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Prova Mini Roadster 2012

Due posti secchi e la capote morbida, tutti motori sportivi da 122 a 211 cavalli della John Cooper Works.

LIVELa Mini Roadster è la prima convertibile a due posti mai costruita dal marchio inglese e di questo ne va molto fiera, è leggermente più piccola della sorella cabrio, ma non per questo ha dovuto rinunciare all’ormai proverbiale kart feeling quando ci si siede al posto di guida. Mini è un fenomeno in continua espansione sia a livello di numeri di vendita sia di modelli. Non abbiamo fatto in tempo ad abituarci alla “Minona”, istituzionalmente definita CountryMan a quattro ruote motrici, che dal cappello magico del marchio inglese sono uscite in rapida sequenza la Mini Roadster e la sorella Coupé.Diciamoci la verità, questa Roadster è il sogno proibito dello scapolo impenitente, di colui che pensa a una vettura solo come strumento per il proprio divertimento.  Non è casuale il fatto che tra i due soli sedili disponibili ci sia un vano che collega direttamente il bagagliaio posteriore con il “ponte di comando”, giusto per stivare in modo razionale gli eventuali bagagli destinati al tempo libero per un totale di 240 litri di volume.Del resto, è inutile negarlo, questa Mini è una vera icona del divertimento sotto ogni punto di vista. La sua carrozzeria, lo diciamo ben sapendo che potremmo essere odiati per questa considerazione, ricorda le sportive di più di mezzo secolo fa come la Porsche 550 A Spyder subito ribattezzata “Little Bastard” ; ricorda però anche il tozzo e muscoloso corpo di un british bulldog pronto all’attacco. Come il piccolo mastino inglese, anche la Roadster sfoggia spalle larghe e quarti posteriori ipertrofici per garantire il giusto feeling quando la guida lo richiede. In più c’è lo spoiler posteriore che a velocità superiori agli 80 km/h esce automaticamente per rientrare quando si scende sotto il muro dei 60 km/h.L’elettronica ha un ruolo da protagonista indiscusso anche perché è offerta di serie su tutte le tipologie di motorizzazioni, l’EDLC – Electronic Differential Lock Control – il differenziale autobloccante a controllo elettronico è di serie sulla più sportiva di famiglia la John Cooper Works. Sugli altri modelli i dispositivi di sicurezza dinamica sono di serie: controllo della stabilità DSC e il controllo di trazione DTC.Qualcosa però è cambiato rispetto alla sorella cabrio a quattro posti. Le misure vitali sono pressoché identiche ma la Roadster è più bassa di 20 mm e la larghezza della carreggiata, anche se di poco, è stata ridotta. Quello che non cambia però è il valore della sicurezza garantito dagli airbag frontali e laterali oltre ai due roll-bar posteriori riconoscibili per le cromature brillanti.Due le motorizzazioni previste tra le quali spicca l’unico due litri alimentato a gasolio della Cooper SD da 143 cavalli, e l’ormai classico quattro cilindri sedici valvole da 1.600 centimetri cubi che, abbinato  alla tecnologia MINI Twin Power Turbo, eroga tre diversi livelli di potenza a seconda dell’allestimento scelto: la Cooper Roadster 122 cavalli, la Cooper S Roadster184 cavalli e la JCW John Cooper Works 211.I prezzi variano da 24.950 euro della Cooper fino ai 34.800 euro della JCW chiavi in mano compresa la messa in strada. Disponibilità già da fine febbraio 2012.DRIVELa voglia di impossessarsi, anche con la forza se necessaria, e guidare la JCW per i 130 km di percorso previsti è stata forte. Vestita di rosso con le bande scure che corrono longitudinali su tutta la carrozzeria è una tentazione forte quanto il frutto proibito nel paradiso terrestre; ma è altrettanto vero che le Roadster che si contenderanno il primato delle vendite saranno quasi certamente la diesel e la Cooper S.Cedo quindi alla lusinga del più “pacato” benzina da 184 cavalli sovralimentato dal doppio turbo, mutuato dalla famiglia BMW e diventato famoso con la M5. Al posto di guida siamo accolti con lo stesso stile che contraddistingue tutti i modelli di MINI: gli interni sono minimal e i comandi al solito posto, tutto ci riporta a un vissuto che già abbiamo avuto modo di conoscere.Prima di tutto chiariamo quanto il concetto di confort su Mini assuma dei significati particolari; se siete in cerca dell’autovettura da divoratore di chilometri, senza ombra di dubbio siete seduti nel posto di guida sbagliato. Se invece il sostantivo comodità non rientra tra le prime fondamentali doti per un eventuale acquisto, allora la Mini Roadster potrebbe fare al caso vostro.Il motivo è presto spiegato: Mini Roadster è una due posti destinata a schiene e terga d’acciaio! L’assetto è a dir poco rigido, complici i cerchi da 16 pollici di diametro con pneumatici dalla spalla piuttosto bassa, ma soprattutto è merito del telaio rinforzato e del comparto sospensioni tarate sul livello sport. Utilizzare la Roadster come una city car non porta nessun vantaggio oggettivo: ogni asperità bussa sulle sedute senza filtri. Meglio quindi stare lontani dai confini metropolitani oppure scegliere dei percorsi alternativi con asfalti ben livellati.Questa Mini, come tutte del resto, brama la velocità, le curve, le frenate decise e la lancetta del contagiri che corre libera dai 1.500 giri fino a 7.000 giri dove la scala graduata si tinge di rosso. La forza del motore quattro cilindri benzina della S risiede nella sua elasticità; inoltre non vibra e non tossisce se costringiamo la lancetta a regimi da sfilata al lungomare.Da questo punto di vista possiamo affermare che, con un motore del genere, in Mini non potevano ottenere, complice il telaio rinforzato, una guida più divertente di così. Il go-kart feeling è confermato anche dalla risposta dello sterzo, diretta e fedele nell’eseguire i comandi, ma mai faticoso da gestire o impegnativo psicologicamente fino a quando si resta dentro i confini del codice stradale. Andando oltre la Mini Roadster diventa “rognosetta”, soprattutto se l’asfalto non è perfettamente asciutto.L’elettronica fa il suo dovere e tenere a bada 184 cavalli sovralimentati è semplice nonostante l’inglesina sia un peso superleggero (non supera i 1.300 kg). A conti fatti, la Mini Roadster è un bell’esempio di come questo progetto, che continua a essere inglese doc poiché costruito nello stabilimento di Oxford, riesca a essere sempre innovativo anno dopo anno con la nascita di nuovi modelli sempre accattivanti e originali.Considerato il prezzo d’acquisto, anche della versione più economica, dispiace rilevare che il cruscotto e i materiali non si siano adeguati al passaggio del tempo ma sono rimasti sostanzialmente inalterati negli ultimi dieci anni; ma soprattutto che buona parte dei leveraggi della capote, benché verniciate di nero siano a vista.

 

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