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Prova Yamaha Tricity 300

Cresce, in tutti i sensi la famiglia degli LMW Yamaha. Il Tricity 300 evolve il concetto della sospensione anteriore studiato dai tecnici di Iwata, portandolo nel segmento più “caldo” dei tre ruote. Ben fatto, molto abitabile, si guida alla grande e sta in piedi da solo. Tutto a 7.990 euro

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Anticipato da un concept, e lanciato a EICMA 2019, Tricity 300 evolve il concetto del LMW lanciato da Yamaha con il piccolo 125 (poi 150) modello che in quattro anni ha saputo conquistare 15.000 clienti in Europa grazie alle sue doti di compattezza e leggerezza.

GUARDA COME DONDOLO

Yamaha Tricity 300 riprende lo schema anteriore già apprezzato anche sulla Niken e sfrutta dunque il sistema LMW-Ackerman caratterizzato da un parallelogramma e da una sospensione cantilever con due coppie di steli montati all’interno delle ruote anteriori. Questa soluzione è piuttosto leggera e garantisce un angolo di sterzo di 72°, oltre a una carreggiata di ben 470 mm, valore che è un’ottima premessa per una tenuta e una stabilità invidiabili anche sui terreni più infidi e irregolari. Per la prima volta in casa dei Tre Diapason il sistema di basculamento può essere tra l’altro bloccato durante le fermate o le soste grazie al Tilt Lock Assist.

FAMILY FEELING

Quanto all’estetica, i designer hanno cercato continuità con la famiglia degli scooter MAX e con la Niken, adottando un cupolino snello e compatto. Lo scudo incornicia bene le ruote anteriori, che sono le più grandi della categoria con i loro 14 pollici. Nonostante questa sia la misura scelta anche al posteriore, il vano sottosella da 43,5 litri è molto ampio e può ospitare due caschi integrali oppure un integrale e una borsa formato A4.

GIOCO DI SQUADRA

Nella dotazione di serie dello Yamaha Tricity 300 spiccano una presa DC (peccato non sia una USB), la chiave elettronica Smart Key e una ricca strumentazione digitale con uno schermo LCD, cui si sommano il Traction Control e l’ABS. Quest’ultimo vigila su un impianto frenante con tre dischi da 247 mm e con il sistema di frenata integrale Unified Braking System, che prevede un intervento combinato su tutti i freni quando si aziona il pedale oppure la leva sinistra al manubrio, mentre con la leva destra si chiamano in causa i soli dischi anteriori. Il sistema è completato da un pratico freno di stazionamento, indispensabile per un mezzo che “sta in piedi da solo” come il Tricity 300.

FIFTY FIFTY

Nel progettare lo Yamaha Tricity 300 gli ingegneri hanno cercato di contenere gli ingombri e hanno curato molto la distribuzione del peso, che è equamente suddiviso tra i due assi nel più classico dei 50-50. Il telaio ha una struttura tubolare con ampie fazzolettature nella zona del cannotto e vede il motore montato su biellette che ne smorzano -molto bene come vedremo- le vibrazioni. Quest’ultimo è il monocilindrico Blue Core 300 con distribuzione a quattro valvole e vanta una fine messa a punto che ottimizza la combustione e l’efficienza in generale. Il Tricity 300 può essere guidato anche con patente B ed è disponibile in tre colori: Tech Kamo, Icon Grey e Gunmetal Grey.

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