Mettere il turbo…al turbo
E, già che si parla di bar, come accontentarsi della pressione di serie? I meccanici italiani iniziavano a diventare esperti di wastegate e pop-off, di fascette metalliche per evitare l’esplosione dei manicotti dell’intercooler (chi ha avuto una Supercinque e ci ha messo su le mani forse ricorda qualcosa…). I kit overboost sarebbero stati commercializzati più avanti, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta: regalavano le ali, nonché conti salati dal gommista e dal benzinaio. Ma, quando Auto Oggi mise sulla linea di partenza l’onnipresente Supercinque opportunamente ipervitaminizzata e una Porsche Carrera trovandole appaiate dopo sei secondi al traguardo dei 100 km/h, beh… in molti tornarono all’assunto di cui sopra: chissenefrega!
Certo, il turbo era moda. Lo abbiamo visto addirittura sull’onesta Austin Metro MG Turbo, accoppiato a una trasmissione da soli quattro rapporti e sulla Innocenti Minitre Turbo De Tomaso (72 CV spalmati su un passo da minicar e 993 cc ringalluzziti da un IHI stretto parente di quello installato sulla moto Honda CX Turbo). Difficile dire se sia stato utile o meno. Di sicuro ha fatto divertire. Anche i costruttori più restii all’uso del turbo cedevano progressivamente: Lancia tirava fuori dal cappello a cilindro prima la Delta HF Turbo, con il bialbero di origine Fiat sovralimentato e alimentato da un carburatore a valle del turbo, e poi la Y10 Turbo a fare da contraltare all’ammiraglia Thema Turbo i.e.. Alfa Romeo aspettava il 1986 per realizzare la 75 Turbo: 155 CV tutti concentrati negli ultimi giri del 1779 cc. Citroën puntava in alto: et voilà, nel 1984 la CX arrivava a 168 CV (ma con 2,5 litri di cilindrata). E come dimenticare le paciose Saab 900 che col turbo diventavano delle GT da non sottovalutare nel casello a casello?