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Fiat Cinquecento, storia di un’incompresa

Ricordata da molti - forse troppi - come “quella brutta”, in realtà è un’auto razionale e pratica. Ecco la sua storia

Rispetto alla 126 BIS, un salto quantico

Per rivalutare la Cinquecento – e per darle il giusto rilievo nella storia di Fiat – bisogna tenere conto a che punto è la Casa torinese in quel periodo e di quale auto è la sostituta: la 126 BIS. Pur con tutti i miglioramenti apportati, si tratta, di base, di una 126. La Cinquecento rappresenta un salto avanti in tutti i sensi. Resta compatta negli ingombri esterni – 3,23m di lunghezza, 1,49 di larghezza e 1,44 di altezza, ma grazie all’attento sfruttamento dello spazio l’abitabilità e la capacità di carico sorprendono (per una citycar). Rivoluzionato lo schema meccanico, “tuttavanti”: motore e trazione sono anteriori, e l’avantreno è a ruote indipendenti; l’impianto frenante conta sui dischi, davanti.

E poi c’è un elemento che oggi diamo per scontato, ma che fa un’enorme differenza, tra 126 BIS e Cinquecento: il portellone posteriore. Inoltre, nella lista degli optional compaiono voci sconosciute alla 126: i vetri elettrici anteriori, la chiusura centralizzata, il tetto apribile e e l’antifurto elettronico.

Concretezza prima di tutto
Rispetto alla 126 BIS, un salto quantico
Produzione esclusivamente polacca
Sporting e Trofeo
Una Fiat avanti: è la Cinquecento Elettra

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