Drive
Poiché andare in Messico a sgommare sul tracciato del Baja 1000 era troppo facile, abbiamo portato il Raptor in territorio neutro, anzi quasi ostile, infilandoci nel sottobosco umido delle Prealpi lombarde.
CHE COMFORT
Per accomodarsi nella Raptor bisogna prima salirci, cosa che grazie alle due pedane laterali (utili anche nella guida off-road per proteggere dagli urti e dallo sporco) è piuttosto semplice anche per chi ha le gambe più corte dei miei trampoli. Dentro si sta molto bene sia grazie ai sedili, che contengono senza costringere, sia grazie ai materiali e al gusto con cui sono abbinati, sia per merito della buona insonorizzazione. Due peli nell’uovo: mancano i sedili riscaldabili e il navigatore non è precisissimo.
ASFALTO? SÌ, PERÒ
Non è necessario essere un palato fine per capire che su strada il Ranger Raptor si trova meno a suo agio rispetto al fratello “normodotato”. Se dalla sua ci sono infatti le prestazioni del motore (che in modalità Sport fa venire la pelle d’oca, non fosse altro che per il rumore) e dell’ottimo cambio, sull’altro piatto della bilancia bisogna mettere le dimensioni e il peso – maggiori – e le gomme off-road, che fanno più rumore e trasmettono vibrazioni sensibili.
UN ELEFANTE IN CRISTALLERIA
ALLA RICERCA DEL TWIST
Chi mastica off-road si realizza solo davanti a ostacoli enormi, chi al massimo sale e scende dai marciapiedi di Milano, quando sente una ruota che si stacca da terra già si esalta. Ecco, con il Raptor questo è molto difficile che accada. Non che ci si esalti, si badi bene, ma che si riesca a metterla in twist. L’escursione delle sospensioni è davvero abbondante, il passo anche e quindi il Raptor rimane ben attaccato al terreno, a meno di dimenticarsi di smontare il gancio di traino (anche lui di serie) e usarlo come un aratro negli avvallamenti più profondi…Nelle discese più ripide abbiamo avuto modo di apprezzare il controllo della frenata, che permette di impostare una velocità fra o 5 e i 30 km/h lasciando che sia l’auto (attraverso l’intervento automatico dell’ABS) a governare il rallentamento.Contrariamente ai timori pre-prova, le dimensioni non hanno quasi mai creato imbarazzo, se non la lunghezza, che in uno stretto e obbligato cambio di direzione ha comportato una manovra, peraltro eseguita con sorprendente facilità. Certo, rispetto a un single track, il bosco concede il vantaggio di scegliere i passaggi adeguati alla larghezza dell’auto, ma vi assicuro che, ripiegati gli specchietti, siamo sempre passati dove volevamo. A proposito di specchietti, il diminutivo è sbagliato: sono grossi, perfino ingombranti quando si cerca di posare l’occhio a bordo strada.
IL GIUDIZIO
Ora sì che possiamo permetterci di giudicare il Raptor. E anche di dargli un senso. È un gran bel giocattolo, capace di far divertire assai chi può permettersi non solo di staccare un assegno impegnativo, ma anche di soddisfare la sua sete (abbiamo riscontrato quasi 16 litri per 100 km). Se poi sul cassone ci caricate davvero scala, pennelli e secchi di vernice, sappiate che i vostri clienti vi chiederanno sicuramente lo sconto…
PS
Nessun castagno è stato maltrattato durante il test…