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Non è mai troppo tardi per una bella scoperta

Criniere al vento fra le mura di Siena, nei cinque giorni più caldi dell’anno. Una storia di cavalli, esploratori, indecisioni e sorprese.

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I cavalli sono animali meravigliosi. Me ne sono accorto da poco, un paio di anni non di più, ma era inevitabile. Sarebbe accaduto, passando molto tempo insieme a una persona che ai cavalli è legata da una vita per lavoro, passione, amicizie e intime vicende.
La mia prima volta è stata una serata di galoppo, all’ippodromo di San Siro. Non eravamo in tribuna, come tutti gli altri, Martina mi aveva portato trecento metri più indietro, lontano da tutti, in piedi accanto alle gabbie sulla linea della partenza. Solo noi, i fantini e gli animali. Il profumo dell’erba, l’odore dei cavalli, i muscoli lucidi, il sudore bianco, il clangore delle gabbie mi hanno folgorato.

IL PRIMO PALIO

La seconda volta è stata completamente differente. Asti, il palio cittadino. Uno di quelli più famosi e ricchi di storia. Anche questa volta non eravamo in tribuna, stavamo alla mossa, con il naso sul canape. Si poteva sentire il respiro delle bestie, vedere la tensione nei loro occhi, ascoltare gli accordi fra i fantini. Se di un palio la partenza è il momento più carico di tensione, quello più impressionante è quando i cavalli sfrecciano a cinque centimetri dallo steccato e a cinquanta dalla tua faccia. Il rumore degli zoccoli sulla sabbia, lo spostamento dell’aria e l’impastarsi dei colori delle casacche mettono i brividi. Un’esperienza ancora più coinvolgente, intensa e un amore definitivo: nessun animale riesce, come il cavallo, a trasmettere una sensazione così forte di impeto e potenza.Ecco perché quando Marco – amico senese a cui ho aperto la mia casa e prestato un letto – si è offerto di ricambiare l’ospitalità in occasione del Palio (quello con la P maiuscola e senza bisogno di aggettivi per qualificarlo), abbiamo accettato e mi sono preso ben più di quanto gli avevo offerto.

DA FRAJESE A RADIO SIENA TV

Da ragazzino mi è capitato qualche volta di assistere al Palio in tv. C’era la telecronaca di Paolo Frajese, che stava alla carrera senese come Galeazzi al canottaggio, ma con modi opposti: accalorato ai limiti dell’infarto il debordante Piero, quasi asettico il contegnoso Paolo. Forse anche per questo motivo, nei miei desideri il Palio non era mai riuscito a trovare posto nemmeno nelle zone basse della classifica. Ma dopo Asti, assistervi da Piazza del Campo era la cosa che più desideravo. Ancor più della corsa ero attratto del preludio; volevo capire come lo vivono i contradaioli, i fantini, i senesi e anche i turisti.E noi lo avremmo vissuto in una condizione assai privilegiata, coccolati sia dai colleghi dell’ufficio stampa della città, sia dagli amici della tv locale che segue in diretta l’evento e che voleva raccontassimo ai senesi il “nostro” Palio. Non solo… c’era anche il supporto di Marco, indigeno con mille amici e con un mazzo di chiavi capace di aprire molte porte, oltre che il cancello di un cortile a cinquanta metri dalle mura della città, in cui parcheggiare in ogni momento. La realtà aveva superato la fantasia.

IMMERSIONE TOTALE

Unite lo stupore e l’entusiasmo di un bambino con il coinvolgimento e il desiderio di un adulto, ambientate poi questi sentimenti in una città meravigliosa, in cui ogni pietra racconta storia e bellezza. Una città che vive il Palio con trasporto e fervore, che in pochi minuti, al termine di ciascuna delle due prove giornaliere, smantella le tribune sulla pista e rimette le sedie e i tavolini di bar e ristoranti sulla terra ancora segnata dai ferri dei cavalli. Ecco, ci sentivamo così. Sapevo bene che ciò che Paolo Frajese mi raccontava in tv era solo l’epilogo di ciò che si costruisce in un anno e si concretizza in cinque giorni ed erano proprio questi cinque giorni quelli in cui volevamo respirare. Una immersione totale, un “tutto subito” di quelli che ubriacano di emozioni.

ESPLORATORI CURIOSI

Per capire usi e costumi di una tribù, gli esploratori cercano di integrarsi o quantomeno vivere con gli indigeni e così abbiamo fatto noi. Ci siamo infilati dentro le mura, alle 4 e mezza di mattina, fra i van con i trenta mezzosangue per le prove in notturna del venerdì. Siamo entrati nell’androne del Palazzo del Podestà per guardare i cavalli rilassarsi nell’attesa di entrare in pista. Abbiamo passato una lunga serata di trippa e Chianti con un amico mossiere, custode di storie e aneddoti e abbiamo chiacchierato con i fantini. Ci siamo mischiati ai contradaioli che trattenevano il fiato davanti all’urna con gli accoppiamenti, il momento più atteso e temuto in cui capiscono se possono sognare il drappellone o devono ripiegare sul supporto a una contrada amica o l’intralcio a una nemica. Abbiamo visto benedire i cavalli e ci siamo seduti sotto le stelle a una delle cene propiziatoria. Siamo rimasti a bocca aperta davanti ai tesori vecchi di secoli nel museo di una contrada e abbiamo potuto visitarne la stalla, che per quattro giorni diventa la casa del barbaresco e del suo cavallo. Ma abbiamo anche conosciuto quella parte di Palio che vive fuori dalle mura, negli allevamenti sulle colline o nella pensione per i cavalli che hanno corso in Piazza e che racconta un affascinante dietro le quinte; ma questa è un’altra storia…

INTORNO AL FUOCO

A Milano esistono due manifestazioni che creano un profondo disagio sociale e, quando per la Milano City Marathon e la Stramilano, alcune zone della città sono interdette al traffico, il milanese imbruttito dà di matto perché si sente negata la libertà di andare in auto dove vuole e quando vuole. C’è chi si limita a inveire contro i runner sudati e sbuffanti e chi fa di peggio. Beh, a Siena le cose vanno in modo differente. Nessuno si lamenta se il tufo riveste Piazza del Campo per una settimana  o se dieci cavalli con al seguito centinaia di contradaioli giubilanti riempiono quattro volte al giorno le strade che li portano dalla stalla in piazza e viceversa. Siena è una città che non solo vive il Palio con grande coinvolgimento, ma che ne è molto gelosa e manifesta un forte spirito di possesso, al punto che a volte il turista si sente spettatore tollerato (talvolta anche poco gradito). Ecco perché essere iniziati al Palio e averlo potuto vivere in questo modo è stato un privilegio.Ci siamo avvicinati in punta di piedi, con entusiasmo ma rispettosi, curiosi ma non invadenti. E alla fine ci siamo ritrovati a seguire il cencio per le vie della città nel corteo dei vincitori, a condividerne la gioia, siamo entrati in chiesa fra le bandiere e abbiamo potuto accarezzare la testa dell’eroe del Palio… Ecco, eravamo riusciti a sederci intorno al fuoco accanto ai vecchi del villaggio.

GIRAFFA DI PREPOTENZA

Per la cronaca, a portare in contrada il “cencio” è stata la Giraffa grazie a Tale e Quale (quello nella foto in alto, con il 17 dipinto sui lombi) montato dal freddo e tattico Tittia, che ha vinto in rimonta sulla Chiocciola. 36 cm al photofinish che hanno trasformato in disperazione la gioia sfrenata dei contradaioli più frettolosi. Sempre per la cronaca, anche il Palio dell’Assunta è stato vinto da Tittia, o meglio dal suo cavallo Remorex, scosso. Ancora per pochi centimetri, ma questa volta con i colori della Selva.PSIn realtà sono due i pali che si corrono a Siena, uno ai primi di luglio (Palio della Madonna di Provenzano, il nostro) e uno a metà agosto (Palio dell’Assunta) e vi prendono parte 10 delle 17 contrade in cui si divide la città, sette a rotazione fra quelle che non hanno corso in precedenza e tre scelte dalla sorte.

Foto: HLMPHOTO Martina Folco Zambelli
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