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Hoonicorn 2: 1.400 cv per la Pikes Peak

Non ne troverete traccia in nessun listino. Né del passato, né del presente. Perché la Hoonicorn 2 è un esemplare non solo unico, ma addirittura fuori da ogni schema. La nuova arma di Ken Block, forse il più istrionico e scapestrato pilota che l’America abbia mai conosciuto, è una Mustang del 1965 – o quello che ne resta – totalmente rivisitata così da contare sulla trazione integrale, su di una potenza monstre e un telaio votato al drifting. Già protagonista dell’ennesimo video Gymkhana (il settimo), ora beneficia di un’ulteriore iniezione di rabbia per affrontare la Pikes Peak. La cronoscalata più famosa del mondo.V8 biturbo da 1.400 cv Non è mai stata un “giocattolino”. Se, infatti, già per il video Gymkhana poteva contare su 845 cv, ora la Hoonicorn vede la potenza massima raggiungere quota 1.400 cv. Grazie alla sovralimentazione del V8 con due inediti turbocompressori e all’alimentazione mediante metanolo, l’ex Mustang del 1965 diventa più cattiva di una Bugatti Chiron. Lungo i 19,9 km e le 156 curve della Pikes Peak, con il traguardo posto a 4.300 metri di quota, Block ha così rievocato le gesta di Ari Vatanen, trionfatore nel 1988 – quando il fondo era ancora integralmente sterrato – al volante della Peugeot 405 T16 da 600 Cv. Un’impresa storica, celebrata dal film Climb Dance. A picco sul vuoto La Pikes Peak è uno spettacolo che trascende la competizione evocando i grandi raduni motoristici di Daytona e Indianapolis. Veloce, in alcuni tratti velocissima (oltre 240 km/h), l’hill climb americana è caratterizzata da una carreggiata ampia che, nella parte centrale e terminale, si dipana in una nutrita serie di tornanti e passaggi a picco sul vuoto. Terminata la vegetazione, la strada corre verso le nuvole ricca di gibbosità e priva di barriere laterali. La “sfida contro il cielo” deve la propria fama al fondo sterrato, mantenuto (almeno parzialmente) sino al 2012, anno della definitiva asfaltatura, e ai prototipi monstre che tradizionalmente vi prendono parte. Ora Ken Block ha dimostrato che il tracciato può essere interpretato in un altro modo… di traverso. Dal primo all’ultimo metro. Sino a dare letteralmente fuoco agli pneumatici.

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