Il fallimento di Dyson: commercialmente infattibile
Non solo progetti in corso, troviamo anche esempi di fallimento, o di rinunce. Che sia destino o differenze di capitale rispetto a grandi gruppi come Apple e Google, nel 2014 troviamo Dyson e l’idea di sviluppare interamente da foglio bianco la propria auto elettrica. Un ambizioso progetto legato anche all’acquisizione di una start-up americana (Sakti3) dedita allo sviluppo di batterie allo stato solido. Globalmente, l’auto elettrica di Dyson avrebbe garantito un’autonomia vicina ai 1000 km grazie alla capacità del pacco batterie da ben 150 kWh. I due motori elettrici, uno per asse, avrebbero raggiunto 400 kW di potenza (corrispondenti ad oltre 540 cv).
Piattaforma sviluppata da zero, gruppo propulsore creato internamente ed il pregio, almeno sulla carta, di risolvere molte delle più comuni problematiche legate alle auto elettriche; un piano perfetto destinato tuttavia al fallimento o, come preferisce sottolineare James Dyson, una mancata conversione del progetto in qualcosa di realmente e commercialmente fattibile.
Le competenze di Roland Krueger, ex presidente BMW Group ed Infiniti, non sono bastate a far decollare il progetto. Nonostante ciò, i consistenti investimenti non verranno abbandonati totalmente: Dyson espanderà i propri orizzonti concentrando gli sforzi sullo sviluppo di batterie a stato solido e tecnologie dedicate ad ADAS ed intelligenza artificiale.
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