Convenzionale quanto un viaggio di nozze sulla luna. Scontata come la stretta di mano tra Arafat e Rabin. Tradizionale al pari della cucina molecolare. Citroën C4 Cactus è il futuro… senza guardare al passato. Anticonformista tanto nelle linee quanto nelle soluzioni interne, rinuncia a tutto senza rinunciare a nulla. Ovvero si spoglia di quasi 200 kg di “zavorra” rispetto alla berlina C4 dalla quale deriva, compiendo un vero e proprio salto generazionale sotto il profilo del comfort e del design. L’abitabilità anteriore è tanto generosa da insidiare la monovolume di famiglia C4 Picasso, con la quale condivide la predilezione per uno stile di guida tranquillo, da buon padre di famiglia. Prezzi da 14.950 euro (1.2 VTi 75 cv Live) a 21.750 euro (1.6 e-HDi 92 cv ETG6): inferiori, a parità di dotazioni, di circa 3.500 euro a C4 nonché tra i più convenienti della categoria. Chapeau! LIVEPiacerebbe a Papa Francesco! In un’epoca nella quale l’abbondanza sfocia nel superfluo, la crossover francese va controcorrente liberandosi di tutto ciò che non è essenziale. A cominciare dalla plancia, i cui ingombri sono ridotti ai minimi termini. E per avere a che fare con dei comandi tradizionali… è necessario acquistare un’altra auto! L’interfaccia è 100% digitale e la stragrande maggioranza delle opzioni viene affidata al display touchscreen a colori da 7 pollici al vertice della consolle. Schermo, quest’ultimo, che permette di gestire climatizzazione, multimedialità, funzioni audio, navigazione, telefono, connettività e assistenza alla guida. Vita dura per l’air bag del passeggero, “sfrattato” lungo il padiglione onde garantire agli arti inferiori una libertà di movimento fuori dal comune. Obiettivo – centrato – cui contribuiscono il portaguanti ad apertura verticale e – optando per la trasmissione robotizzata ETG – la scomparsa della tradizionale leva del cambio, sostituita dai pulsanti D (Drive), N (Neutral) e R (Reverse), dislocati nella parte bassa della plancia, che lavorano in abbinamento ai paddle al volante per la selezione dei rapporti.Se da un lato il passo di 2,60 metri è identico a C4, dall’altro la lunghezza di 4,16 m rende Cactus una vettura estremamente compatta: 17 cm più corta della berlina dalla quale deriva e solamente 8 cm più grande della piccola monovolume C3 Picasso. Una caratteristica che non inficia l’abitabilità, ma che inevitabilmente incide sulla capacità di carico. La capienza del bagagliaio dell’originale crossover francese si attesta infatti a 358/1.170 litri contro i 500/1.506 litri della citata C3 Picasso e i 408/1.183 litri di C4. Valori inferiori alla rivale diretta – di dimensioni pressoché analoghe – Renault Captur (455/1.245 l), sebbene in linea con Peugeot 2008 (360/1.194 l). Vano di carico peraltro caratterizzato da una soglia di carico decisamente alta e dall’impossibilità di ampliarne la capienza frazionando il divanetto: lo schienale dei sedili posteriori è in pezzo unico (!) e il relativo abbattimento non consente, in ogni caso, di godere di un piano di carico perfettamente piatto.Luci e ombre quanto a posizione di guida: lo sterzo è adattabile esclusivamente in altezza – una soluzione decisamente low cost – mentre i sedili sono regolabili manualmente in longitudine, altezza e nell’inclinazione dello schienale, progressiva anziché la meno precisa configurazione a scatti. Non è contemplata la possibilità di personalizzazione lombare. Le plastiche sono gradevoli, gli assemblaggi di buona qualità, ma non è previsto un “accessorio” comune a vetture di questa categoria: il contagiri! Un po’ come privare Belén Rodríguez della celebre farfallina tatuata: non viene meno la sostanza, però… Protagonisti indiscussi a livello estetico sono gli Airbump, ovvero i rivestimenti in poliuretano termoplastico integranti capsule d’aria collocati lungo le fiancate e in corrispondenza dei paraurti, capaci di assumere una valenza sia stilistica sia funzionale: da un lato proteggono carrozzeria e gruppi ottici dai piccoli urti – riducendo i costi di riparazione –, dall’altro possono essere personalizzati nei colori. Meno rivoluzionari, ma altrettanto moderni, i sedili anteriori sofà – in abbinamento al solo cambio ETG –, sviluppati seguendo le linee guida dei mastri tappezzieri. Discreta, considerando le dimensioni compatte della vettura, l’accoglienza riservata agli occupanti del divanetto: beneficiano di uno spazio per le gambe più generoso rispetto alla berlina C4, ma lamentano – qualora di statura superiore alla media – fastidiosi contatti tra capo e cielo della vettura.La propensione alla modernità non poteva limitarsi all’aspetto “hardware”. C4 Cactus può infatti contare sui servizi opzionali Citroën Multicity Connect che includono una serie di applicazioni in grado di condurre alla stazione di servizio più vicina, cercare hotel o ristoranti mediante TripAdvisor e informare interattivamente sulle condizioni del traffico, anticipando le necessità del guidatore. Non mancano l’assistenza al parcheggio (optional), la telecamera in retromarcia (di serie per l’allestimento top di gamma Shine) e il sistema di localizzazione e soccorso in caso d’incidente.
Non è una scelta povera. Tutt’altro. Il citato 1.2 e-THP da 110 cv – 3 cilindri in linea di 1.199 cc a iniezione diretta di benzina (pressione massima di 200 bar) sovralimentato mediante turbocompressore – è pronto sin dai regimi più bassi, pressoché scevro da turbo lag e con una buona propensione all’allungo. Progressivo e privo di buchi d’erogazione, offre il meglio ai medi – grazie a una coppia di 205 Nm (20,9 kgm) – non facendo rimpiangere i propulsori turbodiesel. Un “frullino” degno del massimo rispetto, in grado di tenere testa al pluripremiato 1.0 EcoBoost Ford e di spingere la crossover francese da 0 a 100 km/h in 9,3 secondi toccando i 188 km/h. Un’unità raffinata, caratterizzata dalla collocazione centrale degli iniettori rispetto alla camera di combustione e da tre immissioni di carburante per ogni ciclo onde ottimizzare il rendimento termico. Ne conseguono – complici la fasatura variabile sia lato aspirazione sia lato scarico e una certosina riduzione degli attriti rispetto alla versione aspirata – una percorrenza media di 21,7 km/l ed emissioni di CO2 nell’ordine dei 107 g/km.L’alternativa TD? Il 1.6 e-HDi da 92 cv, evoluzione di una vecchia conoscenza per il gruppo Psa (Peugeot-Citroën), ovvero del noto 4 cilindri in linea common rail di 1.560 cc dotato di turbocompressore a geometria fissa. Le novità più interessanti, in tal caso, consistono nella “perdita” delle valvole, passate da 4 a 2 per cilindro, e nell’adozione della tecnologia e-HDi. Ovvero di un sistema Stop&Start di seconda generazione forte di un alternatore reversibile a doppia funzione: generatore durante la marcia, motorino d’avviamento dopo la sosta. Il quadricilindrico non si spegne così a veicolo fermo, bensì appena scesi sotto gli 8 km/h. Ragione per cui tale tecnologia è definita “microibrida”. Un’unità prodiga di coppia – 230 Nm (23,5 kgm) sin da 1.750 giri/min –, dall’allungo non eccezionale ma, in compenso, da record nei consumi: percorre mediamente 28,6 km/l. È astemio! L’effetto ubriachezza, del resto, è affidato alla trasmissione robotizzata a 6 marce ETG6, lenta e tutt’altro che impercettibile negli innesti…Completano la gamma propulsori il 3 cilindri in linea benzina aspirato 1.2 12V VTi – offerto negli step da 75 e 82 cv – e la variante BlueHDi da 100 cv, omologata Euro 6, del 4 cilindri 1.6 TD. Versione, quest’ultima, caratterizzata dalla tecnologia SCR (Selective Catalytic Reduction) e dall’iniezione d’urea (leggi qui il nostro approfondimento tecnico) per la trasformazione degli ossidi di azoto (NOx) in innocui vapore acqueo (H2O) e azoto (N2).