessibilità di un blocco di tungsteno. Tenere a freno l’esuberanza del sistema ibrido Made in Ingolstadt? Facile come arginare il crollo di una diga. Parola di Tom Kristensen. Il nove volte trionfatore sul circuito della Sarthe ha guidato in punta d’acceleratore, strabuzzando gli occhi come un pesce palla nel tentativo di non decollare sulle micro asperità cittadine e, soprattutto, di non trasformare la vettura che lo precedeva – la Polizia – in una palla di pasta per pizza: “levitata” dall’inedito spoiler frontale a flap regolabili.
Eppure R18 ha digerito l’affronto. Sputacchiando, sbuffando e sussultando. Ma soprattutto rimarcando come sussista un’inscindibile connessione e un continuo travaso di tecnologia tra i prototipi endurance della Casa degli Anelli e le vetture di serie. Avrà modo, in ogni caso, di scatenarsi in pista già alla 6 Ore di Silverstone (Inghilterra), in programma il 20 aprile. L’obiettivo principale della stagione è confermarsi leader della gara endurance più famosa del mondo: la 24 Ore di Le Mans (14/15 giugno). Magari suonando come delle zampogne tanto la rivale storica Toyota quanto la sfidante Porsche, novità del FIA WEC (World Endurance Championship) 2014.
Ha già vinto tutto. Durante lo scorso biennio, R18 e-tron quattro ha trionfato sia nel Mondiale Endurance – quest’anno articolato su 8 appuntamenti – sia nella tappa di Le Mans. Scrivendo la storia. Al punto da “sollecitare” la FIA (Federazione Internazionale dell’Automobile) a cambiare le regole del gioco per rendere più incerto l’esito delle competizioni della classe regina (LMP1). Ma lei non ha battuto ciglio. E ha ricostruito se stessa. Per continuare a fare ciò che sinora le è risultato più congeniale: vincere. Verrà portata in gara dai detentori del titolo Loïc Duval e Tom Kristensen, cui si aggiungerà l’ex pilota di F1 Lucas di Grassi. Confermato il secondo equipaggio composto da Fässler, Lotterer e Tréluyer – trionfatori alla Sarthe nel 2012 –, mentre costituisce una novità il terzetto che include Filipe Albuquerque – ex DTM (Campionato tedesco Turismo) – Olivier Jarvis – vincitore alla 12Ore di Sebring – e l’italiano Marco Bonanomi; trio destinato a prendere il via solamente alla 6Ore di Spa e a Le Mans.
R18 e-tron quattro: nome identico al passato, tecnica parzialmente rivoluzionata. Le disposizioni regolamentari 2014 guardano infatti al futuro, limitando non tanto la potenza quanto i consumi, lasciando al contempo ampia libertà d’azione ai progettisti. Analogamente al precedente modello, il propulsore endotermico è un V6 (di 120°) 24V common rail sovralimentato mediante turbocompressore Garrett, collocato centralmente e incaricato di trasmettere il moto alle ruote posteriori. La cubatura viene però portata da 3,7 a 4,0 litri. A quest’unità si affianca un motore elettrico anteriore che eroga potenza e coppia in corrispondenza dell’avantreno, recuperando energia in fase di frenata e trasmettendola al sistema di accumulo a volano.
Durante i test invernali era stata annunciata una novità epocale, consistente nel collegamento del turbocompressore del V6 TDI a un dispositivo elettrico che permettesse di convertire l’energia termica dei gas di scarico in energia elettrica; ad esempio quando il limite di pressione di sovralimentazione veniva raggiunto. Carica che così passava anch’essa al sistema di accumulo a volano, per poi essere inviata in fase di accelerazione all’asse anteriore o all’innovativo turbocompressore elettrico, a seconda della strategia adottata. Tale sistema è stato però provvisoriamente sacrificato sull’altare della leggerezza, così da allinearsi al peso minimo regolamentare di 870 kg. Confermata la trasmissione sequenziale a 6 rapporti di tipo elettroattuato. La potenza massima dovrebbe eguagliare, nonostante le limitazioni nei consumi, i 490 cv appannaggio del precedente modello, mentre la coppia sfiorerebbe i 90,0 kgm. Valori strepitosi considerando la massa contenuta della vettura, cui consegue un rapporto peso/potenza monstre: 1,78 kg/cv.
Oltre alla meccanica, cambiano sia la strategia d’illuminazione, ora affidata a luci laser predittive – in grado di garantire sino a 800 m di visibilità, il doppio dei fari a LED, “leggendo” al contempo le curve e illuminandone l’interno – sia l’aerodinamica. Debutta, grazie alle novità regolamentari, un alettone anteriore con flap mobili in sostituzione della struttura a incidenza fissa tipica del passato. Soluzione che consente da un lato di compensare (parzialmente) la riduzione dell’effetto suolo portata in dote dal contenimento delle dimensioni della vettura (-10 cm in larghezza) e dall’altro di ridurre i costi di gestione: per adattare il carico aerodinamico in funzione dei diversi circuiti non è più necessario realizzare componenti specifici, potendo agire sui flap. Al contempo, non è più ammesso canalizzare i gas di scarico attraverso l’estrattore. Divieto, quest’ultimo, analogo a quanto previsto dal regolamento F1 2014. Confermato lo schematismo delle sospensioni a bracci triangolari sovrapposti con ammortizzatori anteriori push-rod – disposti orizzontalmente a bilanciere e azionati in compressione da un puntone collegato al porta mozzo delle ruote – e posteriori pull rod – con puntoni diagonali che lavorano in trazione.
E il sound? Gli stolti – come chi scrive – potrebbero credere che l’abbinamento tra un propulsore td e un’unità elettrica porti in dote un ronzio stile Fifty Malaguti smarmittato. Vero quanto la resurrezione del Milan sotto la guida di Seedorf. L’urlo è lacerante. Del resto, in casa Audi, si venera Sant’Akrapovič…