Quando si parla di biciclette a pedalata assistita, c’è ancora molta diffidenza e ignoranza. Soprattutto quando si tratta di eRoad e in modo particolare fra gli stradisti perché fra i biker (che oggettivamente hanno una mentalità più aperta, rispetto agli stradisti) la sciocchezza motore = sotterfugio è stata superata da un pezzo. Questo preambolo per dire che chi non ha mai messo il sedere su una eRoad o, se lo ha fatto, non è stato abbastanza onesto da azzerare i pregiudizi, dovrebbe riflettere un po’ di più prima di emettere sentenze.
Per me, invece, motore è uguale a libertà. Ognuno poi scelga quale libertà vuole: quella di fare meno fatica, quella di riuscire a scalare un passo, quella di continuare a tenere le ruote dei compari, quella di possedere l’oggetto del desiderio definitivo…
Motore nel mozzo
La strada del motore nel mozzo della ruota posteriore è quella ormai segnata nell’ambito delle eRoad, sia per motivi di ingombri e pesi, sia perché con gli ultimi modelli consente, estraendo la batteria integrata nel downtube e cambiando ruota, di avere fra le mani una bici tradizionale.
Attenzione però che anche la libertà ha dei limiti. E nel caso delle eRoad, il limite maggiore si sposta dalle gambe del ciclista alla capacità della batteria. Non esiste un valore definito, di riferimento, perché le variabili che determinano il consumo sono molte: dal livello di assistenza al peso di chi sta in sella, alla temperatura esterna. E hanno un peso notevole. Possiamo però dirvi che un collega ha percorso 90 km e 2.000 m di dislivello con circa metà batteria… Si tratta però di un ragazzo allenato e quindi in grado di dosare in modo sapiente le energie sue e quelle del sistema elettrico. Ma non spaventatevi, perché se proprio temete di restare a secco potrete equipaggiarvi del range extender (si acquista a parte) da 250 Wh, che in pratica raddoppia la capacità della batteria.
L’altro limite delle eRoad è la velocità di crociera. Se le biciclette di ultimissima generazione possono contare su un peso contenuto e un sistema con effetto trascinamento quasi nullo, sono comunque più faticose da far veleggiare ai 30/35 all’ora (se non ai 40) tipici delle uscite in gruppo.
Ora, consapevoli dei limiti propri e informati su quelli del mezzo, conoscendo il proprio stile di guida e le abitudini in sella, non resta che riflettere pochi istanti. Quanto basta per capire se mettersi in garage una eRoad, può portare piacere e divertimento nella propria vita ciclistica.
Ducati fa sul serio
Quando Ducati ha deciso di entrare seriamente nel mondo delle eBike, nel 2019, ha fatto la cosa migliore, ossia cercare un partner capace e fidato, con cui sviluppare una gamma di bici che fossero in linea con il blasone. La scelta cadde su Thok e il matrimonio all’italiana ha finora dato ottimi frutti, di cui Futa è quello appena maturato e il primo sena ruote tassellate (anche se in realtà il progetto è in cantiere da un po’, ma probabilmente erano i tempi a non essere maturi per coglierlo…).
Abbiamo parlato di blasone e di bici alla sua altezza: anche con la Futa l’obiettivo è stato raggiunto, a partire dalla parte elettrica ed elettronica, che ha visto il coinvolgimento di un altro partner italiano: FSA, che fornisce la power unit e il gruppo completo della bici.
Piccolo quanto basta
Power unit che è il motore System HM 1.0 da 250 W e 42 Nm di coppia, tra i più leggeri della categoria (3,98 kg). La batteria, integrata nel down tube e anch’essa FSA, è da 250 Wh e può essere integrata con un range extender opzionale, dalla medesima capacità, da alloggiare nel porta borraccia.
Il sistema dispone di cinque livelli di assistenza (il primo è neutro) selezionabili tramite il comando sul top tube, appena dietro lo sterzo, o il controllo remoto fissato al manubrio, sul lato interno a sinistra. Esiste, ovviamente, anche un’app FSA (disponibile per dispositivi iOS e Android) con cui visualizzare le statistiche di guida, lo stato del sistema, la durata residua della batteria, lo stato di carica, scaricare eventuali aggiornamenti del software e comunicare con i centri di assistenza FSA in tutto il mondo.
Da FSA arriva anche il gruppo completo. Si tratta del K-Force WE, con cambio elettronico wireless da 2×12 velocità, guarnitura con pedivelle in fibra di carbonio, freni a disco con rotori da 160 mm e leve intercambiabili in fibra di carbonio UD, regolabili. Le ruote non sono italiane, ma arrivano sempre da FSA e sono le Vision AGX30 con cerchi in fibra di carbonio e calzano gomme Pirelli Cinturato Velo TLR da 35 mm. Componentistica di primo livello, dunque, ma anche finiture, verniciatura e cura del dettaglio sono al top.
Su strada
La Ducati Futa ha una geometria riuscita, lo diciamo subito. Un buon compromesso fra sportività e comfort, che già si può percepire leggendo le quote geometriche: carro compatto, triangolazione raccolta, interasse generoso e angoli comodi. E, una volta in sella, quello che era un presentimento ottiene conferma. Bastano davvero poche centinaia di metri per sentirsi a proprio agio, con quella piacevole sensazione di avere tutto sotto controllo. Che alla fine è ciò che desidera chi va in bici…
La presenza del motore e della batteria non creano particolari disequilibri e il telaio riesce a essere comunque bilanciato, senza mai trasmettere una sensazione di impaccio. Ci è piaciuto anche il manubrio, Vision HB Trimax Carbon Aero, con un’inclinazione in avanti di 10°, che permette una presa molto naturale e rilassata. A proposito di manubrio, non abbiamo trovato molto pratico né comodo il comando remoto di regolazione dell’assistenza, da usare in alternativa al pulsante sul tubo orizzontale.
Le due facce della medaglia
In salita si percepisce e si apprezza la leggerezza complessiva, che permette al motore di essere un sensibile aiuto anche al livello minimo di assistenza. Il retrotreno è compatto e rigido e amplifica la sensazione di spinta quando ci si alza sui pedali, sebbene se ne potrebbe tranquillamente fare a meno, e non si soffre mai quella brutta sensazione di “trascinamento”, anzi. Il modo migliore per far lavorare il sistema è starsene belli seduti e composti, dimenticandosi di tirare con le spalle, facendo mulinare le gambe fra 80 e 90 rpm e mangiare avidamente le salite, metro dopo metro.
Dopo la salita arriva la discesa e qui la massa della Futa si traduce in un vantaggio in termini di stabilità e feeling. È più piantata e meno nervosa rispetto a una bici tradizionale (che pesa cinque o sei chili meno), grazie anche alle ruote e agli pneumatici Pirelli da 35 mm, che hanno un buon grip. A proposito di pneumatici, consigliamo di montarli in configurazione tubeless, non solo per evitare forature (come è capitato a noi…), ma per sfruttare la miglior scorrevolezza e comfort.
Se in salita non lo abbiamo sentito e se in discesa ci ha aiutato, in pianura, il peso della Futa lo abbiamo percepito. Attenzione, non significa che dopo i 25 all’ora, velocità che su strada è più o meno il minimo sindacale, ci si pianta: per fortuna il motore non ha effetto trascinamento, quindi se si pedala le velocità crescono con il solo limite del quadricipite. Però, se ci si trova in gruppo, meglio starsene nella pancia risucchiati delle scie e faticare meno…