Anno 2019, le coupé sono una razza in via d’estinzione. Le poche aziende che ancora ci credono è perché godono dello status di premium. 30 anni fa, invece, una coupé non se la negava nessuno, nemmeno Opel. Così, su base Vectra (la “mamma” dell’Insignia), ecco la Calibra. Il suo debutto davanti al pubblico è datato 1989, Salone di Francoforte. L’accoglienza è subito molto calda e a Rüsselsheim capiscono al volo di aver colto nel segno. A dar loro certezza sono i numeri: nel 1997, quando la Calibra esce dal listino, gli esemplari venduti sono 238.647. Una cifra importante, a cui la vittoria del campionato ITC, sorto sulle ceneri del glorioso DTM, nel 1996, fa da classica ciliegina sulla torta.
Una linea ancora attuale
A guardarla, la Calibra, si capisce che ha qualche annetto sulle spalle. Provate però a fare un sforzo di immaginazione. A pensarla, cioè, con delle luci diurne a led a incorniciare gli affilatissimi fari anteriori. Mettetele i led anche nei fari posteriori e poi regalatele cerchi da 2 o 3 pollici in più di diametro.Le dareste ancora 30 anni? Difficilmente, perché queste linee potrebbero essere usate come illustrazione del concetto ”design che non invecchia”. Non che debba piacervi per forza, sia chiaro, ma il fatto che le sue forme fossero “avanti” è oggettivo.
Dentro, qualche ruga si vede eccome
Lo stesso discorso non si può certo fare quando si apre la portiera: la parentela con la Vectra è molto stretta e la plancia è identica. Il design è decisamente anni Ottanta e, a dirla tutta, la qualità non è quella che ti aspetti da una tedesca. Non tanto per i materiali, coerenti con il prezzo di listino – alla portata di molti, se non di tutti – quanto per la solidità, per l’accuratezza dell’assemblaggio. Bastano infatti pochi anni di vita per far emergere scricchiolii piuttosto forti.
Velocissima grazie a un’aerodinamica da record
Che la Calibra sia avanti lo dice anche un altro numero: 0,26, riferito al Cx, ovvero il coefficiente di penetrazione aerodinamica. Valore fondamentale per ridurre i consumi, ma anche per toccare punte velocistiche ragguardevoli, in rapporto alla potenza.Ok, in un’epoca di Tutor come la nostra questo dato lascia il tempo che trova, ma 30 anni fa, pur in presenza di limiti di velocità, il cliente medio era decisamente più sensibile al “quanto fa”. Anche perché, è inutile nasconderselo, con controlli molto meno frequenti vigeva una certa “anarchia” sulle autostrade italiane… Per capire meglio di cosa stiamo parlando, la 2.0 turbo da 204 cv tocca i 245 km/h di punta.
Motori sempre più potenti
Quando viene lanciata, la Calibra offre un fiacco, anche nel 1989, motore 2.0 a benzina da 115 cv. Per fortuna, già nel 1990 arriva il 2.0 16 valvole da 150 cv e, poco dopo, la trazione integrale, che chiama in causa l’asse posteriore solo quando le ruote davanti non riescono a scaricare la potenza sull’asfalto.La prima vera Calibra sportiva è però la già citata 2.0 turbo, accreditata di 204 CV, affidati al 4×4. Uno step importante è quello del 1994, quando Opel regala alla Calibra un 2.5 V6 da 170 CV. L’architettura con 6 cilindri a V, guarda caso, è quella della macchina da competizione con cui Manuel Reuter, nel 1996, vince il campionato ITC.
Un successo che coglie di sorpresa
Il fatto che la Calibra rappresenti un successo commerciale l’abbiamo già visto. Vale la pena però tornarci. Sì perché la stessa Opel viene colta di sorpresa e impreparata: inizialmente, infatti, allestisce una linea di produzione da 20.000 auto l’anno. Le richieste però sono clamorosamente più elevate e quindi l’azienda tedesca si vede costretta a coinvolgere anche la svedese Valmet per produrre altre 60.000 unità nei suoi stabilimenti.Il mercato più importante? La Germania. Secondo UK, terza l’Italia, seguita da Spagna e Francia. Gli ottimi risultati ottenuti dalla Calibra diventano eccellenti se si pensa che in quegli anni la concorrenza è agguerrita: le rivali sono tante e “qualificate” e rispondono al nome di Honda Prelude, Mitsubishi Eclipse, Nissan 200X e Fiat Coupé.