La Suzuki Swift sarà anche piccola fuori, ma una volta a bordo si scopre come abbia poco da invidiare in fatto di abitabilità alle rivali più cresciutelle. Il posto di guida appare ben studiato, con il sedile alla giusta distanza dal pavimento, un sacco di spazio sopra la testa e una triangolazione corretta con la pedaliera e il volante. Anche i posti posteriori non sono affatto sacrificati, una cosa sorprendente considerate le dimensioni esterne della carrozzeria e il fatto che il bagagliaio ha comunque una capacità di 265 litri. L’unico suo neo è il notevole dislivello tra la soglia e il piano, che può complicare un po’ le operazioni quando si trasportano oggetti grossi e pesanti.
Girotondo
Una volta in movimento la Suzuki Swift impressiona subito favorevolmente con una grande maneggevolezza. Il diametro di sterzata contenuto consente di muoversi con grande disinvoltura negli spazi stretti. Quando poi c’è da fare manovra in retromarcia entrano in campo sensori e retrocamera, che rendono superfluo allungare il collo come le giraffe per capire cosa stia accadendo alle spalle.
Tre è davvero il numero perfetto?
Nel giro di qualche centinaio di metri è il motore a catalizzare l’attenzione. Il tre cilindri di Hamamatsu ha un tono di voce sommesso e sfodera una buona vivacità sin dai bassi regimi. Già attorno ai 2.000 giri la spinta si fa infatti consistente e quando si passa al rapporto superiore a orecchio si ricade in una fascia di erogazione favorevole. Volendo si possono anche tirare le marce e il tempo di 12,5 secondi nello 0-100 (che scendono a 11,9 per variante CVT) dà una misura concreta di una discreta brillantezza. Il fatto però che da un certo punto in poi il rumore cresca più della spinta suggerisce di non seviziare troppo la meccanica. Se trattata con i dovuti riguardi, la Swift ripaga la gentilezza con consumi molto contenuti. Giusto per dare un’idea, guidando con piede felpato su un percorso extraurbano nella campagna francese ho fatto 23 km/litro. E un plauso va anche al cambio, che ha un’ottima manovrabilità.
Purtroppo non ho potuto provare la Suzuki Swift CVT, che ha anche i paddle al volante per una gestione manuale. Sarei infatti stato curioso di testare questa nuova trasmissione e dall’altra avrei voluto toccare con mano il suo affiatamento con gli ADAS. A parte l’irritante insistenza con cui i cicalini richiamano al tassativo rispetto dei limiti di velocità, ribellandosi all’idea che i cartelli possano essere interpretati come “suggerimento” e non proprio come “obbligo”, cruise control adattivo e mantenimento di corsia mi sono parsi davvero ben calibrati. Il primo regola con efficacia la velocità in base alla distanza di sicurezza impostata anche lontano dalle autostrade. Il secondo corregge la traiettoria in modo tanto dolce quanto efficace pure quando la strada accenna a una curva.
E a proposito di curve, la nuova Suzuki Swift mostra di essere a suo agio anche nel misto, grazie a un assetto ben controllato. Entra in curva senza esitazioni, percorre le traiettorie con grande pulizia e non si scompone nemmeno in casi di rilasci improvvisi o di brusche correzioni. In ogni frangente resta docile ai comandi di uno sterzo che trova il giusto compromesso tra leggerezza, rapidità e feedback dato al pilota. Il dazio da pagare è qualche contraccolpo sulle malformazioni più marcate dell’asfalto, che turbano anche una silenziosità altrimenti ottima.
Promesse mantenute
Tirando le somme, la Suzuki Swift si rivela una vettura che mantiene alla prova dei fatti quanto promette la scheda tecnica. Con la sua piacevolezza e la sua agilità, questa giapponesina ricorda una volta di più come una massa contenuta sia la scelta vincente, che si tratti di accelerare, svoltare o rallentare.