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Prova Husqvarna Vitpilen 701. Mono cilindro, doppio gusto

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Non sono molte le Case che sono riuscite a mettere su strada una motocicletta che fosse praticamente uguale al prototipo che l’ha anticipata.

Ma se prendete il concept della Husqvarna Vitpilen 701 presentato a EICMA 2015 e ci mettete a fianco quella che abbiamo guidato a Barcellona, vi accorgerete che, targa e specchietti a parte, sono davvero molto simili. L’operazione non era facile, soprattutto perché chi l’ha disegnata ha lasciato che fossero l’originalità e l’armonia delle linee a muovere la sua matita, cosa che di solito fa imbufalire gli ingegneri che devono poi tradurre un disegno affascinante in un oggetto dinamicamente convincente ed economicamente interessante…

Senza vie di mezzo

Per dirla come gli Husky Boys: “Simple. Progressive“. Slogan che in realtà racconta della Vitpilen 701 anche qualcosa in più, ispirato sì dalla pulizia e apparente semplicità delle linee ma anche dalla tecnologia di cui è figlio il motore.

E, nelle sfrontate intenzioni di colui che vuole portare il marchio svedese a diventare la terza forza europea (quel Pierer padre padrone di Husky, KTM e WP), la Vitpilen 701 deve “rappresentare l’essenza del motociclismo e di ciò che dovrebbe tornare a essere“.
Semplice ma innovativo: una sorta di paradosso per definire il futuro. Audace…Così è la Vitpilen 701, che o la ami o non la puoi guardare, come di fronte a un oggetto di design. A me era piaciuta dal primo momento, in versione concept, e dal vivo l’infatuazione non si è spenta, anche se tanta linearità e pulizia è un po’ inficiata dai tubi e cablaggi intorno al motore.

Fatta molto bene

Sotto questo aspetto la Vitpilen 701 è superiore a molte motociclette della stessa fascia (alta) di prezzo. Belli i materiali di sella e guscio del serbatoio, ben rifinita, anche i supporti dei comandi a pedale (una cartina di tornasole come i bagni dei ristoranti) sono curati e lontani anni luce da certe piastre stampate, la componentistica è di pregio con sospensioni WP completamente regolabili e freni Brembo con pinza radiale a quattro pistoncini all’anteriore, frizione idraulica antisaltellamento e cambio con quick shift up&down, leve a due dita regolabili, luci full LED e un tappo del serbatoio che appaga occhi e tatto.
Unico neo i blocchetti dei comandi elettrici, non all’altezza del livello generale. Personalmente ho trovato poco leggibile la strumentazione, un po’ sacrificata nelle dimensioni rispetto allo spazio offerto dallo strumento (a LCD tradizionale quando oggi la soluzione TFT è quasi un must…).

Parente stretta del “duca”

La base meccanica della Vitpilen è quella della KTM 690 Duke, mossa dall’ultima versione dello storico LC4. Raffinatissimo motore monocilindrico raffreddato a liquido da 690 cc, twin spark, con due contralberi di equilibratura e dal peso di soli 43,4 kg. Numeri interessanti sono anche i 75 cv di potenza massima a 8.500 giri e i 72 Nm di coppia massima a 6.750 giri, con frizione idraulica Magura APTC antisaltellamento.Il pacchetto elettronico contempla acceleratore ride by wire, controllo di trazione e ABS a due canali Bosch 9M+ disinseribile. Di serie c’è anche il quick shift (in Husky lo chiamano easy shift) che agisce sia in salita sia in scalata.
Il telaio è un traliccio in acciaio CrMo (pesa solo 11 kg!) e il forcellone ha la classica struttura con nervature a vista (biglietto da visita per tutte le moto del gruppo). Delle sospensioni WP – fatte in casa – abbiamo già detto, aggiungiamo che hanno escursione di 135 mm e regolazioni esterne (sui tappi della forcella ci sono i registri di compressione e ritorno). L’impianto frenante Brembo ha disco singolo da 320 mm davanti e da 240 mm dietro, quest’ultimo morso da una pinza a un pistoncino. I cerchi sono a razze in lega da 17″ e montano gomme Bridgestone Battlax da 120 e 160.Il peso della Vitpilen 701, senza carburante, è 157 kg.

Non è tutto

Come abitudine, anche il catalogo accessori dedicati alla roadster Husqvarna è ricco e contempla sia parti speciali come le ruote a raggi e lo scarico slip-on Akrapovic, sia elementi estetici come specchietti bar-end, pedane, parti lavorate CNC e un portatarga da applicare nella classica posizione sotto sella per chi patisse il senso di vuoto che accompagna il retrotreno; ma ci sono anche borse morbide posteriori e da serbatoio.

DRIVE

Era un bel po’ che non ci sedevamo su una monocilindrica. E, abituati come siamo a guidare motociclette di altro genere, la sensazione di leggerezza che la Vitpilen ci ha trasmesso non appena sollevato il cavalletto è stata inaspettata. 157 kg in effetti sono pochi e, se accompagnati sullo stesso piatto a un contorno di 75 cv e 72 Nm, la portata si preannuncia tutta da gustare…

Traffico, se lo conosci lo eviti

La sella a 830 mm da terra (chi è un po’ più basso del mio metro e ottantadue non riuscirà a piantare entrambi i piedi a terra) e la presenza dei semi manubri determinano una posizione di guida piuttosto caricata sull’avantreno. Condizione che, unita al naturale carattere del mono, che è più contento se lo si fa girare sopra la tacca dei 3.000, rende la guida nel traffico di Barcellona poco entusiasmante ma comunque efficace, grazie all’agilità e agli ingombri che ci permettono di essere sempre in prima fila ai semafori. Mi diverto anche a cambiare con l’easy shift (la cui dolcezza è proporzionale alla correttezza del regime di cambiata), in attesa di saggiare la frizione antisaltellamento fuori città…

Fuga dalla città

Ora si ragiona. Costeggiato il mare in direzione nord, puntiamo verso lande montuose e strade tortuose. Per uscire da Barcellona percorriamo asfalti a scorrimento veloce, la Husky li digerisce senza problema, le vibrazioni sono accettabili (a patire sono solo gli specchietti, che invece di figure nitide riflettono simpatici disegni geometrici), la protettività è esattamente quella che ci si aspetta da una moto a faro nudo e la velocità di crociera tranquillamente intorno ai 150 km/h.
Dopo una mezz’ora entriamo nel parco della Serralada Litoral, una zona che ben conosco perché già teatro di lanci stampa. Curve raccordate, anche veloci, fra cui guidare con la moto che passa più tempo piegata che dritta. Si sale da un versante e si scende dall’altro, per poi spostarsi dieci minuti in superstrada e affrontare un altro anello di montagna (che abbiamo ripetuto quattro volte per plebiscito). Una goduria, ci divertiamo come dei bambini e il merito è tutto della Vitpilen…
Agile, con un motore potente quanto basta e una progressione vigorosa, che ti permette di non pensare troppo al cambio. Rigorosa e in grado di instaurare un sincero rapporto di confidenza. Merito dell’avantreno preciso e stabile, del lavoro delle sospensioni (più a loro agio qui che in città) e della posizione di guida. Ma anche le gomme sono all’altezza.Se nelle prime curve davo gas in uscita, man mano che salivo mi accorgevo che potevo aprire sempre prima e in cima mi trovavo a girare il gas già a centro curva perché l’erogazione non è brusca e ben gestita dalla ciclistica.

Alto giro, altra corsa

Arrivati in cima, siamo solo a metà del divertimento. E anche la discesa regala sorrisi. Qui mettiamo alla prova freni e frizione antisaltellamento, che si guadagnano la promozione a pieni voti. L’anteriore da 320 con pinza radiale è notevole: potente ma non aggressivo, è ben modulabile e lo si può tenere in mano anche in ingresso (qualcuno vorrebbe più mordente, ma a me sta bene così…). Ottima anche la frizione idraulica APTC, che pur tartassando il cambio con scalate arroganti mi tiene sempre la gomma ben attaccata all’asfalto. La Vitpilen si lascia buttare giù a destra e sinistra e ubbidisce docile. L’avantreno si conferma solido anche caricato dalla discesa e l’adrenalina della guida alza la temperatura corporea. E a ogni giro in più sul nostro mini-mountain, cresce la confidenza e sale la velocità.
Ecco, sebbene, presentata come una motocicletta accessibile e capace di parlare non solo ai motociclisti, è proprio ai più smaliziati che regalerà le soddisfazioni maggiori. Ricordo ancora quando, in piedi di fronte al concept della Vitpilen 701, a EICMA nel 2015, ci chiedevamo come Husqvarna sarebbe riuscita a mettere su strada quella idea (che mi piaceva un sacco). Beh, non solo lo ha fatto senza stravolgere il concetto ma lo ha fatto molto bene, trasformando un oggetto di design in un missile a due ruote.

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