1.245.000 unità vendute. 4 generazioni. 30 anni di carriera. E una scommessa vinta. Chi, infatti, avrebbe mai immaginato che una vettura con le fattezze di un pulmino potesse scrivere una pagina rilevante nel grande libro della storia dell’automobilismo? Eppure, Renault Espace c’è riuscita. Evolvendosi sino a divenire una vettura gradevole esteticamente; un evento eccezionale quanto la biblica pioggia di rane. Non è stata la prima monovolume costruita in grande serie – primato spettante alla Fiat 600 Multipla del 1956 –, ma, in compenso, è stata la prima minivan a conquistare il cuore degli Europei. Lanciando una vera e propria moda.
Gli albori e la prima serie (1984-1988)
Alla fine degli Anni ‘70 la francese Matra, allora legata al Gruppo PSA (Peugeot-Citroën), iniziò a lavorare al progetto d’una vettura destinata a sostituire la Matra-Simca Rancho, multispazio realizzata sul pianale della Simca 1100. Il prototipo, abbozzato dal designer di origine greca Antonis Volanis – futuro “papà” della Citroen Xsara Picasso – venne rifiutato dai vertici del Gruppo transalpino, in quanto considerato troppo di nicchia. Un errore fatale quanto il rigore sbagliato da Roberto Baggio durante la finale dei Mondiali del 1994. Prese infatti la palla al balzo Renault che trovò nel pianale piatto, nella modularità degli interni, nella strutturata zincata in bagno liquido e nella carrozzeria in vetroresina le caratteristiche vincenti della neonata Espace. Nome che lasciava presagire un vero e proprio viaggio nello spazio. Correva l’anno 1984. E fu subito flop. L’aerodinamica da baita di montagna, il parabrezza piatto quanto un tagliere per salumi e le dimensioni da furgone fecero storcere il naso agli automobilisti tradizionalisti, abituati a relazionarsi solo con berline e station wagon. Solo a partire dal 1988 – con il debutto della più grande Fase 2 (da 4,25 a 4,36 m di lunghezza) – il trend s’invertì: praticità, abitabilità e comfort, del resto, erano da primato. Superiori a berline e wagon dell’epoca. In aggiunta, Espace poteva contare su 7 posti abbattibili e girevoli disposti su tre file, così da trasformarsi in un salotto. Venne realizzata anche la versione Quadra a trazione integrale permanente. Tra gli optional spiccavano le sospensioni posteriori pneumatiche.
La seconda serie (1991-1996)
Vennero limati gli spigoli e adottate forme più tondeggianti. Costringendo alla vita ascetica un’intera generazione di designer, sconvolta dal profilo a cuneo della rinnovata monovolume francese. La base meccanica restava identica alla prima serie (Fase 2). Più filante, confortevole e meglio rifinita, costituiva un restyling della precedente generazione piuttosto che un nuovo modello. Piacque immediatamente e, nemmeno si trattasse della nuova collezione dei Roy Rogers jeans, divenne un must per le famiglie alla ricerca di spazio e modularità. Merito anche del rollio molto più contenuto rispetto al modello precedente, a proprio agio in curva quanto una chiatta lungo un percorso di canoa slalom. Questo modello fornì la base per la versione F1, parente stretta delle monoposto Williams motorizzate Renault: telaio e carrozzeria erano in carbonio, mentre in posizione centrale urlava rabbiosamente il V10 3.5 da 800 cv solitamente impegnato nella massima serie dell’automobilismo. Scattava da 0 a 100 km/h in 2,8 secondi, toccava i 312 km/h e adottava freni carboceramici. Una follia.
La folle Espace F1 da 800 cv, mossa dal V10 3.5 delle monoposto Williams-Renault
http://youtu.be/JIJSA4Hrllo
La terza serie (1996-2002)
Più lunga, più larga, più filante e più aggressiva della precedente generazione. Un vero e proprio cambio di passo (da 2,58 a 2,70 m) cui s’accompagnò il debutto della versione “lunga” (4,79 m complessivi e interasse di 2,87 m) ribattezzata GrandEspace (1998). La disposizione del motore divenne trasversale anziché longitudinale, a tutto vantaggio dell’abitabilità, la carrozzeria si confermò in vetroresina. Un’ultima concessione a Matra, che nel 2003 cessò la produzione d’Espace per dedicarsi alla monovolume sportiva Avantime. Una mossa azzeccata quanto la profezia Nokia secondo la quale gli smartphone non avrebbero mai avuto successo.
Dalla quarta serie a oggi (2002-2014)
Un ulteriore salto in… lungo. Il pianale deriva dalla berlina Laguna, la linea torna ad accarezzare gli spigoli, sebbene in chiave decisamente più moderna rispetto alla prima serie. Interamente costruita presso gli stabilimenti Renault di Sandouville, vede la carrozzeria abbandonare la vetroresina in favore del più convenzionale acciaio, con conseguente aumento delle masse nell’ordine dei 70 kg, mentre la scocca rinuncia alla tradizionale zincatura in bagno liquido. Disponibile inizialmente anche in versione GrandEspace, è stata oggetto di un sostanzioso restyling nel 2012 (tuttora a listino) che ne ha rinfrescato le forme e ha fatto piazza pulita della variante a passo corto. Lunga 4,86 m, può vantare sino a 7 metri quadri di superfici vetrate: c’è di che far impallidire il Palazzo di vetro dell’ONU!