La base di partenza è la YZ450F con cui David Philippearts corre nel Mondiale Cross. Della moto che compete nella categoria MX1 conserva il motore, il telaio e la sella, ma tutto il resto è un’altra storia. D’altra parte sarebbe sbagliato pensare che per realizzare una moto destinata al Supermotard sia sufficiente sostituire le ruote da fuoristrada con due di misura stradale e basta! La filosofia di questa disciplina prevede un rigore tecnico che va oltre, che necessita geometrie realizzate su misura e accessori concepiti per questa specialità.LIVEIn Yamaha hanno fatto le cose per bene, hanno asportato e sostituito, modificato, cercato l’eccellenza tecnica scegliendo particolari di pregio per rendere questa YZ450SM una moto veramente pronto gara. Il motore è il monocilindrico da 449 cc diventato famoso perché il collettore di scarico guarda indietro, o meglio il cilindro e il pistone sono ruotati di 180° rispetto agli standard costruttivi delle moto di questa categoria. Il colpo d’occhio conferma: il classico passaggio dello scarico sul lato destro non c’è e tutto il percorso tortuoso del collettore che porta al terminale di scarico è nascosto sotto la sella nella zona del mono ammortizzatore. Questa scelta tecnica di modificare la disposizione degli elementi principali ha permesso alla cassa filtro di essere posizionata frontalmente, nella zona del serbatoio: questa soluzione garantisce l’arrivo diretto di aria fresca al motore e di fatto riduce il rischio di “sporcare” il filtro dell’aria.Assodato che il telaio e il motore a iniezione con quattro valvole per cilindro sono gli stessi della sorella da cross YZ450F, quello che cambia è tutto, ma proprio tutto il resto. Diverse le sospensioni, che hanno una taratura specifica, concepita per la specialità del traverso; spicca il mono ammortizzatore Öhlins. Diversi sono i cerchi che possono montare pneumatici tubeless – senza camera d’aria – e che sfruttano la poco convenzionale misura di 16,5 pollici all’avantreno; i mozzi della CHT sono ricavati dal pieno, raggi e nippli sono Alpina, mentre i cerchi sono firmati Carat. Naturalmente slick gli pneumatici Dunlop. La frizione è equipaggiata di sistema anti-saltellamento. L’impianto frenante è il fiore all’occhiello di questa SM: Yamaha non ha badato a spese e ha scelto un Brembo, che ha fornito una pinza CNC radiale e la pompa freno radiale 16×18; il disco anteriore è di 310 mm di diametro, quello posteriore di 240 mm.Piazzata così da asfalto la YZ450SM non sposta di un grammo l’ago della bilancia rispetto alla versione da cross e si ferma a 111 kg; il dato comprende anche il serbatoio di 6,2 litri pieno raso. Resta da ricordare che l’altezza della sella è di 999 mm, ma è un dato marginale.Prezzo pronto gara e pronto “gioco” a 10.990 euro franco concessionario.RIDE Plug & play: un claim che calza a pennello con questa 450. Accendi e gioca! Indossata l’armatura del perfetto motard osservo attentamente la SM che mi aspetta appoggiata alla colonna della zona coperta del Motodromo di Castelletto di Branduzzo. Rifletto sul fatto che sono passati diversi anni da quando ho guidato l’ultima volta una vera supermotard. Husqvarna nel 2009 aveva fatto quasi bottino pieno nel mondiale vincendo con Thomas Chareyre nella S1 titolo piloti e marche e nella S2 con Delepine quello costruttori: era stata l’ultima occasione per salire in sella e stringere il manubrio di una moto ufficiale, per di più campione del mondo.Da quel momento in poi la storia del motard ha iniziato progressivamente a perdere colpi: costi troppo alti, piste non sempre di livello e la sky zone – zona di fuoristrada e salti – sempre meno selettiva. Soprattutto, sempre meno pubblico. Per fortuna questa disciplina continua ad avere il divertimento nel suo DNA.E qui entra in gioco Yamaha che, forte di una base di partenza ottima, un motore collaudato e un pacchetto tecnico DOC, è riuscita a far tornare il prurito a chi aveva pensato di abbandonare definitivamente il mondo della derapata controllata. Guardo lo slick posteriore nuovo di zecca, lucido di cera, e lo immagino schiacciato in accelerazione e scorticato dall’asfalto quando gli si chiede di “partire” in deriva, lontano dalla linea tracciata dall’anteriore da 16,5 pollici di diametro.Una, anzi due scalciate alla leva di avviamento e il mono parte, gira alto al minimo… La posizione di guida è offroad pura; la sella è dura, piccola e poco disposta a ospitare più di una chiappa per volta. Le braccia sono larghe il giusto, le gambe ben piegate. Scelgo solo di tener lontana la leva del freno per paura, retaggio dei vecchi impianti frenanti stradali, che con l’impianto stressato dai continui “mordi e fuggi” di un circuito motard la corsa si allunghi improvvisamente: errore! Questo impianto non molla di un millimetro e si modula con precisione chirurgica.Un giro, il primo, serve a capire quando rapida è la discesa in piega e quanto sono intuitivi gli slick, quanto si può osare in staccata e soprattutto che le sospensioni rispondano a dovere. Le prime scalate con la leva della frizione in mano fanno sentire la presenza dell’antisaltellamento che bussa sulla leva di sinistra e sulle dita: dice che ci possiamo fidare.Butto dentro tutte le marce fino alla quinta: schioccano precise come una fucilata. Pizzico il limitatore e stacco senza troppa violenza; la prima curva si percorre a cavallo tra terza e quarta, a seconda di quanta fiducia si ha nella ciclistica… Credeteci, più ci si fida meglio è. Il budello di curve e controcurve viene incontro con una disarmante velocità; nei cambi di direzione l’avantreno si alleggerisce ma ritrova rapido il contatto con l’asfalto. La pedana interna alla curva graffia l’asfalto e tintinna ritmico il suo disappunto. Quinta-seconda: con una rapida scalata il posteriore parte deciso, l’avantreno segue le indicazioni del manubrio che, come timone in un mare in burrasca, non perde la rotta, vira deciso verso il punto di corda della curva. La frizione con anti saltellamento alleggerisce il carico del freno motore; il rumore del pneumatico posteriore mi ricorda la gomma pane che cancella un disegno a carboncino su carta ruvida… Carezza sul velluto!Ho capito che con la YZ450SM posso giocare. Impenno e derapo, mi tuffo nell’ovale di Castelletto e tiro tutta la quarta, tocco deciso il cordolo esterno prima della lunga curva di ritorno a sinistra, scalcio verso il basso la leva del cambio: giù due marce e altra derapata d’effetto. Largo in ingresso e stretto al cordolo nel punto in cui un ripido scollino raccorda l’ovale con il tracciato vecchio, moto piegata e piena accelerazione che spinge la tabella porta numero dritta al cielo.Giro allo sfinimento per quasi due ore consecutive, nel caldo di un primo giorno d’estate che mi schiaccia addosso un’umidità equatoriale vicina al 100%. Esco dal tracciato, percorrendo la pit-lane con un sorriso ritrovato, quello che si prova a guidare nuovamente una moto che nasce con le specifiche delle competizioni e non vuole sentir parlare di vita di coppia e di comodità: nulla che non sia strettamente correlato alla filosofia della competizione.Difetti? Avrei voluto un paio di cavalli in più e una quinta marcia più lunga del rapporto di serie, solo perché il rettilineo di Castelletto di Branduzzo è palesemente troppo lungo per le mono da gara; a dirla tutta avrei preferito un assetto della forcella un po’ meno rigido, meno chiuso di idraulica, perché forse non sono in grado di forzare l’avantreno in ingresso curva oltre quella soglia che separa l’amatore dal PRO.Scheda tecnica Yamaha YZ450SMMotore: monocilindrico 4 valvole, 449,7 cc (97,0×60,8 mm)Potenza e coppia: n.d.Telaio: doppio trave in alluminioFreni: disco ant. 310 mm pinza radiale Brembo, post. 240 mmAltezza sella: 999 mmPeso: 111 kgThanks to Adriano Monti per l’ospitalità presso il Motodromo di Castelletto di Branduzzo. http://www.motodromo.it/Photo credit: Simon PalfraderVideo editing: Andreas Traiani