“Ciao Ste, hai da fare questo weekend? Ci puoi dare una mano a tracciare il percorso della skyrace?” Una proposta così ha una risposta sola “Dammi un minuto per fare la borsa“”Grande! Allora tu fai il versante di San Primo; a chiedere al sindaco i permessi di transito ci pensiamo noi. Ah, guarda che la strada non è il massimo: non so se riesci ad arrivare fin su…” Due minuti dopo aver chiuso la telefonata avevo già concordato con Suzuki che la mia compagna di avventura sarebbe stata la nuova Jimny, che avevo già provato in Sardegna e con la quale avevamo affrontato sfide ben più ardite.
A PIENO CARICO
Beh, che sulla Jimny caricare esseri umani o bagagli sia il dilemma esistenziale lo sapevo bene. Ma, in questo caso, rinunciare ai due sedili posteriori non sarebbe stato un sacrificio. Quindi spazio a zaini, tenda, sacchi a pelo, due bombolette di vernice spray, una bindella di nastro, qualche cartello, un po’ di cambusa, le Nikon e Marvel (la mascotte). Il bello di quest’auto è proprio la sua compattezza che, grazie anche al peso piuma e alle eccezionali doti off-road, le permette di infilarsi ovunque e affrontare i terreni più infidi. È in queste situazioni che la Jimny si sente a casa. Certo, c’è chi la sceglie per sfidare al massimo il marciapiedi davanti al prestinaio o il passo carraio dell’asilo, ma (grande merito a Suzuki) quando riesci a creare un oggetto simbolo certe derive sono inevitabili. Al punto da aggiudicarsi i 2019 World Car Awards nella categoria “Urban car”…
TUTTO DI SERIE, ANCHE IL DIVERTIMENTO
DI TUTTO UN PO’
Grazie al permesso di transito che custodivamo gelosamente nella tasca della portiera abbiamo potuto percorrere, senza limitazioni, tutte quelle carrarecce di solito riservate ai mezzi della Protezione Civile, ai tecnici dell’Enel, al gestore di qualche rifugio e ai proprietari delle malghe sparse fra gli alpeggi.Cartina e binocolo alla mano, nastro, cartelli e vernice nello zaino, Marvel fra i piedi. Chilometri di boschi, mulattiere, qualche divagazione sui ripidi e gibbosi pratoni di erba ancora bruciata dalla neve. Fra un giro di nastro e una spruzzata di colore, la giornata passa in fretta ma il lavoro è lungo e quindi abbiamo deciso che per ammantare il nostro compito con il sapore dell’avventura, avremmo passato la notte sotto le stelle per riprenderlo la mattina seguente. La cena non resterà certo negli annali perché, con il veto di accendere fuochi, il menù da Giovane Marmotta rimane fra le pagine del Manuale; ma la sala del ristorante è talmente bella da far sembrare deliziosi anche i nostri panini e la crostata alle ciliegie del Pam.
IN BUONA COMPAGNIA
La Luna è solo mezza, ma i fari della Jimny ci aiutano ad avere tutta la luce che ci serve per montare e arredare la canadese, nonostante le azioni di disturbo della bestia. Abbiamo scelto una radura, in mezzo ad alberi altissimi che ci schermano dal vento che spira dal lago e dai rumori degli uomini. Quando chiudi la cerniera della tenda e spegni la torcia ti accorgi di quanto sia popolato il silenzio della natura. Siamo in ottima compagnia. Buona notte.Si sa: quando dormi in tenda ti svegli ai primi raggi di sole. Così, alle 7 eravamo già al volante, con il muso all’insù, verso il crinale che sale al Terrabiotta dove il giorno della gara sarà allestito uno dei ristori. L’aria leggera ci ha dato la carica e in un paio d’ore terminiamo bombolette e nastro, ma abbiamo finito di tracciare.Prima di tornare a calpestar l’asfalto saliamo in vetta a prendere la nostra ricompensa La giornata è stupenda, il cielo terso regala una vista incredibile che abbraccia tutto l’orizzonte: i grattacieli di Milano, la Grigna, il Monte Rosa, il Legnone, la Svizzera e tutto l’Alto Lario. Sopra di noi solo il cielo; ha lo stesso colore della Jimny.
Foto Martina Folco Zambelli-HLMPHOTO