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Prova Yamaha R1 e R1M 2020

Estetica ritoccata, tecnica aggiornata più di quel che si possa pensare. La R1 2020 vuole dare ancora più soddisfazione a chi ha la pista come obbiettivo primario. Non cambia il DNA ma tutto è più raffinato e performante. Ancora 200 cv per il motore, che però ora è omologato Euro5

RIDE

Se vi aspettate rivoluzioni o una moto cambiata completamente non vi scomodate a leggere l’articolo. Yamaha ha lavorato in modo “gattopardesco”, evolvendo parecchi dettagli ma mantenendo intatta l’anima del modello e anche le prestazioni. E questo, va detto, è un risultato eccellente, perché la mannaia dell’euro 5 non è da sottovalutare e mantenere performance – ci vorrebbe un banco per verificare effettivamente se è così, ma la percezione è che la R1 non abbia affatto perso smalto – e sensazioni di guida come quelli della moto precedente non è cosa da poco. Un filo più silenziosa di scarico (di motore lo è sempre stata) ma sempre dotata di un sound esaltante, la nuova Yamaha R1 2020 restituisce lo stesso identico feeling della moto precedente, mostrandosi però più “raffinata”.

IDENTICA POSIZIONE DI GUIDA

Stesso feeling dicevamo, soprattutto perché la posizione di guida non è cambiata di una virgola: stesse pedane, stessi manubri (già che ci avevano messo mano io un po’ li avrei allargati, li chiediamo tutti fin dal 2015). Se salite a occhi chiusi non vi accorgerete dei cambiamenti, se non per le plastiche della carena che vi “aspirano” in sella. Il raccordo tra carena e serbatoio fa scivolare meglio nei cambi di direzione; di contro offre un po’ meno grip in frenata, trattenendo un po’ meno le ginocchia quando serri le gambe nelle staccate più lunghe e intense.

UN GAS CHE È UN BISTURI

Stesse sensazioni: per capire dove trovare differenze di spinta rispetto al vecchio motore occorrerebbe provare in un test ravvicinato una moto e l’altra.  Quello che percepisco in questo caso è una grande precisione nella risposta al gas e un’elettronica estremamente raffinata – non sono cambiate le caratteristiche di risposta al gas, continuo a preferire la mappatura Power 2 più morbida nella riapertura – e la stessa, proverbiale pienezza di erogazione. Il motore ha una spinta favolosa, morbida e corposa al tempo stesso, quella spinta che ti fa fare sempre un sacco di strada e ti mette in mano prestazioni di livello eccellente. Sì, quel bel mix tra prestazioni, usabilità ed efficacia che ha sempre caratterizzato la Yamaha R1 di ultima generazione non è assolutamente venuto meno. Per fortuna. È il bello di questo motore, una caratteristica che Yamaha fortunatamente non ha perso, così come non ha perso un allungo del tutto paragonabile al modello precedente.

CAMBIO MEGLIO SU CHE GIÙ

Mi piace molto il quickshifter in salita, mentre in scalata usando il cambio racing, quindi rovesciato, ho trovato gli innesti un po’ più contrastati di quello che mi ricordavo. Inoltre con la R1 non fai la staccata sincopata, quella dove butti giù marce a raffica, il motore ha bisogno del suo tempo. In questa situazione ci sono cambi più efficaci. Ho notato un miglioramento abbassando il freno motore (ora si può fare), portando la regolazione a 2 che fa scorrere la moto un po’ di più (-20% di freno motore rispetto a 1) e contribuisce a velocizzare la scalata, aiutando la ruota posteriore a non perdere aderenza e quindi la moto a essere più incisiva, soprattutto nelle staccate più lunghe, quando si scalano molte marce in successione. Questa della staccata era e resta la parte in cui la R1 è meno incisiva rispetto a moto che adottano altri impianti frenanti e hanno qualche inerzia in meno nel motore.

AVANTRENO SOLIDO

Il funzionamento della nuova forcella mi piace ma siamo nel campo delle sottigliezze, anche perché la riasfaltata Jerez ha un fondo quasi perfetto. Solo alla curva 8 (la lunga sinistra prima della C) c’erano un po’ di sconnessioni in piena piega e in  quel frangente devo dire che la nuova Kayaba copiava alla grande, dimostrandosi scorrevole e precisa. Il feedback su quel che succede sotto la ruota anteriore è molto preciso, si sentono molto bene anche i piccoli movimenti, il che aiuta a guidare forte.

QUALCHE AGGIUSTAMENTO

Da segnalare che con la R1 standard ho rilevato un pelo di sottosterzo nelle curve veloci (quelle dove la moto si “siede” di più), cosa risolvibile cercando un po’ di sostegno in più da parte del monoammortizzatore. Il mio dolce peso vuole mono un po’ più consistenti. Le Bridgestone R11 secondo me concorrono a questa sensazione, con un posteriore che sembra spingere un po’ più dell’anteriore a moto inclinata.

ELETTRONICA SUPER

Di contro l’elettronica era e resta uno dei riferimenti nel segmento: Traction Control e soprattutto antiwheeling funzionano in modo esemplare. A Jerez in tre curve si usa la prima e anche in questo frangente la moto fa un sacco di strada e impenna pochissimo. Davvero un gran lavoro, a cui aggiungo l’ABS che funziona in modo impeccabile, tanto che anche spingendo come un forsennato non si è mai fatto sentire.

R1M, LA LAMA

Le stesse sensazioni ovviamente arrivano dalla R1M, con una chicca in più: la nuova forcella pressurizzata funziona davvero alla grande, perché è sensibile, sostenuta, scorrevole, in una parola perfetta. Gomme slick per lei (le Battlax Slick V02), il 200 posteriore (la standard ha il 195) che butta più gomma a terra e soprattutto le semiattive Ohlins che “fermano” la moto come fosse su un binario. La precisione di guida non è mai in discussione: un paio di click cercando più sostegno in accelerazione (si fa tutto dal dashboard in tre secondi) e trovo una R1 quasi perfetta, che mi fa andare sul gas prima e in modo più convinto. Il tempo scende di oltre un secondo, l’efficacia non è una opinione.

MANUBRI CHIUSI

Resta sempre il “problema” dei manubri troppo chiusi per i miei gusti (sono convinto che la moto sarebbe ancora più agile con un braccio di leva migliore) e la tendenza a “spingere” un po’ in frenata, fase in cui neanche la R1M eccelle e che mi fa preferire il freno motore a livello 2, il miglior compromesso tra scorrevolezza e aiuto nel rallentamento. Scegliendo il livello 3 (-50% di freno motore rispetto all’1) si ha una moto che corre ancora di più, il supporto nel rallentamento della ruota posteriore è ancora più limitato e i freni ne soffrono un po’.

Stefano Cordara indossa:

Casco: Shoei XSPirit III Tuta: Alpinestars GPTech V2 Tech Air Guanti: Alpinestars GPplus Stivali: Alpinestars Supertech R

 

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