La prima nacque in incognito. In assoluta segretezza a causa del periodo storico ostile. La seconda Guerra mondiale era in corso, i Nazisti presidiavano i siti produttivi e la Francia si trovava sotto il giogo dell’invasore. Eppure, vide la luce. Con un obiettivo ambizioso: motorizzare la fase post bellica del Paese. Renault 4CV – antesignana delle piccole utilitarie della Casa della Régie – nacque così, prendendo spunto esteticamente dal Maggiolino Volkswagen.
La genesi
Presentata al Salone di Parigi del 1946, la 4CV seppe conquistare il pubblico grazie alle quattro porte – soluzione rara all’epoca – e alla collocazione posteriore del motore, a tutto vantaggio dell’abitabilità. Il successo fu enorme. Insperato. E mise in seria difficoltà il costruttore transalpino, dilatando sino a un anno i tempi di consegna. Ne vennero realizzate diverse versioni, tra le quali la “commerciale” – priva di sedili e vetri posteriori – e la Décapotable: cabriolet riservata alla clientela abbiente. Era mossa da un 4 cilindri in linea 8V di 747 cc, in grado di erogare 17 cv e 4,6 kgm di coppia, abbinato a una trasmissione manuale a 3 rapporti. Raggiungeva i 95 km/h e il peso era contenuto in 560 kg. A partire dal 1958, il motore arrivò a ben 26 cv.
L’allievo supera il maestro
Quando uscì di scena, passò il testimone a un’erede che si sarebbe coperta d’altrettanta gloria: R4. Nata nel 1961, Renault 4 venne investita di un compito tutt’altro che agevole: contrastare la best seller dell’epoca Citroën 2CV. Per farlo, venne dotata di portellone, quattro porte e meccanica affidabile. Per contenere i costi venne adottato un classico telaio a traverse e longheroni – soluzione vetusta anche per gli Anni ’60 – cui era imbullonata la scocca alla quale venivano vincolati i lamierati. Le sospensioni erano indipendenti a barre di torsione sia all’avantreno sia al retrotreno. Soluzione, quest’ultima, che, data la disposizione trasversale delle barre al retrotreno, portò al disassamento dell’interasse! Il passo in corrispondenza del lato destro è infatti 4,8 cm più lungo rispetto al lato sinistro.
Avanti tutta!
Con R4 debuttò anche la trazione anteriore: una prima assoluta per Renault. La meccanica, almeno inizialmente, fu… trapiantata dalla 4CV. Non si registrarono variazioni di rilievo, fatta eccezione per la collocazione anteriore del motore e l’adozione di un circuito di raffreddamento sigillato con vaso d’espansione. Una primizia tecnica. Vennero percorsi oltre 2 milioni di km di test in condizioni climatiche avverse per dare vita a una delle vetture più affidabili della storia dell’automobilismo. La notevole altezza minima da terra – pari a circa 20 cm – ne consentiva l’utilizzo anche in presenza di facili sterrati, mentre la potenza massima di 24 cv permetteva di raggiungere i 110 km/h.
La cugina di Napoli
Come capire se la vettura funzionasse correttamente? Nulla di più facile. Il terminale di scarico non sfociava in corrispondenza del paraurti, bensì lungo il fianco sinistro, a ridosso della ruota posteriore. Se cerchio e pneumatico si annerivano, allora la carburazione era troppo grassa. Il progetto R4, dopo un periodo di apparente crisi, conobbe il successo. Al punto che l’Alfa Romeo, nel biennio 1962-1964, ne realizzò ben 40.000 esemplari nello stabilimento di Pomigliano d’Arco, alle porte di Napoli. Vetture, nel dettaglio, mosse dal 4 cilindri di 845 cc di derivazione Renault Dauphine.
Un successo planetario
Venduta in oltre 8 milioni di esemplari, R4 fu figlia del boom economico e della diffusione del benessere. Non altrettanto si può dire per le eredi R5, nata a ridosso della crisi petrolifera del 1973, e Twingo prima serie, il cui debutto nel 1993 fu contemporaneo al crollo delle borse e alla crisi dei mercati finanziari. Ora, in vista dell’unveiling della nuova Twingo, motore e trazione tornano posteriori; come ai tempi della 4CV. Sperando di recuperare anche l’entusiasmo e la positiva frenesia del secondo dopoguerra…
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