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Prova Canyon Grail CF SLX. Prova a prendermi…

Leggera e reattiva quasi come una bicicletta da strada, convince anche in off-road. Ma quel manubrio?

RIDE

Visto che Canyon la descrive come una bicicletta estremamente leggera e reattiva, abbiamo deciso di metterla alla prova sfidando Marvel, American Staffordshire Terrier di sette mesi, campione mondiale di scatto e morso alle caviglie… Inoltre, visto che Canyon promette, grazie al reggisella VCLS e al Gravelcockpit, assorbimento delle vibrazioni e grande comfort, abbiamo anche deciso che il terreno di prova sarebbe stato ai confini del cross country.

DUE PIANI MEGLIO DI UNO?

Se, come ho detto prima, apprezzo molto il fatto che in Canyon osino e siano sopra le righe, ciò non significa che benedica sempre gli esiti di questa linea… Mi riferisco proprio al Gravelcockpit, che esteticamente fatico a digerire e che, una volta in sella, continua a non convincermi, anche perché il massimo di aggiustamento che ci si può permettere è solo in altezza (utilizzando gli spessori in dotazione, che però alla fine rovinano il profilo integrato di attacco e tubo orizzontale) e perché, per attaccarci il ciclocomputer e la luce ho dovuto inventarmi altrettanti accrocchi. Però, mi sono detto, se il risultato è apprezzabile sono anche disposto non a chiudere un occhio, ma a guardare altrove…

SUL CAMPO GIOCHI

Per come intendo io il Gravel, l’asfalto è il prezzo da pagare per arrivare dove comincia il divertimento, divertimento inteso non come sfida a un terreno insidioso, quanto come piacere di pedalare godendo più del contesto che del sentiero. E proprio perché considero l’asfalto un costo, voglio pagare il meno possibile: questo significa che la mia gravel perfetta deve essere leggera, reattiva, precisa e scorrevole quasi quanto una (bella) bici da strada. E, sui pochi ma buoni chilometri che separano casa dal “parco giochi”, fatti di veloci discese e ripidi strappi, la Grail mi ha davvero convinto. La posizione in sella mi è congegnale, anche se si tratta di una L, quando secondo le tabelle Canyon sarei al limite superiore della misura M: sono leggermente allungato, con un reach di 475 mm, ma la cosa non mi disturba.Il peso è sotto gli 8 kg, non male… Le ruote scorrono molto bene (con DT Swiss ci avrei messo la mano sul fuoco) e anche le gomme si comportano bene: neutre in salita, danno grande confidenza in discesa. Il telaio è rigido e rilancia con grande prontezza, sperando che questa caratteristica non sia penalizzante quando si comincerà a ballare.

VIA ALLE DANZE

Il parco giochi in cui sono solito pedalare con le gravel è un anello di una manciata di chilometri in cui si trova un po’ di tutto, dagli sterrati scorrevoli ai prati, dal sentiero con fondo morbido a passaggi con sassi e radici, senza farsi mancare qualche tratto da bici in spalla per poi “surfare” fra le foglie secche. E il bello è che lo si può percorrere in entrambe le direzioni, così da trasformare le discese in salite e viceversa. Il timore di una eccessiva rigidezza del telaio rimane tale, poiché le Schwalbe da 40 compensano molto bene (certo, l’acciaio o il titanio assorbono più del carbonio, ma se si fanno quattro ore di off-road duro, allora forse avete sbagliato a prendere una gravel…); anzi, sulla classica strada bianca, la Grail è quasi un missile: pedalare veloci è poco faticoso e, ancora una volta, le ruote hanno la loro fetta di merito. Anche fuoristrada la posizione in sella mi ha soddisfatto e delle geometrie della taglia L ho apprezzato la stabilità in discesa, senza tuttavia perdere in maneggevolezza, e la trazione il salita; fra l’altro con il 10/42 del Force 1 si va quasi dappertutto. A proposito di trasmissione, il suo funzionamento è impeccabile per precisione, anche sotto sforzo.

E IL MANUBRIO?

Beh, eccoci al dunque… Per come guido e per dove guido, il tempo che passo con le mani in presa alta (orizzontale, sul ponte superiore della Grail) è davvero poco e anche sugli sterrati scorrevoli sono solito impugnare il manubrio sui comandi. In entrambi i casi, il beneficio del Gravelcockpit è poco apprezzabile, se non per il fatto che il ponte inferiore offre un ottimo appoggio per i pollici in presa bassa, aumentando il controllo sullo sconnesso; al contrario, sono evidenti i benefici che arrivano dal reggisella e dalle gomme: il primo (già apprezzato sulla Endurace da strada, ma ancor più qui) assai efficace nel filtrare le vibrazioni trasmesse dal terreno, le seconde molto buone sia per comfort sia per grip e robustezza.Quindi? Quindi provo a immaginare la Grail senza quel biplano, ma mi rendo conto che in fondo le mancherebbe qualcosa e cerco di convincermi che sarebbe come pensare a Cindy Crawford senza il neo accanto alle labbra. Ma, alla fine, l’unico vero motivo per cui digerisco il manubrio è perché sulle caviglie non ho la firma di Marvel…

Stefano Martignoni indossa

Casco: Troy Lee Design A2 MIPSBody: Santini Boss CiclocrossOcchiali: Briko SuperleggeroScarpe: GaerneDrako

 

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