RIDE
220 chilometri di test, su strade di ogni tipo. Un milione di curve. Quando organizza i percorsi Yamaha picchia duro e fa bene. Le moto vanno provate così. Certo che con una naked fare tutta questa strada può essere controproducente. Non con la Yamaha MT-10, però. Partiamo con la posizione di guida: le variazioni non stravolgono la moto ma la orientano un pelo più verso il mondo Streetfighter. Un po’ più alta la sella, un pelo più sostenuto il mono, la postura del pilota è leggermente ruotata in avanti, a caricare maggiormente il manubrio (che non è cambiato). Resta una posizione fantasticamente centrata e solo un filo più aggressiva senza mai risultare stancante. Quello che se ne ricava è una sensazione di controllo totale. E, come sulla precedente versione, il bilanciamento della Yamaha MT-10 è praticamente perfetto. Esci dall’albergo e hai già voglia di giocare, un paio di rotonde e capisci che quella che ti aspetta sarà un gran bella giornata.
Bipolare
Questa moto è realmente bipolare e porta nel mondo a 4 cilindri quello che la KTM Super Duke fa tra le bicilindriche, evolvendo il concetto “Radical & Practical” che Yamaha lanciò per la prima MT-10. È tamarra quando vuoi, paciosa quando vuoi. Va forte, tanto, oggi anche più di prima, nonostante i rapporti allungati. Ma è anche regolare ai bassi, se usi il power mode 4 in città è morbida come un gattino. Poi spinge come un toro ai medi e ha un allungo da sportiva, se stacchi l’antiwheelie (che lavora bene…) si alza in prima e seconda di gas, in terza di frizione concedendosi impennate interminabili a velocità sconsiderate. Se volete liberare l’hooligan che c’è in voi, avete trovato la compagna giusta. Poche altre moto al mondo assecondano l’impennata come lei.
Sa essere tranquilla
Poi però quando scende “la scimmia” (ma non è così facile) puoi andarci a spasso tranquillamente anche per ore, senza stancarti. Ci sono streetfighter più sportive, più “pistaiole” di lei? Sì, questo è certo. Ma quello che piace della Yamaha è l’amalgama perfetto tra prestazioni, emozione, efficacia di guida e usabilità. Il motore è azzeccatissimo, la personalità del 4 in linea a scoppi irregolari è unica e il sound esaltante, anche con l’Euro5. L’erogazione non è da meno: il CP4 spinge inizialmente morbido ma sempre consistente, anche perché la rapportatura era e resta corretta, il dente in meno di fatto viene compensato dalla maggior spinta del motore.
Motore esaltante
Poi la spinta cresce, l’unico modo per definire i medi regimi della MT-10 è “esaltanti”; dai 5 agli 11.000 giri è goduria pura per allungo e sound, con l’erogazione che oltre i 10.500 giri tende ad appiattirsi un po’. Le prestazioni sono accompagnate da un cambio che era già bello prima e ora che ha il Quickshifter di serie è quasi perfetto. Molto buono il passo avanti compiuto dall’elettronica: la suite dei controlli lavora molto bene e i 4 Riding Mode (tutti personalizzabili su ogni controllo) sono centrati. Il full ride by wire ha sistemato anche quel pelo di on off che c’era sulla vecchia MT-10, e la modalità PWR 2 del motore è perfetta. Meglio anche la PWR 1 per me prima di fatto quasi inutilizzabile, ora invece gestibile anche se ancora molto aggressiva. Unica pecca il fatto di non poter cambiare Riding Mode in movimento. Si può in realtà modificare il settaggio di motore, controllo di trazione e slide control, entrando nel sottomenu. Ma non l’intero riding mode, operazione che forse sarebbe più semplice.
Il CP4 spinge inizialmente morbido ma sempre consistente, anche perché la rapportatura era e resta corretta: il dente in meno di fatto viene compensato dalla maggior spinta del motore
Cortissima, ma quanto è stabile?
Motore azzeccato al 100% (tanto che mi piacerebbe vederlo anche su altre applicazioni) ma è la ciclistica che colpisce. Come hanno fatto? Leggi i numeri della MT-10, vedi quei 1.405 mm di interasse (5 mm in più di prima perché la corona è più piccola) e pensi a una moto fuori di testa, quasi ingestibile. Però poi la guidi e trovi una moto incredibilmente stabile, rassicurante. Te la senti in mano dopo due metri, ti aizza la cafonaggine dopo tre, fa venire voglia di mangiare le curve una dopo l’altra. Con la Yamaha MT-10 hai sempre la situazione in mano, fa quello che vuoi tu e non ti salta in testa.
Più plastica che rapida
Non è la naked più rapida del mondo a tuffarsi alla corda o a cambiare direzione, le inerzie del motore CP4 e del suo albero motore pesante si sentono, ma certo non è lenta. La definirei “plastica”, nel senso che non ti scappa da sotto quando imposti la curva ma ci entra rotonda, rassicurante. Questo nonostante le Bridgestone S22 abbiano profili piuttosto appuntiti (soprattutto l’anteriore). Poi è rassicurante in percorrenza e anche meglio piazzata in accelerazione. Gli interventi sul mono e la piccola rotazione in avanti della moto fanno sì che si “sieda” meno quando prendi in mano il gas, cosa che era un po’ il punto debole della MT-10 precedente. In effetti quello che percepisci è che la meccanica della MT-10 è sana, solida, la rigidezza strutturale che è caratteristica della R1 qui la ritrovi tutta, così come trovi la perfetta connessione gas-ruota posteriore. L’elettronica? Fa tutto bene, entra in gioco quando esageri, ma non è la protagonista. Per fortuna.
Non è la naked più rapida del mondo a tuffarsi alla corda o a cambiare direzione, le inerzie del motore CP4 e del suo albero motore pesante si sentono, ma certo non è lenta. La definirei “plastica”, nel senso che non ti scappa da sotto quando imposti la curva ma ci entra rotonda, rassicurante
Comfort
Nuova sella e nuova posizione, ma anche nuovo cupolino. Sono cambiati i fattori, non il risultato, visto che la Yamaha MT-10 era comoda prima ed è comoda anche ora. Lo schiumato della sella è un pelo più sostenuto, ma dopo una intera giornata di guida mai stancante, meglio di prima. La protezione dall’aria offerta dal piccolo flyer è efficace almeno fino ai 150 all’ora, forse un filo meno di prima visto che le spalle sono scoperte. Angolo di sterzo umano e non da MotoGP e freni “pastosi”, certamente validi ma non miracolosi. Un po’ meglio di prima l’anteriore, anche se la leva per me resta sempre un po’ troppo lontana anche nella posizione più vicina. Il posteriore ha invece la corsa un po’ troppo lunga, si fatica a percepire il punto di pressione e per questo motivo l’ABS entra spesso. Elementi che chiudono il quadro di una moto che dinamicamente aveva molti punti di forza. Punti di forza che ha mantenuto, aggiungendo un pizzico di spirito streetfighter in più. Una di quelle moto che ti fanno venire voglia di guidare.