Dopo le one-off dedicate a Jean-Pierre Wimille, due volte trionfatore a Le Mans; Jean Bugatti, primo dei figli di Ettore Bugatti e giovanissimo dirigente dell’azienda francese dal 1936 al 193; Meo Costantini, pilota di successo per 8 anni direttore del racing team Bugatti, e Rembrandt Bugatti, fratello di Ettore Bugatti nonché scultore specializzato nella rappresentazione d’animali – diede i natali all’elefante d’argento simbolo dell’esclusivissima Type 41 Royale del 1927 –, è giunto il momento che la Casa francese celebri uno dei propri fiori all’occhiello. Più precisamente la Type 18 “Black Bess”: una delle prime – e uniche – supercar dell’anteguerra.
L’originale Black Bess – prodotta dal 1912 al 1914 – era mossa da un 4 cilindri in linea 12V di 5,0 litri da 100 cv, in grado di spingere la vettura a 160 km/h. Venne condotta in gara da Ettore Bugatti in persona e prodotta in 7 esemplari, consegnati a clienti selezionatissimi. Tra questi vi fu il pioniere dell’aviazione francese Roland Garros – cui è intitolato il celebre torneo di tennis parigino – che per primo nel 1912 attraversò in volo il Mediterraneo. Il soprannome Black Bess le venne conferito in onore dell’omonima cavalla appartenuta al bandito Dick Turpin, protagonista, secondo la leggenda, di una cavalleresca corsa notturna di oltre 320 km. Ora il nome Black Bess torna a vivere grazie alla quinta delle sei vetture esclusive che Bugatti dedica ai propri eroi. Un’ulteriore interpretazione del tema Grand Sport Vitesse. Quest’ultima variante roadster, o forse sarebbe meglio dire “targa” data la presenza di un hard top amovibile, della Veyron 16.4 Super Sport.
Accelera da 0 a 100 km/h in 2,6 secondi e raggiunge i 409 km/h: limite auto imposto per non disintegrare gli pneumatici. L’aerodinamica si adegua (3 step) alla velocità grazie all’elettronica: l’alettone e lo spoiler variano incidenza e altezza in base all’andatura e cambia altresì la luce da terra, che passa da 12,5 cm (standard) a 8 cm all’avantreno e 9,5 cm al retrotreno oltre i 220 km/h, oppure, una volta azionata una chiave specifica per superare i 375 km/h, rispettivamente a 6,5 e 7 cm mentre si chiudono i flap dinanzi alle ruote anteriori per favorire l’effetto suolo. Oltre i 200 km/h l’alettone, in caso di frenata, fuoriesce con un’angolazione di 55° fungendo da freno aerodinamico, aiutando i dischi carboceramici anteriori da 400 mm di diametro e posteriori da 380 mm sui quali agiscono pinze rispettivamente a 8 e 6 pistoncini. Una soluzione recentemente ripresa dalle McLaren 12C e 650S.
Veyron è stata la prima vettura di serie a superare i 1.000 cv di potenza. Poi è arrivata la versione Super Sport. L’8.0 16 cilindri a doppia W sovralimentato mediante 4 turbocompressori è così passato da 1001 a 1.217 cv e da 1.250 Nm (127,5 kgm) a 1.500 Nm (153,1 kgm). Il cambio, da tradizione, è a 7 rapporti a doppia frizione DSG e assicura passaggi di marcia in 150 ms, mentre la trazione integrale permanente si affida alla frizione centrale Haldex a controllo elettronico che ripartisce la coppia tra gli assali e al differenziale autobloccante posteriore. Nonostante l’adozione di carrozzeria e telaio monoscocca in carbonio, il peso resta superiore alla maggior parte delle supercar: 1.888 kg per Veyron che, nel caso di Grand Sport, salgono a 1.990 kg.