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Prova Yamaha X-Max 400

Evoluzione del 250, punta su design, gusto di guida e capienza del vano sottosella. É sportivo ma rigido di sospensioni in città. Regolarissima l'erogazione del motore, che però non entusiasma nello spunto. Costa 5.990 euro f.c.. Entro fine anno la versione ABS

Venduto in più di 100.000 unità dal lancio, nel 2005, l'X-Max 250 è stato per anni l'anello di congiunzione tra la semplicità delle piccole cilindrate e il comfort delle medie. Grazie al motore brillante, alla buona guidabilità e al vano sottosella per due caschi integrali è diventato un successo, che Yamaha vuole ripetere, naturalmente, crescendo di cilindrata, potenza e coppia, senza però aumentare gli ingombri, che restano decisamente contenuti.

LIVE Sono cambiate, e di molto, le linee, che si ispirano all'ultimo T-Max, mantenendo però una loro marcata originalità, grazie al lavoro di Cristiano Tasca, italianissimo Senior Designer di Yamaha Europe. Più aggressività estetica, più eleganza: su questi due fronti si muove il nuovo X-Max 400, che vanta un maggior volume della sezione anteriore, a contrasto con il codino affilato, a spada. Nel complesso, comunque, il design è più spigoloso rispetto al 250, anche per elementi come la strumentazione poligonale, di chiara derivazione T-Max, connotata da due grandi indicatori analogici molto sportivi. I gruppi ottici hanno un ruolo fondamentale nella caratterizzazione estetica del veicolo, grazie anche all'impiego di LED per le luci diurne anteriori. La forma a boomerang laterale che unisce simbolicamente le ruote è un altro segno distintivo dei modelli “Max”, mentre dettagli come il logo Yamaha incassato nella carenatura laterale anteriore nobilitano il nuovo 400, sottolineandone l'ambizione di sfidare scooter di cilindrata superiore. Anche la sella con cuciture a vista non ha nulla a che vedere con le soluzioni in uso su modelli di cilindrata e prezzo paragonabili: uno sforzo molto apprezzabile, che si riconosce anche nella goffratura delle superfici in plastica del retroscudo. Soltanto il cinematismo dei vani adiacenti e di quello del serbatoio sono meno curati delle aspettative.

Il motore, derivato dal monocilindrico del Majesty 400, mette a disposizione il 54% di potenza e il 60% di coppia in più rispetto al 250, con 23,2 kW (31,5 cv) a 7500 giri/min e 33,9 Nm a 6000 giri/min. Caratterizzato dalla distribuzione bialbero a camme in testa, 4 valvole, è raffreddato a liquido. Il telaio è stato alleggerito di 1,5 kg ed è completato dalla forcella telescopica da 110 mm di escursione, la stessa della sospensione posteriore, con motore oscillante e due lunghi ammortizzatori all'estremità del veicolo: offrono la possibilità di regolare il precarico della molla su quattro posizioni. Tre i dischi, da 267 mm di diametro: ovviamente due all'avantreno e uno al retrotreno, per ora senza ABS, che arriverà su un'apposita versione entro la fine dell'anno, a 500 euro in più (6.490 euro f.c.). Il vano sottosella, da sempre un punto di forza dell'X-Max 250, è ancora più capiente sul 400: 37 litri (+10%). Il serbatoio da 14 litri garantisce secondo Yamaha oltre 300 km di autonomia, mentre il peso a secco pari a 211 kg è inferiore di 9 rispetto a quanto fatto segnare sulla bilancia dal Majesty 400. 

RIDE Il test, in linea con la vocazione non esclusivamente cittadina dell'X-Max 400, si è svolto in contesti molto diversi: il centro di Milano per la prima parte, il Triangolo Lariano per l'intera seconda giornata. La posizione di guida si ispira a quella motociclistica, con il busto eretto. Lo spazio sulla pedana è abbondante, considerata la presenza del tunnel centrale: i piedi possono poggiarei sulla superficie orizzontale oppure su quella inclinata nel retroscudo, a seconda delle preferenze e delle circostanze. La sella, piuttosto larga – anche perché sotto i due caschi devono pur starci… – è molto comoda e conformata con attenzione, per offrire adeguato sostegno anche lombare. 

Si parte, ed ecco la prima sorpresa: considerata la cubatura del monocilindrico sarebbe lecito aspettarsi uno spunto da fermo più vivace. Invece l'X-Max 400 è brillante ma non travolgente, come i 250 chilometri del test confermeranno. Si tratta, ovviamente, di una scelta “filosofica”, volta a privilegiare la regolarità d'erogazione, da intendere in particolare come spinta uniforme. Infatti, specularmente, stupisce in positivo la capacità del motore di continuare a garantire un'adeguata coppia anche quando la lancetta del contagiri si spinge verso l'alto. Ciò valorizza e sottolinea la vocazione extraurbana dell'X-Max 400, a scapito (almeno in parte) dell'accelerazione al semaforo. C'è un altro aspetto che sembra ribadire questa tesi: la taratura tendenzialmente rigida di forcella e ammortizzatori, che si traduce in una ciclistica efficacissima nel misto guidato e, per inevitabile contrappasso, in uno scooter non particolamente comodo in città, dove l'asfalto rovinato non perdona. Tombini e buche vengono digeriti con una certa riluttanza, mentre l'impostazione e la percorrenza della curva stupiscono per efficacia, portando rapidamente a strisciare il cavalletto centrale, con coreografico e rumoroso corollario di scintille e clangore. Quando è così facile “toccare” le possibilità sono quattro: che il cavalletto sia troppo basso e largo (improbabile); che il carico sia eccessivo; che gli ammortizzatori abbiano un precarico insufficiente o siano comunque troppo cedevoli. Oppure che ciclistica e pneumatici – in questo caso i validissimi Michelin City Grip – permettano di raggiungere inclinazioni superiori al previsto…

I freni sono efficaci: pronta la risposta della coppia di dischi anteriori, mentre dietro, a causa della ridotta escursione della leva, è abbastanza facile arrivare al bloccaggio. L'assenza dell'ABS si fa sentire ed è un peccato che Yamaha non abbia osato, proponendo l'X-Max 400 in versione unica con l'antibloccaggio di serie: è vero, costa e perciò penalizza le vendite, ma il suo valore è incommensurabile. E presto sarà obbligatorio.

Torniamo alla guida: maneggevole come si conviene a un buono scooter, il nuovo “Max” è stabile persino alla massima velocità, superiore ai 160 km/h di tachimetro, quando si manifesta soltanto una leggera sensibilità al vento laterale. Tra le curve dà il meglio, sia nei nervosi cambi di direzione cittadini, sia – e a maggior ragione – quando ci si lascia alle spalle il traffico per concedersi il piacere della guida. In questa fase si apprezzano l'ottima ciclistica e il notevolissimo equilibrio, qualità che Yamaha ha dimostrato di saper instillare nei propri modelli, guadagnandosi una solidissima reputazione proprio con la famiglia Max. Reputazione, per inciso, che pochissimi costruttori – probabilmente soltanto uno, italiano – possono vantare per quanto riguarda gli scooter. 

Il prezzo, 5.990 euro f.c., è competitivo, soprattutto se si considerano le tante frecce all'arco di questo nuovo Yamaha: design, finiture, guida e capacità di carico. La sfida con i concorrenti, anche di cilindrata superiore, si giocherà su questi punti, oltre che sul blasone della marca. Tre i colori: bianco opaco (Absolute White), grigio opaco (Matt Grey) e nero (Midnight Black). 

Per completare l'offerta arrivano anche una ricchissima gamma di accessori, 21 in totale – compreso lo scarico sportivo Akrapovic che dà più grinta in partenza – e due allestimenti preconfezionati. Il primo, Sport, comprende il parabrezza basso, le pedane in alluminio e il portatarga sportivo omologato: costa 237 euro; il secondo, Touring, propone un plexiglass molto alto, il portapacchi posteriore integrato benissimo con le maniglie del passeggero (di cui sfruttano i medesimi attacchi) e il bauletto da 50 litri in tinta: a 455 euro.

 

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