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Prova MV Agusta Brutale Dragster 800

Vi piacciono le moto da sparo? Ecco la MV che fa per voi. In realtà questa “bruciasemafori” è innanzitutto una gustosissima naked. Con un’elettronica di alto livello e l’ABS di serie

Le Castellet (Francia) – Basta moto intelligenti! Il grido risuona nell’aria umida del Paul Ricard, lo storico circuito nel Sud della Francia dove MV Agusta ha schierato le sue tre cilindri sportive: F3 800, Brutale 800 e la nuovissima Brutale Dragster 800. Bellissime. Veloci. Esaltanti. Tecnologiche. E italiane. Sono le paladine di un ritorno alle origini, quando il motociclismo era (anche) sfida alle leggi della fisica e al buonsenso. Molti anni più tardi, oggi: motori ecologici, potenze in calo, semplicità costruttiva e di utilizzo. Emozioni? Poche, pochissime. MV Agusta va controcorrente. Ecco, allora, una gamma che quest’anno si arricchirà con il quattordicesimo modello, e un’azienda che continua a crescere, in Italia e all’estero. In attesa della Turismo Veloce e di un’altra novità – a tre cilindri, dedicata al medio raggio anche in due – è ora il tempo dell’eccesso, di cui la Brutale Dragster 800 è orgogliosamente simbolo. Si capisce dal nome, si intuisce dalle forme, si vive alla guida: sempre “a tutta”, come su una vera moto da sparo, di quelle che si tirano fuori dal box con l’obiettivo di fare rumore, andare forte, passare dal bar e ripartire in impennata. LIVEIn bianco, in grigio avio metallizzato oppure nella livrea militare della special in esemplare unico voluta dal presidente Giovanni Castiglioni: la nuova MV Agusta Brutale Dragster 800 non rischia di passare inosservata. Il merito è di forme molto compatte e di tanti particolari inediti, che la caratterizzano come modello più elegante e allo stesso tempo meglio riuscito della pur apprezzata Brutale 800 da cui deriva. Irriverente nel nome, che ricorda sfide che in pochi istanti polverizzano carburante e pneumatici, dal verde del semaforo alla bandiera a scacchi. Irriverente nel design, con un codino mai così compatto: sparisce quasi, tra la sella scavata e la gomma posteriore gigantesca. Ed è, tuttavia, il fulcro della moto, che sembra addirittura monoposto ma accoglie il passeggero, o meglio la passeggera, “che sia innamorata e abbia il sedere piccolo”. Troneggia il 200/50 Pirelli Diablo Rosso II, pronto per essere consumato sull’asfalto, in piega oppure nel candore del fumo di un infinito burn out. Gli specchi retrovisori integrati rimandano alla Rivale, mentre il portatarga arriva dritto dalla Turismo Veloce: sono tanti, però, i particolari sviluppati appositamente per la Dragster: oltre al codino si notano i supporti delle pedane con le paratie personalizzate; i cerchi, anch’essi firmati Dragster; l’inedita struttura del parafango anteriore, come la palpebra che sovrasta il gruppo ottico anteriore. Del tutto inedita è, poi, la struttura del manubrio: al posto della curva montata su rider della Brutale 800 sono proposti semimanubri regolabili nell’inclinazione, entro un’estensione di 40 mm, pari a 7°. Di già visto c’è innanzitutto il motore, il tre cilindri in linea divenuto simbolo del nuovo corso Agusta, visto che equipaggia nelle due cilindrate ben sette modelli: Brutale 675 e 800, F3 675 e 800, Rivale 800, Turismo Veloce e ora Brutale Dragster 800. Potenza e coppia sono immutate: 125 cv a 11600 giri/min e 81 Nm di copppia a 8600. La piattaforma elettronica, che include l’acceleratore Ride-By-Wire, è la nota MVICS (Motor&Vehicle Integrated Control System): basata sulla centralina Eldor 2.0, si avvale di corpi farfallati Mikuni ma è stata completamente rivista nelle logiche di gestione. I passi avanti già sperimentati sulla Rivale sono stati estesi a tutta la produzione 2014, con miglioramenti che saranno offerti gratuitamente anche ai tutti i possessori delle tre cilindri finora uscite dai cancelli della factory varesina: la promessa è che le lievi irregolarità di funzionamento del Ride-By-Wire diventino un ricordo. Torniamo alla piattaforma MVICS: alle tre mappe pre-impostate (Sport, Normal e Rain) si affianca la Custom, che permette di scegliere secondo criteri personali tutti i parametri di configurazione, dalla risposta al gas al freno motore. Le prestazioni dichiarate sono in linea con quelle della Brutale 800, con 245 km/h di velocità massima. L’impianto frenante Brembo con due dischi anteriori da 320 mm e pinze a quattro pistoncini, invece, propone una grossa novità: l’ABS Bosch 9 Plus (disinseribile), che entra a far parte della dotazione dei modelli 2014.RIDEI primi due aspetti che differenziano la Dragster dalla Brutale 800 non sono affatto di poco conto: i semimanubri e la sella. I primi sostituiscono l’elemento unico della Brutale standard, la seconda ha una forma inedita. Il risultato? Una posizione di guida leggermente diversa, con maggior carico sugli avambracci e la sensazione di un più efficace controllo della moto, e allo stesso tempo qualche sacrificio per quel che riguarda i movimenti longitudinali. La sella, infatti, oltre a essere più scavata, è anche più corta, in particolare nella sezione dedicata al pilota: di conseguenza non è possibile indietreggiare oltre un certo limite. La sensazione di essere inseriti, o per meglio dire “incastonati”, nella moto è molto forte, senza però diventare mai fastidiosa: qualche problema potrebbe sorgere per chi superi il metro e ottantacinque di altezza e per coloro che hanno una corporatura decisamente robusta. Gli altri troveranno nella Dragster tutto lo spazio che serve: né un centimetro in più, né uno in meno.Le prime curve servono per familiarizzare con la posizione in sella e per capire come – e se – la ciclistica della Brutale ha digerito la nuova copertura posteriore 200/50 della Dragster. In effetti qualcosa è cambiato: l’incredibile reattività della tre cilindri è qui leggermente mitigata, anche se resta elevatissima. Rispetto alla concorrenza, infatti, la Dragster è più maneggevole; rispetto alla Brutale 800 lo è appena meno. L’effetto finale appare persino rassicurante. Parte del merito va senza dubbio al lavoro dei tecnici Pirelli, che hanno tratto beneficio dall’esperienza con la Ducati Diavel (monta un 240/55), ottenendo una rotondità d’azione e un’efficacia pregevoli, a dispetto della forma marcatamente “piatta” della copertura /50, grazie probabilmente al corretto disegno del profilo e della carcassa.Un altro punto da verificare è la gestione elettronica del motore, che in MV Agusta dichiarano di aver rivoluzionato: non si tratta di modifiche all’hardware ma del ripensamento della logica del sistema, ciò che gli ingegneri chiamano algoritmo; probabilmente c’è anche un software più evoluto. Ebbene, a dispetto delle critiche – alcune fin troppo severe – incassate dal lancio della prima tre cilindri a oggi, il Ride-By-Wire MV Agusta ora non ha nulla da invidiare alle migliori esperienze della concorrenza, europea o giapponese che sia. Di questo fondamentale passo avanti, come detto, beneficeranno tutte le tre cilindri, comprese quelle vendute negli anni scorsi: pochi minuti di officina per avere a disposizione un sistema da 9 in pagella. Forte di una gestione motore finalmente di alto livello, la Dragster può dedicarsi a fare ciò per cui è nata: in una parola, divertire. Lo fa con immediatezza e con tutta la semplicità di una moto costruita su solidissime basi: ciclistica impeccabile e motore che si presta a qualsiasi impiego. Il tre in linea merita la lode: perché è elastico, riprende da poco più di 1.000 giri in sesta marcia, vanta consumi più che ragionevoli e soprattutto, alla faccia (ancora una volta) delle moto e dei motori “intelligenti”, emoziona! È rumoroso, di meccanica e di scarico; è maleducato, persino cattivo quando serve. Pochi istanti dopo, docile e mansueto. Oggi, gratificato dall’elettronica a punto, è un esempio di industrializzazione riuscita, di ottimizzazione dei costi e soprattutto di carattere, ciò che si chiede (sempre) a una moto italiana e a una MV Agusta in particolare.E l’ABS Bosch di serie? Fa tutto molto bene, così bene che non se ne avverte la presenza. Le condizioni di prova, con l’asfalto prima bagnato dalla pioggia e poi disseminato di chiazze umide, hanno permesso di verificare il riuscito innesto del dispositivo anti-bloccaggio sull’impianto frenante Brembo di chiara impronta sportiva. C’è stato il tempo anche per due turni in pista, tra i cordoli di una delle configurazioni di tracciato offerte dal mitico Paul Ricard di Le Castellet: la Dragster ha messo in mostra, in un contesto teoricamente ostico, la stessa facilità e precisione evidenziate nella guida stradale, non disgiunte da un sorprendente rigore lungo le curve più veloci. Alla prova dei fatti, la tre cilindri che completa la gamma Brutale – sempre che non arrivi una Dragster R da 148 cv, quelli del motore montato sulla F3… – è una naked pura, proprio come la prima Brutale quattro cilindri. E come quella, anche la Dragster è dedicata ai motociclisti che non amano i compromessi. Le mezze stagioni. Le moto intelligenti di nome e noiose di fatto. Pazienza, quindi, se rispetto al listino della Brutale 800 ABS (11.680 euro) la nuova “bruciasemafori” costa parecchio di più, 13.490 euro. Piacerà lo stesso. Tanto. E ora andiamo a consumare le gomme!

 

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