Una “passeggiata” di 9.000 km tra Argentina, Cile e Bolivia alternando pietraie, dune in stile sahariano, quote andine, temperature bollenti e sterrati veloci, degni del Mondiale Rally. Come se non bastasse, tornano – dopo un’assenza di nove anni – le tappe Marathon, vale a dire senza possibilità d’assistenza meccanica da parte dei team. La Dakar 2015 si preannuncia insidiosa.Il fascino non è più quello degli anni passati (basta chiedere a chi l’ha corsa). Il seguito mediatico nemmeno. Da competizione legata alla navigazione e alla capacità d’improvvisare si è passati a un ibrido tra un appuntamento del WRC e un rally raid. Né carne, né pesce. La diversificazione dei percorsi tra le diverse categorie – le auto e i camion seguiranno rotte in larga parte dedicate, così da sfruttare ampi spazi e non soffrire per i sorpassi e la polvere che, in passato, avevano indotto i concorrenti a invocare divinità antiche e sicuramente malvage – rende ancor più difficile “leggere” la corsa. Cosa resta del fascino della Dakar? Poco. Pochissimo. Il merito d’aver mantenuto alto l’interesse per la competizione va attribuito ai protagonisti. Specie i costruttori.MINI vs. Peugeot. La sfida è aperta. Da un lato la compagine vincitrice lo scorso anno e dominatrice delle ultime edizioni, dall’altro la sfidante irriverente, giunta in Sud America con un progetto tecnico ambizioso e fuori dagli schemi. Tra i due colossi, si potrebbnero inserire outsider tutt’altro che remissivi quali Toyota, Hummer e Mitsubishi. Della detentrice del titolo MINI ALL4 Racing saranno presenti ben nove esemplari, uno dei quali affidato al vincitore 2014, lo spagnolo Joan “Nani” Roma. Derivato dal modello di serie Countryman John Cooper Works ALL4, il proto Mini è mosso da un 6 cilindri in linea common rail di 2.993 cc sovralimentato mediante due turbocompressori, in grado di erogare 320 cv a un regime decisamente basso: 3.250 giri/min. Propulsore forte della lubrificazione a carter secco e potenzialmente in grado di sprigionare una cavalleria superiore, se non fosse imposta dal regolamento una flangia da 38 mm in aspirazione. Notevole anche la coppia – 800 Nm –, mentre la trasmissione si affida a un cambio sequenziale Sadev a 6 rapporti e alla trazione integrale permanente con tre differenziali autobloccanti Xtrac.Le 4WD? No grazie. Se l’avesse detto il francese Schlesser, da anni fissato con i buggy a trazione posteriore, molti avrebbero sorriso. Quest’anno, però, la “folle” idea ha trovato in Peugeot e Red Bull i partner ideali. E in 2008 DKR il prototipo per la rincorsa al titolo. La scelta delle 2WD porta in dote una maggiore leggerezza della vettura rispetto a Mini (1.280 kg contro 1.900) e la possibilità sia di adottare ruote di diametro nettamente maggiore (da 37” anziché 16”) sia di optare per un’escursione delle sospensioni di 46 cm invece di 25, a tutto vantaggio della “digestione” di buche, dune e ostacoli. Cuore della 2008 DKR è un V6 24V 3.0 td sovralimentato mediante due turbocompressori, collocato centralmente e accreditato di 340 cv e 800 Nm di coppia. Unità identica nel frazionamento al propulsore appannaggio della rivale MINI All4 Racing 2014, se non fosse che quest’ultima si affida a un’architettura in linea anziché a V (di 60°). Simile la trasmissione, ovvero un cambio sequenziale a 6 rapporti, e analoga la previsione di due ammortizzatori pluriregolabili per ruota.Peugeot 2008 DKR verrà condotta in gara dalla leggenda spagnola dei rally Carlos Sainz, primo alla Dakar 2010 con Volkswagen, dal francese Cyril Despres, cinque volte vincitore in moto, e dallo specialista transalpino Stéphane Peterhansel, 11 volte sul gradino più alto del podio tra quattro e due ruote. La Casa di Sochaux si pone un unico obiettivo: primeggiare nuovamente nel raid più duro al mondo. Peugeot ha infatti già trionfato quattro volte alla Dakar, dal 1987 al 1990, con le mitiche 205 T16 e 405 T16 Grand Raid. Chi si opporrà allo squadrone transalpino? Oltre al citato Nani Roma, MINI potrebbe celare un asso nella manica: il qatariota Nasser Al Attiyah. Un passato – e un presente – da rallysta di discreto livello, profondo conoscitore del deserto e abile meccanico. Oltre che baciato da una dote condivisa sia dal generale Napoleone Bonaparte sia dall’allenatore Arrigo Sacchi: un “fondoschiena” pazzesco nei momenti che più contano. Al contrario di fuoriclasse quali Peterhansel e Sainz, probabilmente nati di venerdì 17…Si parte il 4 gennaio a Buenos Aires per tornare nella capitale argentina il 17, dopo 13 tappe che decimeranno, da tradizione, i 665 partenti (164 moto, 48 quad, 138 auto e 64 camion). La sfida è aperta.