Selvaggia ed entusiasmante
18 anni sono tantissimi, in un mondo ad alta concentrazione tecnologica come quello dell’auto. Eppure, se si pensa all’abisso filosofico, ancor più che tecnico, che separa la prima Focus RS da una qualsiasi auto di oggi, anche la più estrema, beh, sembra passato un secolo. Nel 2002, un marchio generalista come Ford metteva serenamente in vendita un’auto che, se non usavi il cervello, ti superava con le ruote dietro in frazioni di secondo.Ed è proprio questo uno dei motivi per cui la prima Focus RS entra (per non uscirne più) nel cuore degli appassionati, soprattutto degli smanettoni. Un’auto difficile, “spigolosa”, che richiede freddezza e riflessi pronti per essere domata. A renderla così brutale è un mix ben assortito fra il retrotreno, reattivo ai limiti dell’incoscienza, e il differenziale autobloccante. Brutale sia in inserimento sia in uscita, richiede polso saldo per evitare bruschi scarti di linea. Ciliegina sulla torta, il peso: 1.278 kg. Pochi rispetto ai “pesi massimi” a cui siamo abituati oggi e che fanno sembrare molti di più i 215 CV del motore 2.0 4 cilindri turbo.Al di là dell’aspetto – comunque primario – della guida, la Focus RS di prima generazione è un punto di riferimento del suo segmento per l’alto livello della componentistica. I freni? Brembo, con pinze anteriori a 4 pompanti e dischi ventilati di dimensioni XXL. La frizione? AP Racing. La scelta è invece ricaduta su Sparco per i sedili a guscio e su Sachs per gli ammortizzatori. Il top, messo insieme peraltro con un procedimento che più anti-economico sarebbe difficile da concepire.Le RS nascono infatti da esemplari prodotti nello stabilimento tedesco, ognuno dei quali viene smontato e riassemblato con la componentistica specifica. Successivamente avviene il trapianto di motore. Ultimo step: ogni esemplare viene messo a punto secondo le “istruzioni” del reparto Ford Performance. Questa follia comporta una perdita, su ogni RS venduta, di circa 10.000 euro.