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Suzuki Katana A volte ritornano

Sono passati 38 anni da quando la GSX1100S Katana fece sobbalzare i motociclisti, dividendoli con le sue linee oltraggiose.

RIDE

Se uno degli spazi più esclusivi della Milano Design Week è la sede migliore per mostrare e raccontare la nuova Katana, Milano e i suoi asfalti bagnati non sono certo il miglior terreno per apprezzarne le qualità. Purtroppo il teatro della prova non ha quindi offerto il migliore dei palcoscenici, ma qualche idea ce la siamo fatta (e comunque Suzuki ci metterà molto presto a disposizione un nuovo esemplare con cui divertirci nel parco giochi che preferiamo…).

GRANDE COMFORT

In sella ci si sta bene. Il vitino rastremato e l’altezza della sella permettono di stringere bene le gambe quando si guida e poggiare saldamente i piedi a terra da fermi. Il peso non imbarazza ed è ben distribuito, per cui anche in città e nelle manovre a bassa velocità la Katana si disimpegna con discreta sicumera.Si patisce un po’ di on-off, che si placa solo raggiunti i 4.000 giri e che nel traffico dà un po’ fastidio. Non male anche la protettività in genere, al punto che nonostante la pioggia e i venti minuti di autostrada per lasciare Milano, sono rientrato alla base con i jeans quasi asciutti. Certo, nonostante la piccola unghia (più di forma che di sostanza), la Katana resta pur sempre una naked, per cui se si è alti come me e non ci si accuccia sul serbatoio, il viaggio diventa il prezzo da pagare per raggiungere la meta.

BUONE PREMESSE

Poiché le curve più audaci che abbiamo affrontato nel nostro test ride sono state le due “gemelle” davanti alla Triennale di Milano, ci riserviamo qualsiasi giudizio dinamico approfondito, tuttavia l’impressione che la Katana ci ha trasmesso è quella di essere ben inseriti in una moto bilanciata e dinamicamente dotata.Maneggevole e ubbidiente, promette un buon rigore e lo abbina a un ottimo comfort, che non dovrebbe affaticare anche a lungo andare. Non mi è molto piaciuta la strumentazione, che in un’unica schermata offre fin troppe informazioni difficili da afferrare e nemmeno le saldature sui due travi del telaio, grossolane, che stonano con la raffinatezza delle linee di una moto che, parcheggiata davanti alla Triennale, è stata da molti scambiata per un’opera in esposizione esterna. 

Stefano Martignoni indossa

Casco: Shark Race-R ProGiacca: Segura GomoreGuanti:Segura HorsonPantaloni:Hevik StoneScarpe: TCX Mood GTX

 

 

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