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All’Eroica dietro un plexiglas

EPILOGO, RIPOSO E RICOMPENSA

Decidiamo di restare sul percorso e seguire i ciclisti fini all’imbrunire, per entrare con loro a Gaiole con le luci accese. In realtà era la scusa per fermarci all’ultimo ristoro per asciugarci e riscaldarci un po’ ma soprattutto per tuffare manciate crostini nel piattone di ribollita che le signore in costume servivano sotto il tendone accanto al tavolino della timbratura… L’ingresso a Gaiole, molto bello in quanto ad atmosfera per il buio, gli applausi e gli incitamenti della gente, mi ha lasciato però un po’ di amaro in bocca e di insulti fra i denti perché dopo una cert’ora le strade sono riaperte al traffico e i ciclisti devono zigzagare fra le auto di chi ha già smesso i panni di lana e sta tornando alla vita del XXI secolo e i furgoni di chi ha smontato le bancarelle, riposto telai, manubri e cambi in scatoline ordinate e ripreso la rotta verso la prossima destinazione più o meno mitica e polverosa.

Quando spegniamo definitivamente il motore ci accorgiamo di essere stanchi e spossati, ma il pensiero va a chi non ha passato la giornata su una sella imbottita e ha pure fatto girare le gambe per una decina di ore; non vediamo l’ora che tocchi a noi l’indomani, pedalare su quelle strade che oggi abbiamo solo percorso.
E così è stato. Ci siamo concessi solo una sessantina di chilometri (non volevamo arrivare cotti al momento del rientro a casa), ma ben scelti, proprio per cercare di capire attraverso le nostre ruote. Le salite sono brevi ma dure, le discese infide e la compact, l’esperienza con la Mtb e con il Gravel sono un grosso aiuto.
Non abbiamo invece potuto scoprire come reagiscono le braccia e le spalle, affaticate da tante ore e tanti chilometri, quando si tratta di tenere la traiettoria a quaranta all’ora sul brecciolino e soprattutto come lavorano i pattini dei vecchi freni…
Il mio consiglio per vivere nel migliore dei modi l’Eroica è pertanto fare un po’ di pratica, guidando su sterrati anche scorrevoli e presentarsi alla partenza con una bicicletta in ordine. In una parola, non lasciare spazio all’improvvisazione perché il confine fra un’esperienza da ricordare per sempre e un’avventura da dimenticare non è così netto.

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