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1000 km con Suzuki Katana

Mi ci sono voluti trent'anni per poterla guidare, anche se di uguale a quella che mi ha turbato l'adoloscenza ci sono solo il nome e le linee.

1000 KM, BYE BYE BABY

Guidare una moto (o meglio, la sua versione moderna) che da ragazzino ti ha fatto sognare e invidiare quelli che ci sfrecciavano sopra è di per sé una bella esperienza. Dopo 1000 km il rapporto è maturo e si è consolidato; si è più affiatati, gli spigoli del carattere si sono smussati e ci si è abituati a convivere. Ma, se gli aspetti positivi del partner non smettono di affascinarci, quelli fastidiosi si diluiscono un po’ nella routine. Una metafora per dire che, se il piacere di guardarla e di guidarla è rimasto quello dei primi chilometri, al comportamento un po’ brusco del gas ci ho fatto il callo. Faccio però ancora fatica ad abituarmi a certe cadute di stile su finiture e dettagli, che non voglio accettare da una motocicletta che vanta un blasone e un’eredità come la Katana.Se fossi al marketing della Suzuki, invece delle decal carbon look sul serbatoio, di quelle rosse sui cerchi e del plexi maggiorato che, insieme allo scarico Akrapovič, rappresentano l’allestimento che caratterizza la Jindachi della nostra prova, avrei scelto qualcosa di davvero prezioso. Credo che chi sceglie di mettersi in garage questa moto sarebbe ben contento di renderla ancora più unica ed esclusiva, investendo in un kit raffinato, magari con accessori in vera fibra di carbonio (parafango, fianchetti, cupolino) e componenti di pregio.0 KM250 KM500 KM750 KMIL VIDEO DELLA PROVA

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