Il ruggito del 5 cilindri
Nel 2008 arriva la seconda Focus RS, basata sulla Focus II. L’alettone ricorda vagamente quello della Escort RS Cosworth e si prende la scena nella vista posteriore. Per il resto, minigonne, immensi prese d’aria e sfoghi tormentano la carrozzeria in ogni dove. Completano il quadro i passaruota allargati, vero e proprio segno distintivo di ogni hothatch che si possa definire tale. E se l’estetica è scenografica, il motore è pirotecnico.Si tratta di un 2,5 litri di cilindrata, sovralimentato mediante turbina, con architettura a 5 cilindri. Di origine Volvo (all’epoca, il marchio svedese faceva ancora parte di Ford), eroga 305 cv e 440 Nm di coppia. Numeri da sportiva vera, che però non dicono tutto di questo propulsore. Il mix fra il sound graffiante dei 5 cilindri e la brutalità delle risposte al pedale del gas generano una vera e propria dipendenza fisica. È praticamente impossibile non buttare giù il gas ogni 3 minuti.E fra le curve? Inutile negarlo: i 200 kg in più rispetto alla prima generazione fanno sorgere ben più di un dubbio. Invece, il telaio valorizza al meglio le doti del motore. Certo, rispetto alla prima Focus RS, tutto è più “filtrato”. Però, se si rilascia il gas in appoggio, il posteriore continua ad allargare la traiettoria, seppure in modo più prevedibile. Inoltre, il differenziale è meno “on/off”.Detto questo, l’adrenalina non manca e la Focus RS si lascia guidare ancora tanto con il gas, oltre che con lo sterzo. L’avantreno è solido e di precisione chirurgica, oltre ad avere la capacità di non far sentire troppo le reazioni sul volante. Grossa parte del merito va alle sospensioni anteriori specifiche, denominate RevoKnuckle. In sostanza, grazie a un cinematismo specifico, separano la funzione di ammortizzamento da quella di sterzata. Un equilibrio che viene un po’ alterato dai 45 cv in più della versione speciale RS500 (nella foto qui sopra, nera), serie limitata a 500 esemplari, la cui potenza sale a 350 CV.