Se da una parte il 2023 inizia con una nuova ondata di incentivi, dall’altra è però anche il momento di tirare le somme del 2022 appena passato alla archivi. E, tanto vale dirlo subito, il bilancio non è affatto positivo. Partiamo dai dati principali, da cui emerge un calo del 9,7 delle immatricolazioni rispetto al 2021. Con 1.335.487 vetture targate, l’anno è drammaticamente vicino al minimo storico del 2013, quando gli italiani comprarono soltanto 1.304.500 vetture. Ripresa post-pandemia lenta e scenari internazionali inquietanti sono tra le concause di questo quadro a tinte fosche. Il resto lo fanno prezzi lievitati ben più del potere d’acquisto e scelte delle Case che non sempre rispecchiano le esigenze dei consumatori. Entriamo un po’ più nel dettaglio dei dati diffusi dall’UNRAE.
Top 5: dominano le piccole, ma…
Da sempre agli italiani piacciono le auto piccole ed economiche e il 2022 conferma almeno in parte questa abitudine. La classifica delle auto più vendute parla chiaro. Al primo posto c’è la Fiat Panda, seguita a notevole distanza da un gruppo composto da Lancia Ypsilon, Fiat 500, Dacia Sandero e Citroen C3. Nella Top 10 figurano peraltro anche la Toyota Yaris e la Peugeot 208. Va però segnalato come i segmenti A e B perdano rispettivamente il 22,3 e il 5,5% rispetto al 2021. Minor disponibilità di auto – generata anche dal pensionamento di alcuni modelli non rimpiazzati – e costi in aumento hanno frenato di sicuro la domanda, che ha virato in parte sull’usato. Il resto dei segmenti è sostanzialmente in linea con il trend generale. Crescono le auto di lusso, ma con numeri sempre molto bassi.
Crossover e SUV piacciono sempre
Mettendo sotto la lente le diverse tipologie di carrozzeria, il 2022 dà un’ulteriore riprova del fatto che crossover e fuoristrada non smettono di piacere. Le prime restano sostanzialmente stabili (-0,1% con 577.308 unità), mentre le seconde sono addirittura in crescita dell’1,5%. Cosa curiosa, in attesa della Jeep Avenger, tra le crossover c’è una vera e propria volata in stile ciclistico per aggiudicarsi la palma di modello più venduto. Tra la prima, la Ford Puma, e l’ottava, la Volkswagen T-Cross, ci sono infatti meno di 10.000 esemplari di differenza. Nel mezzo sgomitano le varie Renault Captur- Volkswagen T-Roc, Jeep Renegade, Dacia Duster, Toyota Yaris Cross e Fiat 500X. Gli scostamenti maggiori rispetto al recente passato sono per monovolume compatte (+81%) e coupé (+22%). Entrambi i dati sono tuttavia dovuti exploit di singoli modelli lanciati proprio nel 2022, in un caso la Dacia Jogger e nell’altro la BMW i4.
Dacia e Toyota a gonfie vele
Forse lo avrete intuito, dato che è già stata nominata più volte in senso positivo, ma tra i costruttori spicca la performance della Dacia. La Casa rumena ha messo a segno nel 2022 un ottimo +9,2%, che risulta la migliore performance tra i top 15 marchi auto in Italia. Ottimo risultato anche per la Toyota, + 8,6%, che ha saputo capitalizzare bene la strategia indovinata in materia di ibridazione della gamma. La stessa cosa non è riuscita invece alla Suzuki, maglia nera della parte alta della classifica con un -45,1%. Il suo listino, fatto più che altro di modelli leggeri e compatti, sarebbe stato perfetto per la situazione attuale ma purtroppo in rete sono mancate le vetture da targare.
Black out elettrico
Last but not least, ultimo ma non meno importante, il tema alimentazioni. L’incremento più significativo è quello delle immatricolazioni delle auto a GPL, che crescono del 10,2%. Per molti in fondo il gas è un’alternativa al gasolio messo – in modo discutibile – sempre più all’indice. Un altro segno + è messo a segno dalle ibride, che avanzano del 6,4%. Oggi come oggi sono loro a coprire la maggior parte delle immatricolazioni, con un 34,6%. Segno opposto, invece, per le ibride plug-in e le elettriche, che faticano nonostante gli aiutini statali. Se le prime imitano i danni, con un -2,6% rispetto al 2021, le seconde crollano nel 2022, facendo registrare un -26,6%. L’impressione è che la cosiddetta transizione ecologica (o presunta tale) che viene imposta dalla politica comunitaria convinca ancora poco il consumatore italiano, complici i prezzi elevati e il ritardo che il Paese accusa a livello di infrastrutture di ricarica.