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Youngtimer – Audi 80, come si diventa premium

Un’auto di qualità assoluta, che raccoglie meno di quanto meriterebbe ma che segna la svolta per il marchio tedesco

Quella che state per leggere è la classica “spacconata” da bar, anche se il luogo in cui viene pronunciata è, secondo leggenda, l’officina Audi media dell’epoca. “Ci puoi anche fare 1.000 km in prima marcia al limitatore, tanto non la rompi”. Oggetto del discorso, l’Audi 80, berlina e station wagon media prodotta fra il 1986 e il 1994 (dunque youngtimer a pieno diritto), prima della prima generazione di A4. Nessuno, si spera, ha mai seguito l’iperbole, più che altro per il suo bene, ma in quelle poche parole sta tutta la sostanza di un prodotto che non riscuote il successo delle contemporanee BMW Serie 3 e Mercedes 190, ma che soddisfa su tutta la linea chi la compra.

Chi va piano

Tutti tutti soddisfatti, in realtà, non lo sono. Anzi, è probabile che la provocazione dei 1.000 km di cui sopra nasca (anche) dalle lamentele di qualcuno non esattamente entusiasta delle prestazioni.  Non si fa fatica a capire il perché, del resto. La 1.600 a benzina è accreditata di 75 CV, mentre la 1.800 è disponibile in due varianti: 90 e 112 CV. L’Audi 80 c’è anche con motore turbodiesel, un 1.600 turbo da 80 CV,  a iniezione meccanica e ovviamente indiretta. Pensate quanta strada è stata fatta…

E chi va fortissimo

Se l’Audi 80 resta negli annali per la sua robustezza e affidabilità, è anche vero che diventa famosa nel mondo grazie a una versione che invece incarna la sportività più estrema. Stiamo parlando ovviamente della RS2. Si tratta della prima RS (RennSport) by Audi, oltre che dell’auto che inaugura la fortunata saga delle station wagon iper sportive. A lasciare il segno, della RS2, sono molte cose. Esteticamente, rimangono impressi i cerchi della Porsche 911. Un dettaglio che rivela un aspetto tecnico fondamentale: sono gli ingegneri Porsche a tramutare una normalissima familiare nel peggior spauracchio di Lancia Delta Integrale, Ford Escort RS Cosworth e, paradossalmente, anche di qualche 911, se non altro nelle versioni meno potenti.

Il mitico 5 cilindri

Protagonista indiscusso di questa macchina è il suo motore: un 5 cilindri in linea a benzina di 2,2 litri di cilindrata, spremuto a più non posso mediante la sovralimentazione. Il risultato sono i 315 CV di potenza, per 262 km/h di velocità massima e 4,8 secondi per scattare da 0 a 100 km/h. A contenere tanta esuberanza provvedono i freni Brembo, le sospensioni riviste e alla trasmissione specifica messi a punto direttamente da Porsche.

L’architettura “giusta”

La 80 generazione B3 (quella appunto del 1986) è uno dei primi passi verso la “nuova Audi” anche perché getta le basi per uno degli elementi chiave del successo del marchio tedesco. Quale? La trazione integrale. In realtà, il merito non è al 100% della B3: fin dalla prima generazione, la B1 del 1972, l’Audi 80 ha il motore montato longitudinalmente (davanti), ma la trazione è solo anteriore. Il 4×4 arriva con la B2, ma è la B3 che porta questo elemento a diventare uno dei tratti distintivi dei Quattro Anelli. La 80 si può avere a trazione integrale con i seguenti motori: 2.0 da 115 CV, 2.0 16v da 140 e 2.8 V6 da 174. Per i meno tecnici: il motore montato in senso longitudinale permette un allineamento ideale con l’albero di trasmissione e quindi il presupposto migliore per lo schema a tre differenziali che ha contribuito a fare la fortuna del marchio. Detto questo, successivamente la trazione integrale (con frizione Haldex) arriva anche sulla A3 (poi anche su Q2, Q3, etc.), che invece il motore ce l’ha trasversale.

Iniezione diretta

Un altro ottimo motivi per ricordare l’Audi 80 si chiama iniezione diretta. Adottata sul TDI, rappresenta la prima volta di un turbodiesel a iniezione appunto diretta (con pompa rotativa) della storia del Gruppo Volkswagen. Questa soluzione viene adottata in occasione del restyling del 1991. La scheda tecnica riporta 90 CV di potenza e 18,1 km/l di consumo medio: numeri oggi quasi “ridicoli”, ma quasi incredibili all’epoca. Soprattutto, qui si gettano le basi per quella che diventerà una tecnologia fondamentale per tutto il Gruppo tedesco, nonostante poi venga adottato l’iniettore pompa e, in una fase ancora successiva, il common rail.

Qualità al top

L’Audi 80 è anche fatta bene, benissimo. Negli anni Ottanta, se si parla di qualità, BMW e ancor di più Mercedes sono il punto di riferimento, nel percepito. Eppure chi sale su un’Audi 80 B3 e B4 non può non ricredersi e mettere i Quattro Anelli sullo stesso piano degli altri due marchi tedeschi. Qualità dei materiali, precisione dell’assemblaggio, solidità dell’insieme: un mix tale per cui il tempo e i chilometri, per questa macchina, sembrano non passare mai.

La Cabrio e la S2

Se la RS2 rappresenta l’apice dell’Audi 80, ci sono altre due versioni fatte apposta per gli appassionati: una è la Cabriolet, del 1991. Dotata di una capote in tela molto curata, al fine di garantire il massimo comfort, rimane in commercio fino al 2000. Ben più sportiva la S2: la base del motore è la stessa di quello della RS2, quindi 2,2 litri di cilindrata, 5 cilindri turbo, ma meno spinta: eroga infatti 220 CV. Dotata di trazione integrale, la S2 è disponibile con carrozzeria berlina, Avant e coupé.

 

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